Gli impianti produttori di energia dagli Rsu inquinano meno di quelli con fonti fossili - QdS

Gli impianti produttori di energia dagli Rsu inquinano meno di quelli con fonti fossili

Andrea Salomone

Gli impianti produttori di energia dagli Rsu inquinano meno di quelli con fonti fossili

venerdì 13 Settembre 2013

Usa: la CO2 dalla combustione di prodotti vegetali o animali non inclusa nell’inventario dei gas serra

LONDRA – In questa puntata della nostra inchiesta seriale sugli impianti per il trattamento dei rifiuti indifferenziati (Rsu) riportiamo alcuni dati sulle emissioni delle centrali energetiche a base di Rsu rilasciati dall”Epa, l’ente nazionale statunitense per la tutela dell’ambiente (Environmental Protection Agency).
Le informazioni cui facciamo riferimento – una parte delle quali verrà pubblicata nelle prossime puntate – sembrerebbero rispondere in maniera conclusiva alle domande di quanti continuano a chiedersi se recuperare energia dai rifiuti sia sensato dal punto di vista ecologico ed economico.
In risposta alla prima questione – quella "ecologica", alla quale l’opinione pubblica è solitamente e comprensibilmente più sensibile – arrivano i dati 2005 dell’inventario nazionale Epa sulle emissioni. Queste prove, che come promesso vi abbiamo tradotto e riportato fedelmente, mettono a confronto le emissioni dei combustori di rifiuti – meglio noti come impianti Waste To Energy (WTE), letteralmente "rifiuti per energia" – con quelle prodotte da altre fonti energetiche: impianti a carbone e gas naturale (generatori di elettricità da fonti fossili), fabbriche di ferro e acciaio, cementifici, incendi boschivi, fabbriche chimiche, discariche di rifiuti incontrollate o incendi aperti e, infine, emissioni di veicoli a diesel e petrolio.
Con il recupero di energia dai rifiuti (WTE) si intende la conversione di scarti non riciclabili e non pericolosi in calore utilizzabile, elettricità, o carburante sostitutivo (cdr) e racchiude un’ampia gamma di processi industriali, dalla combustione, la gassificazione, la pirolisi e la digestione anaerobica al recupero di gas naturale dalle discariche.
Come si vede dai grafici, i veicoli su strada sono i principali responsabili della produzione di composti organici volatili, monossido di carbonio e inquinanti pericolosi dell’aria. Ai generatori di elettricità dalle fonti fossili va attribuita, invece, la produzione della maggior parte di mercurio e particolato, l’insieme delle sostanze solide e liquide disperse dell’atmosfera che – secondo alcuni studiosi come S. Montanari e sua moglie A. M. Gatti – provocano la formazione delle cosiddette "nanopatologie".
Per far comprendere meglio i termini della questione, in una pagina del suo sito dedicata alle domande frequenti (http://www.epa.gov/wastes/nonhaz/municipal/wte/faq.htm) sul tema della produzione di energia dai rifiuti, l’Epa mette in relazione il concetto di recupero di energia dai rifiuti con quello di fonti energetiche rinnovabili, ossia che si rinnovano continuamente secondo cicli naturali. Qui l’ente statunitense spiega che gli Stati Uniti “stanno cercando fonti alternative di carburante per provvedere al proprio approvvigionamento energetico” e che “fonti rinnovabili come vento, biomasse ed energia solare possono essere usate come supplemento al carbone e al petrolio per produrre energia”.
Le emissioni di CO2 provocate dalla combustione di prodotti vegetali o animali (carta e prodotti di foreste, scarti da giardino o alimentari) non vengono incluse nell’inventario dei gas serra, perché considerate parte del ciclo naturale del carbonio: un modo come un altro per dire che quanto nasce sulla terra ritorna e deve ritornare alla terra o, come recita la nota frase biblica "tu sei polvere e tornerai alla polvere" (Mosè I,3,19).
Le emissioni di CO2 prodotte da combustibili fossile (petrolio, gas naturale, carbone), invece, vengono incluse nell’elenco dei gas serra perché, se non fosse per l’attività umana, non entrerebbero nel ciclo naturale. E lo stesso vale per le emissioni di metano (CH4) prodotte dai rifiuti organici interrati nelle discariche, i quali – se non si trovassero sommersi da tonnellate su tonnellate di rifiuti dove si trova mischiato di tutto – potrebbero nutrire la terra e i suoi inquilini in maniera del tutto naturale.
(24. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 16, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e settembre. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 20 settembre).

Con i moderni impianti la gestione ci guadagna

Riguardo alla seconda questione, quella economica, l’ente statunitense sottolinea che il recupero dell’energia dai rifiuti non porta il cittadino ad avere guadagni in termini fiscali. In realtà, dire questo non basta.
Nonostante, infatti, tutte queste centrali presentino bilanci attivi e producano utili attraverso la vendita dell’energia prodotta e dei materiali recuperati (soprattutto metalli e inerti), i gestori di queste centrali operano sempre grazie ad un contratto stipulato con le municipalità, quindi i livelli di ritorno economico ai cittadini sotto forma di sgravi fiscali dalla bolletta dei rifiuti e/o dell’energia varia a seconda dei casi e dipende strettamente dai termini contrattuali sottoscritti dai contraenti.
Di certo, però, in ogni caso le municipalità ottengono grandi vantaggi rispetto a quanti (come le amministrazioni siciliane) si limitano a sottoscrivere contratti quasi esclusivamente con i gestori delle discariche, dove i rifiuti fanno solo danni e rimangono inutilizzati (tranne quando esistono sistemi di recupero del gas naturale prodotto dai rifiuti).
In Sicilia, per esempio, le amministrazioni pagano una media di ca. 105 €/T per conferire i loro Rsu in discarica, con una punta massima di 138,53 €/T per chi conferisce alla discarica di Trapani in contrada Borranea. A prezzi simili la regione potrebbe produrre energia, ridurre le emissioni di metano, ridurre la mole di rifiuti trasformandoli in inerti e lasciarsi alle spalle l’emergenza in cui si trova da mesi.
È per tutte queste ragioni che nei paesi considerati più virtuosi dal punto di vista della gestione dei rifiuti la produzione di energia da Rsu si configura come il male minore in termini sia economici sia ecologici.
Come insegna la "Waste Hierarchy", la gerarchia delle strategie per la gestione dei rifiuti, la soluzione migliore al problema è costituita dalle "tre R": Riduzione a monte dell’impiego di risorse, Riuso e Riciclo. Quando, però, vengono mischiate frazioni umide e secche e si produce il rifiuto, purtroppo non resta altro che trattarlo.


 
Il 12% dei rifiuti Usa combusto nelle centrali

Nel 2010 le 87 centrali energetiche statunitensi a base di Rsu, distribuite in venticinque dei cinquanta Stati federali, hanno combusto ca. il 12% dei rifiuti da essi prodotti (ca. 29 milioni di T), dai quali sono stati recuperati ca. 2.700 MW di energia. Viste le premesse fatte, ci si potrebbe chiedere per quale ragione la combustione di Rsu rappresenti una così piccola porzione nel programma di gestione dei rifiuti statunitensi.
A questa domanda risponde ancora l’Epa, secondo cui, in generale, sono le regioni del mondo a più alta densità abitativa e con una quantità limitata di terreni, come molti stati europei o il Giappone, ad aver più bisogno di questa tecnologia. In uno Stato con una densità abitativa media così bassa come gli Stati Uniti (ca. 35 abitanti/km²), infatti, ci sono città ad altissima densità abitativa dove la presenza di questi impianti diventa necessaria; ci sono, però, anche regioni quasi o totalmente disabitate con distese sterminate di terreni e deserto dove le discariche vengono considerate un’opzione più fattibile, soprattutto nel breve termine, sia perché i costi sono più bassi sia perché c’è ampia disponibilità di terreni incoltivabili.
Un altro fattore decisivo è l’opposizione pubblica a questo genere d’impianti che, non avendo sempre avuto dispositivi di controllo delle emissioni aeree, si sono conquistati la cattiva fama di "mostri altamente inquinanti" che molte comunità preferiscono non avere vicino (nimbysmo).


Prossima puntata. Intervista al direttore di Londra-Belvedere

Nelle prossime puntate della nostra rubrica-inchiesta settimanale torniamo a Londra per raccontarvi della nostra intervista ad Andy Pike, direttore di una delle centrali elettriche a base di rifiuti più avanzate al mondo, quella sita a Londra Belvedere, entrata in funzione appena due anni fa e visitata in esclusiva dal QdS tre mesi fa.
Insieme agli articoli pubblicheremo l’immagine di un codice a barre che, se scannerizzato con un’apposita app (Barcode, QR code o simili), vi indirizzerà alla prima puntata della nostra video-rubrica informativa sulla gestione dei rifiuti, in uscita ogni venerdì sul nostro canale youtube "Qdstube" e sul nostro sito (www.qds.it) a partire dalla prossima settimana.
Dopo aver pubblicato i contenuti dell’intervista, ritorneremo alla pubblicazione dei dati Epa sulle emissioni delle centrali Rsu.

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