Politica-volontariato a chilometri zero - QdS

Politica-volontariato a chilometri zero

Carlo Alberto Tregua

Politica-volontariato a chilometri zero

martedì 17 Settembre 2013

A casa i professionisti senzamestiere

Entrata in vigore la Costituzione (primo gennaio del 1948) i componenti di Camera e Senato avevano compensi risibili. Coloro che non erano residenti a Roma si pagavano le spese del treno per raggiungere la Capitale, alloggiavano in alberghi modesti e non gravavano sui bilanci delle Camere. La Presidenza della Repubblica aveva un organico ridotto all’osso, che costava relativamente poco.
In questi quasi settant’anni la politica è diventata una professione: quella dei nullafacenti. Coloro che da essa hanno tratto benefici personali.
Anche senatori e deputati affermati e con redditi rilevanti percepiscono tutte le indennità, fra cui la più scandalosa è la pensione. Insomma, i parlamentari sono diventati professionisti che prendono stipendio, liquidazione di fine rapporto e pensione.
Da qui si deve partire per capire come sia stata alimentata la famelicità di tanta gente inconcludente e senzamestiere.

Nel 1970 sono state istituite le quindici Regioni a Statuto ordinario che si sono aggiunte alle cinque a Statuto speciale: un vero disastro, perché sono diventate centri di spesa per alimentare ancor di più tutti coloro che si sono avvicinati alla politica non per effettuare un servizio, bensì per trovare un lavoro molto ben remunerato.
Questo sconcio deve finire: la politica deve essere volontariato e servizio, a chilometri zero. Ovvero senza alcuna remunerazione, né trattamento di fine rapporto o pensione. A tutti i livelli: Stato, Regioni e Comuni. In questo modo tanti senzamestiere, non essendo più alimentati con le imposte che gravano pesantemente sui contribuenti, sarebbero costretti ad abbandonare gli scranni politici e iniziare a lavorare.
Oggi Camera, Senato e Presidenza della Repubblica costano oltre due miliardi. Un parlamentare costa mediamente oltre cinquecentomila euro l’anno. La loro famelicità non si accontenta dello stipendio mensile, ma assorbe ulteriori indennità per tutti gli incarichi (presidenze e vice presidenze delle Camere, questori, segretari, presidenze e vice presidenze di Commissioni, e chi più ne ha più ne metta). Inoltre, i dipendenti percepiscono stipendi da favola fra i cento e i duecentomila euro l’anno lordi.

 
Non si tratta di tagliare il cinque o il dieci per cento, ma di dimezzare tali costi. Tutto sommato, il Presidente della Repubblica percepisce 230 mila euro lordi, meno di obama.
Il cancro dei costi della politica risiede nelle venti Regioni e negli ottomila Comuni, ove i consiglieri, che sono decine di migliaia, percepiscono miliardi di compensi, aumentati dai costi accessori come liquidazione e pensioni. Senza dimenticare rimborsi spese fasulli e via enumerando.
Con la pressione fiscale al 54 per cento non è più possibile che i contribuenti sostengano questi costi. Solo partendo da una forte decurtazione, Governo, Parlamento, Giunte regionali e sindaci sarebbero riabilitati agli occhi dell’opinione pubblica e abilitati a tagliare la spesa improduttiva in tanti altri versanti.
Solo dando l’esempio dall’alto chi ha maggiori responsabilità potrà procedere alla decurtazione dei cento miliardi di spesa pubblica improduttiva, inutile, che stiamo continuando a sostenere.
Sentiamo la rituale obiezione: senza compensi solo i ricchi farebbero politica. Menzogna: perché le spese sostenute vanno sempre rimborsate. Ma per quale motivo i Consigli regionali e comunali non si possono riunire la sera, quando ogni consigliere ha finito di lavorare? Perché non possono farlo nei giorni festivi?
Fare politica dovrebbe comportare un sacrificio personale per soddisfare il proprio dovere e il proprio piacere, non essere fonte di guadagno. Cioè non dovrebbe essere una professione.
Fino a quando i responsabili dei partiti che formano le maggioranze non entreranno in quest’ordine di idee non avranno la statura morale per chiedere sacrifici ai cittadini. Quando li vessano con balzelli di ogni tipo creano rabbia, che si manifesta con il voto di protesta ai grilletti o l’astensione dal voto medesimo.
Non sembri un’utopia quanto prospettato, ma una soluzione vera e concreta. Ovviamente, chi non ha risorse per fare politica potrebbe raccoglierle fra i cittadini ai quali chiederebbe il consenso, fermo restando il controllo mediatico delle istituzioni.

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