A pensare in grande si comincia da piccoli - QdS

A pensare in grande si comincia da piccoli

Carlo Alberto Tregua

A pensare in grande si comincia da piccoli

mercoledì 16 Ottobre 2013
Uno slogan pubblicitario, azzeccato, recita: A pensare in grande si comincia da piccoli. È vero.Ovviamente, i piccoli non possono sapere che devono cominciare a pensare in grande, occorre che genitori, insegnanti ed altri componenti della famiglia, glielo facciano capire. Ma nessuno può dare quello che non ha.
Infatti, se genitori, insegnanti ed altri, non pensano in grande, non possono trasferire questo metodo ai piccoli.
La crescita di una Comunità è conseguente a questa capacità di guardare lontano ed in modo positivo.
Purtroppo la grande maggioranza dei cittadini guarda il proprio naso e ragiona in modo negativo, cosicché fa due danni: non riesce a comprendere cosa stia facendo in relazione a quello che fanno gli altri e non fissa l’obiettivo del suo modo di vivere e quindi della propria vita.
Pensare in grande significa essere altruisti, valutare i bisogni del prossimo, quello più debole, e prospettarvi adeguate soluzioni, mettendosi in gioco personalmente.
Le grandi invenzioni di tutti i tempi sono conseguenza di chi pensava in grande. Certo, parecchi degli inventori avevano un intuito formidabile e seguivano la propria vocina interiore anche quando tutti gli altri li prendevano per visionari o pazzi. E, invece, chi vedeva lontano, disegnava nella propria mente la realtà che poi avrebbe realizzato, con buona pace di piccoli e ignoranti uominicchi.
Pensare in grande non riguarda solo le invenzioni,ma l’organizzazione dei cittadini, diffondendo fra di loro valori etici, primi fra i quali l’equità e l’osservanza delle regole sostanziali, non quelle burocratiche, che sono inutili.
Ènotiziadiquesti giorni che Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaijan, è stato eletto, per la terza volta, a capo di quella repubblica ex sovietica. Si tratta di un risultato conseguente alla crescita entusiasmante in termini di Pil, di occupazione (la disoccupazione è appena il sei per cento), e di ricchezza diffusa.
Si tratta di un esempio che andrebbe emulato, come peraltro quello della grande Cina, che è cresciuta per anni con un Pil a doppia cifra ma, anche in questo periodo di recessione, ha avuto un incremento del Pil fra il sette e il nove per cento.
 
Come si fa a insegnare ai piccoli a pensare in grande? Bisogna parlare con loro senza mettersi in cattedra, con parole semplici, con concetti ridotti all’osso e di facile comprensione e, soprattutto, con il proprio comportamento.
È noto, infatti, che la migliore formazione si esercita quasi senza parole, con atti, con gesti e modi di fare più comprensibili di qualunque frase.
E poi, ci vuole tanta pazienza, perché i piccoli non sempre sono ricettivi.
Spesso vogliono giocare e ne hanno ben diritto. Ecco allora che chi ha la responsabilità della loro formazione, la deve fare come se fosse un gioco: leggera, varia, che colga l’interesse dei bambini e dei ragazzi.
I ventenni della nostra epoca sono quelli che hanno più bisogno di formazione.
Sono portati a emulare quello che avviene nel loro ambiente, ma anche al di fuori, a scuola o in una discoteca, hanno un forte interscambio con tutti i loro coetanei. Sono già in età di godere i diritti politici, ma non hanno ancora la maturità relativa.

Vi è poi una differenza fra ragazzi e ragazze. Queste ultime sono sempre piùmature dei primi, a parità di anni. Anzi, si dice che la pari maturità fra gli uni e le altre deve avere una differenza di almeno dieci anni.

Quello che precede non è una regola. Infatti vi sonomolte eccezioni. Se coloro che hanno responsabilità nel dare educazione ai piccoli la esercitano effettivamente, possono averne conferma dal come i ragazzi, diventati grandi, si comporteranno e dal come ragioneranno.
Quando sono abituati da piccoli a ragionare positivamente e poi l’abitudine continua nella fase dell’adolescenza, quasi sempre alla maggiore età i giovani continuano in questa via perché possiedono i requisiti per muoversi con intelligenza ed altruismo.
Ve ne sono tantissimi giovani bravi, onesti e capaci, fra essi vi sono tanti talenti. Peccato che le Istituzioni non li selezionino e non li sostengano adeguatamente, perdendo così una grande ricchezza che la società possiede ma non utilizza a pieno.

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