Perse 3.000 imprese in 3 anni. Alcune continuano lavori in nero - QdS

Perse 3.000 imprese in 3 anni. Alcune continuano lavori in nero

Gaia Perniciaro

Perse 3.000 imprese in 3 anni. Alcune continuano lavori in nero

giovedì 24 Ottobre 2013

La conseguenza del continuo aumento delle tasse che ha caratterizzato gli ultimi anni. Crisi di ricambio generazionale: le scuole di formazione creino nuovi professionisti

PALERMO – “Fare impresa è un’impresa”. Lo dichiara il presidente di Confartigianato imprese Palermo, Nunzio Reina, che come molti imprenditori Italiani, non reagisce bene al continuo aumento di tasse che ha caratterizzato il quadro economico nazionale degli ultimi anni.
“Negli ultimi 3 anni – continua Nunzio Reina – abbiamo perso circa 3000 imprese, e questo numero non smetterà di aumentare. Se almeno la metà degli imprenditori che dichiarano fallimento non hanno ancora superato il limite pensionistico sicuramente continuano a lavorare ma in nero, così chi rimane regolare non è in condizioni di restare sul mercato per questioni di concorrenza poco leale ed è costretto anche lui a dichiarare fallimento. Ormai lo Stato tassa quasi il 70% di ciò che guadagnano le aziende legali, ma sappiamo bene che il vero prodotto lordo italiano lo crea il lavoro sommerso. Aumentare le tasse non aumenta i guadagni dello Stato, li diminuisce”.
Sempre secondo Reina, alla crisi economica si aggiunge anche una vasta crisi di ricambio generazionale che la Regione Sicilia non ha fin’ora bene interpretato.
“Il fatto che le scuole di formazione regionale non riescono a svolgere il loro compito di creare nuovi professionisti per le aziende  – spiega Reina – non è una novità. Già nel 2008 alcuni politici, tra cui Maurizio Sacconi, avevano ipotizzato la possibilità di rivalutare l’istruzione tecnica e professionale per riscoprire la manualità, e noi ci crediamo ancora”.
Notevole il successo ottenuto dal progetto di Confartigianato Palermo, presso l’Istituto Tecnico Professionale Alessandro Volta, che ha impegnato 40 giovani meritevoli in stage di 6 mesi all’Amap e all’Amg retribuiti a 200 euro al mese. In breve, quasi tutti i contratti stipulati sono diventati a tempo determinato.
“Quando l’ente pubblico assume stagisti – spiega Reina – lo fa a costo zero, sono gli istituti come l’Inps che pensano alla retribuzione e ai contributi. Molti imprenditori da noi iscritti chiedono di potere anche loro assumere stagisti con le stesse modalità, ma al momento i privati non possono accedere alle stesse agevolazioni.  Basterebbe solo un quarto della spesa che la regione da alle scuole di formazione regionale per dare una valida alternativa ai giovani che cercano lavoro e che allargano le fila del precariato”.
Nello specifico, l’idea di Confartigianato Palermo sarebbe quella di entrare nelle scuole obbligatorie e orientare i giovani alla scelta lavorativa secondo attitudine e dare loro possibilità di svolgere degli stage pomeridiani parallelamente alla scuola la mattina. Alla fine dei due anni, congiuntamente scuola, associazione di categoria, impresa e stato, valuteranno i giovani per capire se la strada intrapresa è quella giusta.
“Il giovane che si affaccia al mondo dell’artigianato – conclude Reina – ha bisogno di strutture che gli diano esempi concreti, e questo può avvenire solo in bottega. Un’impresa che forma autonomamente un ragazzo, se vede in lui le attitudini giuste lo assume sicuramente a tempo indeterminato. Cerchiamo solo il modo per innescare il necessario ricambio generazionale e formare gli imprenditori del domani”.
 


Mestieri. Designer di alta moda? Prima di tutto sarto
 
Secondo le ricerche di Confartigianato imprese Palermo i mestieri più richiesti sono: sarti, meccanici (saldatori, istallatori e manutentori), fabbri e liutai. In particolare sembra che i liutai siano quel genere di professionisti della tradizione che stanno scomparendo.
“Le Scuole di formazione regionale – racconta Nunzio Reina, Presidente di Confartigianato Palermo – hanno fatto molti errori nell’individuare i profili professionali da formare: parlo ad esempio del fatto che adesso troviamo in giro un numero esagerato di parrucchieri e nessun barbiere. Certe attività della tradizione vanno valorizzate attraverso l’insegnamento, tenerla al passo con i tempi sarà un fatto personale del giovane che apprende”. I sarti rischiano la scomparsa.
“Le Scuole di Formazione creano designer di moda, ma non gente che abbia la pazienza di mettere in mano ago e filo. Ricordiamoci – dice Reina – che il sarto di un tempo è lo stilista di oggi. Esempio  valido è Domenico Dolce che, prima di fondare il celebre marchio Dolce & Gabbana, si è formato nella bottega sartoriale del padre. Per non dimenticare Crimi che con la sua sartoria crea abiti d’alta moda anche per i cinesi, i quali si esportano bassa qualità, ma importano il meglio da tutto il mondo e sono esigenti”.

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