Soltanto con la captazione dei biogas ai fini energetici le discariche diventano utili - QdS

Soltanto con la captazione dei biogas ai fini energetici le discariche diventano utili

Andrea Salomone

Soltanto con la captazione dei biogas ai fini energetici le discariche diventano utili

venerdì 25 Ottobre 2013

Le conseguenze del mancato pre trattamento sono enormi per la salute. In Sicilia rischi maggiori

LONDRA – Nelle scorse puntate abbiamo spiegato quanto sia inutile e insensato dal punto di vista ecologico ed economico depositare i rifiuti non pretrattati in discarica, soprattutto nel momento in cui le discariche vengono mal gestite.
I danni ambientali provocati dalla fermentazione dei rifiuti in discarica, infatti, non derivano direttamente dalla produzione di liquami tossici (percolato) e di gas serra. Questi fenomeni, infatti, sono del tutto naturali, originati dal contatto tra gli agenti atmosferici e la frazione organica che non viene resa inerte e biologicamente stabile attraverso trattamento meccanico o termico.
Infatti, se i teloni che formano le cosiddette vasche delle discariche rimanessero intatti così come dovrebbero, il percolato potrebbe essere opportunamente aspirato, immesso in contenitori e smaltito opportunamente in appositi impianti. In questo modo i liquami tossici non avrebbero modo di entrare a contatto con la terra e le falde acquifere e si potrebbero evitare danni ambientali giganteschi. Il che significherebbe anche evitare danni economici altrettanto enormi, perché quando un telone si buca e il percolato si riversa sul terreno diventa necessario bonificare il sito. E come sanno tutti i geologi, una bonifica di questo genere, oltre a costare milioni di euro, non potrà mai ripristinare del tutto lo status quo ante: come insegnano tutti i migliori medici, infatti, prevenire è sempre meglio che curare.
Per quanto riguarda i gas serra, invece, per la loro produzione si può fare ben poco, perché dove c’è materiale organico, lì c’è produzione di gas naturale. Quanto meno, però, si può fare in modo da riutilizzare questi gas per produrre energia, il che – tradotto in termini ecologici ed economici – consente di ridurre l’utilizzo dei ben più inquinanti e sempre più costosi combustibili fossili per la produzione di elettricità.
Per evitare di inquinare inutilmente l’aria e di lasciare inutilizzata tutta l’energia prodotta dalla fermentazione dell’organico presente nei rifiuti indifferenziati (Rsu), la superficie della discarica viene ricoperta con materiale inerte. In questo modo si impedisce il contatto tra i rifiuti indifferenziati e l’aria e si attivano i meccanismi di digestione anaerobica del materiale organico, la cui degradazione produce energia che viene raccolta attraverso un sistema di condutture che capta i gas prodotti e li trasferisce ad un impianto di biogas costruito in situ (pozzi di captazione).
In questo modo, anche se diventa impossibile evitare la produzione di gas serra, quanto meno i gas prodotti possono essere riutilizzati per produrre elettricità per migliaia di case, senza inquinare inutilmente l’aria come succede in tutte le discariche siciliane, fatta eccezione per Bellolampo.
Per concludere, i problemi in discarica in realtà nascono quando questi siti non vengono gestite come dovrebbero, cosa purtroppo all’ordine del giorno in una Sicilia dove la selezione del personale viene fatta secondo meccanismi clientelari e antimeritocratici, senza cioè opportune verifiche dell’accuratezza, efficienza, puntualità e, soprattutto, sulle conoscenze tecniche specifiche degli operatori ecologici e dei dirigenti delle aziende che si occupano della gestione di tali siti.
Prova evidente di questa mala gestione sono i ripetuti incendi nelle discariche siciliane e i casi di riversamento di percolato nelle falde acquifere.
 

 
Recupero del biogas, mancata trasparenza

LONDRA – Abbiamo già visto che la produzione di incendi nelle discariche è un fenomeno del tutto naturale. Nel momento in cui la temperatura dei rifiuti depositati in discarica si alza e si creano "macchie di calore" è possibile che si vengano a creare incendi non superficiali, profondi, magari invisibili, ma pur sempre altamente pericolosi, non solo per la produzione di gas tossici dovuti alla combustione di non-si-sa-che-cosa (negli Rsu depositati in discarica, infatti, si trova di tutto), ma anche per la produzione di fiamme che possono bucare i teloni della vasca posti tra la massa dei rifiuti e il terreno, portando al riversamento del percolato nelle falde acquifere.
Nel caso delle discariche siciliane, non si sa quali discariche siano dotate di un sistema di recupero del biogas e quali no. E questa ignoranza deriva dal fatto che la Regione continua a proseguire nella totale mancanza di trasparenza sul tema "impianti energetici a base di rifiuti indifferenziati": sul sito istituzionale manca ancora una mappa degli impianti attualmente esistenti e di quelli in fase di progettazione e realizzazione. Abbiamo chiesto più volte informazioni in merito, ma ad oggi le nostre domande non hanno ancora avuto una risposta.
A quanto pare solo l’impianto di Bellolampo è dotato di questo sistema di recupero energetico, costruito nel 2000 dall’azienda torinese Asia Ambiente in project financing e in grado di produrre elettricità per circa 40.000 nuclei abitativi.
Quando abbiamo parlato di Berlino, abbiamo visto che parte delle ceneri prodotte dalla combustione di Rsu vengono utilizzate per coprire la superficie delle discariche cittadine, in modo da rendere possibile il recupero dell’energia prodotta naturalmente dai rifiuti. Ciò, però, può avvenire solo nel momento in cui una vasca smette di acquisire rifiuti non pretrattati, come succede in Germania dal 2005 o in Svizzera dal 2000. Che senso avrebbe, infatti, depositare altro materiale organico sopra il rivestimento inerte che copre la vasca? Ovviamente nessuno ed è chiaro che non si può chiudere una vasca nel momento in cui continuano ad arrivarvi nuovi rifiuti. Ed è altrettanto chiaro che nessuno costruirà mai impianti di biogas in Sicilia per il recupero di energia dalle discariche siciliane se la Regione non lo prevede nel Piano regionale, se non vengono pubblicati bandi europei per attrarre questi investimenti nell’isola e se i fondi comunitari continuano a restare inutilizzati.


 
Fumi dalle discariche, c’è chi li paragona a Bhopal
LONDRA – Secondo quanto dichiarato da Patrick Foss-Smith, consulente ingegneristico ambientale britannico, nel suo articolo dal titolo Comprendere gli incendi in discarica (Understanding landfill fires), “il fumo emesso dagli incendi in discarica è stato considerato talmente pericoloso che in alcuni casi le autorità per l’aviazione civile hanno ritenuto necessario imporre il divieto di aviazione”, tanto pericoloso per la salute umana che lo stesso autore – forse calcando un po’ troppo la mano – paragona questo generi di fenomeni al disastro di Bhopal avvenuto in India il 3 dicembre del 1984, dove una dispersione di gas ha causato la morte di quasi 20.000 persone e danni sulla salute di circa mezzo milione di persone.
Per quanto il paragone possa sembrare un po’ troppo esagerato, di certo rende l’idea del fatto che gli incendi in discarica sono un disastro ambientale che potrebbe essere evitato. Tra questi due termini di confronto si aggiunge poi la differenza sostanziale che difficilmente un incendio in discarica uccide persone nell’immediato, quindi non attrae l’attenzione dei media.
Per evitare questi fenomeni sono necessari operatori esperti che vigilano su eventuali depositi di calore, soprattutto fuori orario.
L’abbiamo già ripetuto più volte e continueremo a ribadirlo: per quanto riguarda la soluzione del problema rifiuti non esiste “una soluzione migliore” in senso assoluto, ma una relativa allo stato delle conoscenze scientifiche e del livello tecnologico di cui si dispone.
La vera soluzione al problema rifiuti sarebbe ridurne la produzione a monte attraverso il riciclo, il riuso e il recupero, intendendo con questo sia il recupero dei materiali differenziabili in impianti per il trattamento meccanico biologico (tmb), dove dalla massa dei rifiuti vengono estratti metalli, plastica e materiali inerti e i resti vengono resi riutilizzabile perché trasformati in biocarburante a base di rifiuti (cdr, ossia combustibile da rifiuti); sia il recupero energetico nelle discariche con impianti di biogas e nelle centrali termiche, elettriche o termoelettriche a base di Rsu.
In questi ultimi due casi, però, si tratta delle soluzioni preferibili allo stato attuale delle conoscenze, il che non significa che in qualche decina d’anni non vengano adottate soluzioni migliori per il riutilizzo degli scarti materialmente inutilizzabili.
 
(29. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 17, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e 6, 13, 20, 27 settembre, 4 e 18 ottobre. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 1 novembre).

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