Fallimenti, continua l’emorragia. Nel terzo trimestre rosso del 10% - QdS

Fallimenti, continua l’emorragia. Nel terzo trimestre rosso del 10%

Gianluca Di Maita

Fallimenti, continua l’emorragia. Nel terzo trimestre rosso del 10%

venerdì 25 Ottobre 2013

Cribis D&B: l’Isola è l’ottava regione per numero di cessazioni d’attività. Dal 2009 sono state oltre 3.000. In Sicilia, in nove mesi del 2013 sono state chiuse quasi 650 imprese

PALERMO – Sempre di più le imprese che aprono le procedure concorsuali di fallimenti. Secondo lo Studio Cribis D&B, società del Gruppo Crif specializzata nelle business information, nel terzo trimestre 2013 vi è stato un aumento del 10% delle imprese fallite. In appena 9 mesi più di due imprese all’ora hanno portato i libri in Tribunale, evidenziando un clima più grave rispetto agli anni precedenti e agli stessi periodi corrispondenti nel 2012.
Dopo i 3.637 casi registrati nei primi tre mesi del 2013 e i 3.728 nei successivi tre, nel terzo trimestre dell’anno in corso (per altro caratterizzato dalla presenza del mese di agosto, che tradizionalmente ne comprime la dinamica) sono fallite altre 2.647 imprese, contro le 2.397 del corrispondente trimestre 2012. Considerando il trend a partire dall’1 gennaio 2009, la dinamica delle imprese costrette a dichiarare il fallimento mostra un costante peggioramento. Il numero di fallimenti registrato in Italia nel terzo trimestre 2013 risulta infatti ulteriormente cresciuto rispetto al terzo trimestre degli anni precedenti: +20% rispetto al 2011, +28% rispetto al 2010 e +53% rispetto al 2009.
Dal punto di vista territoriale la situazione per la nostra Regione non è differente rispetto all’andamento nazionale. La Sicilia è l’ottava regione per numero di fallimenti, nel 2013 sono state 642 le imprese protagoniste di tale procedura. Dal 2009 sono state invece oltre 3.032 quelle colpite, con un’incidenza sul totale Italia del 6,41%. Se il quadro per i siciliani non è affatto roseo, nerissimo è invece per la Lombardia che con 2.223 imprese fallite, è la Regione che in questo campo sta peggio in Italia.
A seguire Lazio (1.046), Veneto (889), Campania (818), Emilia Romagna (795), Toscana (734) e Piemonte (688). La regione meno colpita è la Valle d’Aosta con solo 8 fallimenti nel 2013 (con una incidenza sul totale nazionale di appena lo 0,08%) e con solo 57 aziende fallite dal 2009.
Per quanto concerne i settori economici più colpiti, non fa notizia la croce che l’edilizia si porta addosso dall’inizio della crisi. Nei primi 9 mesi del 2013, si conferma il settore più in difficoltà con 2.007 casi di fallimento, sommando i microsettori della Costruzione edifici (1233) e degli Istallatori (744).
Direttamente collegati alla crisi del comparto vanno considerati anche i 553 fallimenti rilevati nel Settore Immobiliare.
Particolarmente colpito anche il commercio all’ingrosso (1.337 fallimenti, sommando il microsettore del "Commercio all’ingrosso dei beni durevoli” e quello del "Commercio all’ingrosso di beni non durevoli), al quale si aggiungono i 589 casi registrati nei “Servizi commerciali”.
Non se la passano bene neanche i settori del “Commercio al dettaglio”, con un totale di 1.272 casi suddivisi tra “Ristoranti e Bar” (400), “Abbigliamento e accessori” (307), “Varie” (231), “Arredamento e articoli per la casa” (189) e “Alimentari” (145).
Secondo l’amministratore delegato di Cribis D&B, Marco Preti, non sorprende il fatto che il numero di fallimenti registrati nel 2013 sia rimasto ampiamente sopra i livelli relativi agli indici di fallimento pre-crisi. Un riscontro si può trovare andando a vedere quali sono i comportamenti adottati dagli imprenditori nell’andare a pagare i fornitori.
 
Inoltre, come già segnalato dal QdS diverse settimane fa, la stretta creditizia (il credit crunch) si è tutt’altro che allentata. “Del resto” come afferma Marco Preti, “la congiuntura economica negativa fa sì che gli insoluti, anche quelli non particolarmente gravi, possano mettere seriamente in difficoltà anche imprese solide, soprattutto quando provengono da clienti storici ai quali, magari, si sono concessi tempi lunghi di pagamento e fidi commerciali consistenti”.

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