Sanità, parità fra pubblico e privato - QdS

Sanità, parità fra pubblico e privato

Carlo Alberto Tregua

Sanità, parità fra pubblico e privato

sabato 26 Ottobre 2013

La Costituzione e l’Ue la prevedono

La Costituzione all’articolo 3, comma 1, prevede che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge (…)”. Il successivo comma recita che vanno rimossi gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.
Nel settore della sanità questo principio è palesemente violato, perché non è vero che i cittadini possono scegliere liberamente di farsi curare indifferentemente da un ente pubblico o privato della propria regione o di un’altra regione italiana, ovvero farsi curare in uno degli altri 27 Stati membri.
A riguardo, vi è la direttiva Ue 24/11 che il Parlamento italiano doveva recepire ieri, ma ancora non lo ha fatto, che liberalizza le cure fuori dal proprio Paese a giudizio del malato, anche se debba essere autorizzato in tal senso dalla propria Regione.
Dall’insieme delle norme citate viene confermato il principio di libera scelta del malato, ma questa è impedita di fatto perché la Regione non si limita a pagare le fatture delle singole prestazioni, compreso l’eventuale ricovero, cioè il drg, ma assegna ad Asp e Ao dei budget dentro i quali i dg dovrebbero restare.
La differenza fra il settore pubblico e quello privato è che mentre il primo, oltre ad avere rimborsato il drg riceve altre risorse, per esempio quando sfora i bilanci. Ma questi supplementi non si danno al settore privato.

La conseguenza di quanto precede è che la Regione su 8,4 miliardi preventivati per il 2013, ne assegna uno al settore privato e 7,4 a quello pubblico. Dunque se un centro medico privato ha esaurito il proprio budget non può più evadere eventuali richieste degli ammalati.
Del peggio, c’è il peggiore. Il malato che si vede rifiutato il servizio da un centro medico privato perché non c’è più la disponibilità finanziaria è di fatto impedito nella sua scelta da cui deriva la violazione dell’articolo 3 citato.
Il servizio sanitario regionale, anche per osservare il basilare principio della concorrenza dovrebbe mettere in competizione le otto aziende ospedaliere e i numerosi presidi gestiti dalle Asp con i 56 centri sanitari privati. Ovviamente perché la competizione sia fatta ad armi pari occorre che tutti gli operatori rispettino principi di qualità del servizio in base al quale possono continuare ad esercitare la loro funzione.

 
Vi sono carenze nel settore sanitario privato, ma anche centri di eccellenza. Alcuni di questi hanno chiesto di potere esercitare l’attività sanitaria in modo completo e, quindi, l’autorizzazione ad aprire il pronto soccorso. La Regione la nega senza alcuna giustificazione, mentre, invece, la dà alle aziende ospedaliere. Non si capisce la discriminazione se i servizi forniscono la necessaria qualità agli ammalati, indipendentemente dal fatto che siano pubblici o privati.
Se il Servizio sanitario regionale fosse messo in condizione di competere, la Regione potrebbe risparmiare almeno 400 milioni, come più volte abbiamo scritto, aumentando la qualità del servizio medesimo. Qualità che va determinata anche mediante la customer satisfaction.
L’assessore regionale Borsellino dovrebbe obbligare aziende, presidi ospedalieri e cliniche private a pubblicare sui siti i risultati  delle valutazioni che ogni singolo malato fa una volta che esce con le proprie gambe dal centro di cura. Nonché dovrebbe avere un nucleo di valutazione che fornisca le informazioni, sempre sui siti, in modo da assicurare la trasparenza dei dati sulla qualità dei servizi.

Quanto precede serve per due principali finalità: la prima riguarda la capacità di trattenere nella Regione gli ammalati, evitando di andare in centri pubblici o privati di altre regioni o, addirittura, all’estero; la seconda, nell’attrarre ammalati di altre regioni e dall’estero verso i centri di eccellenza che qui ci sono. Immettendo efficienza nel sistema, conseguente alla concorrenza fra pubblico e privato, drenando le richieste di cure fuori regione e attraendo ammalati qui da noi, si potrebbe ottenere quel risparmio citato ed il contemporaneo miglioramento del servizio cui prima accennavamo.
Non secondario è il vigoroso taglio delle medicine frutto di un accordo con i medici generici, premiandoli quando prescrivono i medicamenti essenziali in modo  superiore a quello che spesso danno loro le case farmaceutiche.
Migliorare e risparmiare: due imperativi, cui la Regione non può sfuggire.

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