Stipendi pubblici-privati hanno stessa dignità - QdS

Stipendi pubblici-privati hanno stessa dignità

Carlo Alberto Tregua

Stipendi pubblici-privati hanno stessa dignità

giovedì 31 Ottobre 2013

L’onore di essere dipendente

Mi ricordo i travet ministeriali e i dipendenti dei Comuni, negli anni Cinquanta, che si sacrificavano senza orario per fare il proprio dovere, quello di servire il cittadino.
Quanti degli attuali dipendenti e dirigenti pubblici si ricordano l’art.54 della Costituzione? Il primo comma li obbliga a essere fedeli alla Repubblica. il secondo recita: i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…
Se dirigenti e dipendenti pubblici tenessero a mente ogni giorno il citato articolo, si ribalterebbe l’attuale Pubblica amministrazione, nemica dei cittadini, per metterla al loro servizio.
Solo così si potrebbe realizzare una pari dignità tra stipendi pubblici e privati. In atto, i primi sono privi di dignità perché alle remunerazioni non corrispondono adeguate prestazioni per qualità e quantità.
Presa nel suo complesso, la Pa è da bocciare. Ma, al suo interno, vi è una grandissima quantità di dirigenti e dipendenti brava, onesta e capace.

Va da sé che per onorare la Repubblica e, quindi, i cittadini, la Pubblica amministrazione dovrebbe avere l’orgoglio di divenire un organo primario al servizio dei cittadini, così come accade in Francia, ove la spesa pubblica è maggiore di quella italiana, ma la qualità dei servizi non è neppure paragonabile a quella nostra. Nel Paese transalpino, l’Ena (Ecole nationale d’administration) ha sempre sfornato dirigenti di altissimo livello, che conoscono il proprio dovere. Ovviamente, anche là si verificano casi di corruzione, ma sono sporadici e non numerosi come nel nostro Paese.
L’Italia che non funziona non può crescere. Ci vogliono un Governo e una maggioranza forti per ripristinare le regole del gioco, nel quale i cittadini vengano considerati datori di lavoro che pagano stipendi e pensioni pubblici e, d’altra parte, dirigenti e dipendenti che si meritano quanto percepito.
In questi ultimi trent’anni, la situazione è sempre peggiorata, perché sono aumentati clientelismi e favoritismi dovuti alla sempre più bassa qualità del ceto politico, incapace di proporre progetti strategici e di dare prova di onestà, non solo intellettuale, e di capacità di fare funzionare la macchina pubblica.

 
Vogliamo segnalare un’altra iniquità: la differenza di trattamento dei pensionati, quelli che godono dell’assegno in base a un conteggio figurativo (retributivo), e gli altri che, per contro, ricevono l’assegno versato esclusivamente in base ai contributi versati. Iniquità nell’iniquità: i baby pensionati del settore pubblico, andati in quiescienza a 40/45/50 anni. E noi continuiamo a pagare la loro pensione per un periodo superiore a quello in cui hanno lavorato.
Sarebbe equo, ma grandemente impopolare che, saltando la grande stupidaggine dei cosiddetti diritti acquisiti, si riconteggiassero tutte le pensioni sulla base del metodo contributivo, in modo da ripristinare quella necessaria equità fra i pensionati, per ricevere solo quanto hanno accantonato con i propri contributi.
La parte eccedente, che emergerebbe dal conteggio, potrebbe essere considerata un contributo di solidarietà da utilizzare per abbassare le imposte ai meno abbienti (aliquote 23 e 27%).

Giuseppe Mazzini sosteneva che prima vengono i doveri e poi i diritti. Dal che ne consegue che prima vengono i servizi pubblici e poi gli stipendi dei dipendenti pubblici. Una vistosa distorsione del sistema ha portato a invertire l’ordine naturale delle cose, anteponendo gli stipendi pubblici alla qualità e alla quantità dei servizi. Tale iniquità è divenuta insopportabile. Bisogna urgentemente ripristinare il giusto ordine di precedenza: prima i doveri e poi i diritti.
In questo quadro  occorre che i sindacati, che rappresentano i dipendenti pubblici e privati, mettano ordine al loro interno per evitare che tre milioni di cittadini della Pa restino privilegiati rispetto ai 17 milioni di cittadini che lavorano nel settore privato.
Bisogna operare sulla struttura di Stato e Comuni. Per fare questo ci vogliono Governo e maggioranza forti che decidano di fare le riforme  in questa direzione.
La ripresa è alle porte, ma se non si aggancia con determinazione passerà, lasciando l’Italia nell’attuale pessima situazione in cui si trova.

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