La paura del futuro immobilizza i giovani - QdS

La paura del futuro immobilizza i giovani

Carlo Alberto Tregua

La paura del futuro immobilizza i giovani

martedì 15 Settembre 2009

Competenze per il futuro dei precari

Il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì 9 settembre, prevede all’articolo 16, per i contratti a tempo determinato dei precari, che “non possono in alcun caso trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utili ai fini contributivi…”.
Il divieto che precede, si somma all’art. 49 della L.133/08 che vieta la trasformazione dei contratti a  tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Dopo 30 anni e più di utilizzazione della pubblica amministrazione statale, regionale e locale come sfogo per il clientelismo della bassa politica e ammortizzatore sociale, l’introduzione dell’euro e la crisi del 2008, costringono Governo nazionale, giunte regionali e sindaci, a chiudere definitivamente questo iniquo capitolo che ha visto discriminati i cittadini “normali” da quelli “privilegiati”.  Chi sono stati i cittadini “privilegiati”? Quelli entrati nelle Pa per intervento diretto dei cattivi politici.

Quando i precari della scuola, quelli della Regione e dei Comuni, quasi tutti nel Sud e in Sicilia, si lamentano di essere stati tagliati fuori dal sistema, per esubero di dipendenti, dimenticano che non sono entrati dalla porta principale, cioè per concorso, ma racimolando punti o raccogliendo spintarelle di questo o quel becero uomo politico, sperando un giorno di entrare nei ranghi.
Mal gliene incolse. La loro mancanza di previdenza li ha portati a vedere cessato il rapporto di lavoro nella scuola il 31  agosto scorso e, verosimilmente, nella Regione, il 31 dicembre 2009. Non comprendiamo come questi siciliani “privilegiati” non si siano posto il problema di acquisire competenze per utilizzare il numerosissimo lavoro che c’è nel mercato isolano, ampiamente pubblicizzato nelle pagine del QdS.
Se avessero perseguito lo scopo di trovare un lavoro, l’avrebbero già. La verità è che hanno sperato improvvidamente di entrare nel sistema pubblico, ove si sconosce  meritocrazia e responsabilità. Per cui ognuno fa come vuole e non risponde  a nessuno dei mancati risultati.

 
Paradossalmente la ricerca di sicurezza ha frenato tanti ex giovani dall’uscire da un ambiente senza sbocco per entrare in un altro col futuro. Proprio la paura del futuro è il tallone di Achille di tutti i precari, la paura di mettersi in gioco, la paura di correre rischi, la paura di fallire la propria missione di persone e di professionisti.
Tutti coloro che possiedono competenze sono trovati dal lavoro, altro che cercarlo. E non ci vengano a dire, i precari della scuola o quelli della Pa, che possiedono tali competenze. Nessuno di essi ha ricevuto validazione da un organo esterno di tale possesso. La responsabilità del quadro che deliniamo è sicuramente di un ceto politico di basso livello, nel quale, però, vi sono tante persone intelligenti che lottano per fare emergere disegni alti e strategici.

Occorre guardare avanti con ottimismo, prepararsi non certamente negli inutili corsi di formazione regionale che servono a foraggiare 7.000 inutili formatori, in quanto nessuno dei circa 50 mila frequentatori ha trovato posto nel 2008. Gli inutili attestati non servono neanche come carta straccia.
Riceviamo tante lettere di protesta per quello che scriviamo, ma esse riguardano la forma e non la sostanza. Vuol dire che il quadro è reale e senza possibilità di contestazione. Tanto è vero che il sindacato sulla materia non ha nulla da dirci.
Lo scandalo della formazione regionale è sotto gli occhi di tutti. La Corte dei conti ha accertato una spesa superiore di ben 60 milioni nel 2008 rispetto al 2007. Prendiamo atto che nel bilancio 2009 tale spesa è stata ridotta a circa 200 milioni, che resta comunque una enormità, perché andrebbe carcerata totalmente col pennarello, invitando gli inutili formatori ad acquisire nuove competenze per andare a svolgere un lavoro produttivo che in Sicilia c’è. 
Un invito ai giovani: guardate il mondo e quello che accade nei Paesi più avanzati. Non vi appiattite dietro la gonna della mamma e della nonna. Osate, rischiate. Se siete capaci, il mercato vi renderà merito.

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