Un siciliano sbanca gli Asian awards 2013 - QdS

Un siciliano sbanca gli Asian awards 2013

Dario Raffaele

Un siciliano sbanca gli Asian awards 2013

giovedì 14 Novembre 2013
CATANIA – È siciliano il vincitore degli Asian Awards 2013. Gianluca Traina, ventinovenne di Ventimiglia di Sicilia in provincia di Palermo ha sbaragliato la concorrenza, risultando il miglior giovane talento nel campo dell’arte, premiato durante la Tokio designers week. Il premio, che intende individuare e promuovere i giovani talenti dell’Asia, e da quest’anno del mondo, ha avuto quest’anno 6.000 candidati, 35 finalisti. Un vincitore, Gianluca per l’appunto, con la sua opera UnPortrait (in foto).
 
“La maggior parte della mia vita lavorativa – ci racconta – è stata come stilista di moda tra Firenze, Milano e Barcellona, con una breve esperienza come illustratore freelance. Per diversi anni sono stato un designer e poi consulente creativo per alcune delle società più apprezzate nel mondo del fashion system. L’ opportunità di lavorare con alcuni dei migliori creativi di tutto il mondo mi ha spinto a rinnovare il mio amore per la pittura e la creazione. Ritornato a Palermo ho riscoperto la passione per lo studio dei materiali e la loro produzione, e negli ultimi anni di studio all’Accademia di Belle Arti di Palermo ho cercato il modo di reinventare o creare materiali che potessero migliorare la vita dell’essere umano e stimolare la sua immaginazione. Dal 2012 ho abbandonato gli studi accademici per concentrarmi sul mio progetto di maggior successo che si chiama Portrait 360 °, una serie di sculture di carta”.
 
Cominciamo dalla fine. Il trionfo in Giappone… e ora? Cosa succederà, quali le tue aspettative, quali i tuoi programmi per il futuro?
“Credo che proseguirò il mio lavoro di artista finché quello che creo sarà considerato Arte. Continuerò a collaborare con la galleria che mi rappresenta negli Stati Uniti, la Robert Fontaine Gallery e spero possano nascere nuove collaborazioni e opportunità di esposizione anche in Italia, magari in Sicilia. Sto lavorando e ricercando nuovi materiali da utilizzare per creare nuovi oggetti/soggetti, ma non voglio limitarmi all’ambito artistico, non escludo altre incursioni nel settore della moda e del design e voglio credere che il futuro mi stia riservando nuove opportunità. In siciliano si dice “ U megghiu è a beniri” (il meglio deve ancora venire)”.
 
Torniamo agli Asian Awards. Cosa ha fatto la differenza in questo concorso. Come hai conquistato i giurati?
“Credo che buona parte del lavoro lo abbia fatto l’opera in esposizione. Li ha conquistati per la sua semplicità formale e la complessità estetica. E’ un oggetto ibrido UnPortrait, una sintesi perfetta tra tecnologia e artigianato. Una contaminazione tra moda, design e arte”.
 
 
Come ti vedevano i tuoi colleghi asiatici prima e dopo il successo? Qual è stata la soddisfazione più grande?
“Molti dei concorrenti conoscevano già il mio percorso di ricerca artistico. Fortunatamente nell’ultimo anno è stato raccontato ampiamente in molte testate giornalistiche e siti web nel mondo. Molti erano sorpresi e contenti di vedere dal vivo le mie creazioni, ma meno contenti di avermi come rivale. Ero comunque un personaggio esotico per i miei colleghi, sia esteticamente che artisticamente. Ero evidentemente non asiatico e anche per questo erano curiosi di conoscermi. Rappresentavo uno stereotipo, ovvero l’Italia delle eccellenze nel design e nella moda. Tutto questo era un naturale rompighiaccio per le conversazioni e le interazioni. Abbiamo condiviso insieme 10 giorni di esposizione, alla fine la cerimonia di premiazione l’abbiamo vissuta come una formalità o un percorso obbligato, sicuramente piacevole e pieno di tensione, ma anche il momento in cui ognuno di noi veniva valutato per talento e capacità comunicative. L’ho vinto quel premio ed è stato una gioia per me ma anche per i miei colleghi, e la soddisfazione più grande è sapere che ancora una volta l’Italia è in grado di raccontarsi all’estero attraverso percorsi eccellenti e che questa volta sono io il protagonista di questa storia”.

Com’è nata l’idea delle “teste”? Cosa vogliono esprimere?
“Nasce dalla necessità di raccontare la fisicità umana attraverso tecniche innovative. Attratto dalla bellezza della costruzione del tessuto e partendo dal concetto di trama e ordito, ho elaborato un sistema di rappresentazione dell’immagine curioso e innovativo. Ho iniziato ad indagare i modi in cui un foglio di carta può cambiare secondo il tipo di taglio e piegatura, e ho individuato nel sistema di tessitura un modo alternativo per la realizzazione di forme tridimensionali. L’idea non è creare oggetti tridimensionali basati sulla forma del corpo, ma trasformare una superficie bidimensionale come la carta, in oggetto tridimensionale adattato alle forme del corpo. Ho utilizzato queste superfici bidimensionali come spazio pittorico ed attraverso un elaborato sistema di digitalizzazione dell’immagine ho creato dei ritratti tridimensionali. Il risultato è una scultura colorata di carta intrecciata. Sono dei ritratti panoramici. Sono delle persone. Delle identità anonime. E’ un anomalia di pensiero. Sono dei ritratti a 360° di persone contemporanee”.
 
 
Come nasce in te l’ispirazione per realizzare un’opera?
“Nasce da un’intuizione, che probabilmente è indotta dalla mia capacità di percepire le tendenze. Il mio background culturale è legato al mondo della moda e del design, quindi orientato al prodotto e alle vendite. In questo non c’è niente di poetico o artistico ma una espressione razionale e concreta della creatività. Ho applicato alcune delle tecniche relative al processo di creazione di un prodotto e l’ho applicato al fare artistico, il risultato è comunque Arte, ma con una coscienza razionale. E’ il mio modo di creare le cose e di pensare l’Arte, un arte 2.0 che ruba le tecniche della moda, del design e del marketing per creare oggetti straordinari considerati Arte. Sono cambiati i linguaggi e le possibilità di condivisione e io ho cercato di adattare la mia ricerca artistica al mondo che stiamo vivendo”.
 
Pensi di poter vivere con la tua arte nell’Isola o stai meditando di spostarti altrove?
“Si può creare in qualsiasi città del mondo e sentirsi sempre a casa. La fortuna di essere artista è quella di dedicare del tempo, molto tempo nel mio caso, a creare, spesso in solitudine, e poi aprirsi al mondo e lasciar parlare quello che hai realizzato. Ho dedicato poco tempo a creare connessioni o contatti con il sistema dell’arte siciliano, ma dalla Sicilia ho tratto ispirazione per il mio lavoro. Ho viaggiato molto e vissuto in tante città diverse. Anche se da 4 anni vivo a Palermo tutta la mia produzione artistica si trova negli Stati Uniti, voglio continuare a spostarmi e conoscere altre città del mondo. In ordine di preferenza Shanghai, Singapore e infine Hong Kong”.

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