Renzi-Blair per non dare l’Italia a Grillo - QdS

Renzi-Blair per non dare l’Italia a Grillo

Carlo Alberto Tregua

Renzi-Blair per non dare l’Italia a Grillo

mercoledì 27 Novembre 2013

Tagliare la spesa, aumentare gli investimenti

Il prossimo 8 dicembre quasi certamente i cittadini che parteciperanno alle primarie del Pd eleggeranno Matteo Renzi segretario con, azzardiamo, il 60 per cento dei consensi. L’altro 40 che rappresenta l’ala sinistra del Pd potrebbe essere ripartito fra Cuperlo e, molto meno, Civati. Cuperlo ha già detto con chiarezza che egli preferisce Vendola a Letta, con ciò esprimendo sinceramente l’idea ormai sepolta del comunismo basato sulla spesa pubblica e sugli sperperi.
Proprio questa linea, in uno con l’inconcludenza dell’attuale governo basato su una maggioranza in conflitto permanente e con l’inutilità del ventennio di Berlusconi, sta consegnando l’Italia a Grillo.
Molti elettori preferiscono astenersi dal voto (e fanno malissimo) anziché dare un suffragio all’armata Brancaleone del comico genovese. Il suo punto di vista è perfettamente comprensibile: protestare, protestare, protestare, per captare i voti di chi non ne può più.

Nell’ultima tornata elettorale della Regione Basilicata, il 53 per cento non è andato a votare. Sarebbe stata più forte la protesta se gli astenuti fossero andati, invece, a votare barrando la scheda e rendendola nulla: quella sarebbe stata una protesta palese.
Perché gli elettori non ne possono più! Perché giorno dopo giorno si accorgono che le caste si continuano ad autodifendere imperterrite e non fanno nulla per tagliare i numerosi privilegi che assorbono molte imposte, pagate con sudore dai contribuenti italiani.
I privilegi sono tantissimi, li abbiamo enumerati tante volte e non ci ripetiamo. è venuto il momento di cambiare totalmente musica e farla diventare una melodia accordata piuttosto che un confuso ammasso di suoni generati dall’assenza di un vero direttore d’orchestra.
Se le aspettative non saranno deluse, Matteo Renzi potrà fare come Tony Blair che, prima, rivoltò il partito laburista e, poi, continuò la rigorosa politica di sviluppo di Margaret Thatcher, la lady di ferro, con piccole varianti, portando la Gran Bretagna a un periodo buono che le ha consentito di non subire i nefasti effetti della pesantissima recessione.

 
Non sembra probabile che le riforme indispensabili al Paese ed il taglio dei privilegi alle caste possano avvenire con una maggioranza litigiosa e composita.
L’unica strada percorribile è la riforma della legge elettorale sul modello di quella dei sindaci e una successiva campagna da svolgersi in aprile 2014, con idee nuove e metodi nuovi, in modo da riconquistare l’enorme serbatoio degli elettori delusi ed astenuti. è necessario fornire loro la speranza che una maggioranza blairiana possa fare quello che nè Berlusconi nè D’Alema, e neanche Prodi, sono riusciti a fare in questi vent’anni.
Questa è forse l’ultima occasione per evitare il disastro economico, dal quale non si può uscire se non c’è una vera svolta anche nel modo di compilare le leggi, oggi tortuose ed incomprensibili, che consentono le più disparate interpretazioni da parte delle varie magistrature.
La situazione è grave, ma non seria. Dopo tante chiacchiere, ora ci vogliono i fatti.

Naturalmente Renzi è avversato da Berlusconi, che lo teme moltissimo anche sul piano della comunicazione e, quindi, dell’attrattiva di tanti elettori. Il sindaco è temuto anche dal giovane Alfano che sa di poter contare su un potenziale elettorato del 7 per cento, tendenzialmente in calo fino al 3 per cento.
Quelli che lo temono più di tutti, però, sono i suoi amici di partito della Sinistra-sinistra, di fatto non diversi dai vendoliani. Per fortuna, essi sono stati sconfitti nelle sezioni in quasi tutta Italia anche se non in modo definitivo. Riteniamo che la sconfitta emergerà nelle primarie.
Questi della Sinistra-sinistra, appoggiati dal sindacato conservatore, la cui punta più importante è la Fiom, sono quelli che vogliono mantenere le 8 mila partecipate dei Comuni che hanno i conti in rosso; che pagano forse 40 mila emolumenti ad amministratori e revisori dei conti. Sono quelli che hanno impedito la privatizzazione dell’Amt di Genova, perché lasciando le cose come stanno possono esercitare ancora i loro privilegi.
Basta, basta, basta.

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