Tecnologie avanzate per ridurre emissioni di diossine nella combustione di Rsu - QdS

Tecnologie avanzate per ridurre emissioni di diossine nella combustione di Rsu

Andrea Salomone

Tecnologie avanzate per ridurre emissioni di diossine nella combustione di Rsu

venerdì 06 Dicembre 2013

Sforzi congiunti hanno portato gli Usa a tagliare di più del 90 % le emissioni industriali rispetto al 1987

LONDRA – In una pagina del sito dell’ente statunitense per la tutela dell’ambiente(Epa, Environmental protection agency) sull’emissioni aeree degli impianti per la combustione dei rifiuti indifferenziati (Rsu) viene affrontato lo scottante “argomento diossina”. Parlando di diossine si fa riferimento ad un gruppo di composti chimici che condividono caratteristiche simili, meglio noti per i loro effetti carcinogenici negli animali e negli esseri umani, nonché per altri danni alla salute legati allo sviluppo e alla riproduzione. Le diossine provenienti dalle centrali energetiche a base di Rsu non sono presenti nei rifiuti stessi, ma vengono prodotte dalla combustione di rifiuti clorurati
La migliorata tecnologia di combustione dei rifiuti e i rigidi controlli dell’inquinamento dell’aria hanno ridotto radicalmente la quantità di diossine emesse dagli impianti di combustione di Rsu. Un gruppo di lavoro interdisciplinare statunitense sulla diossina (Interagency work group) – composto da agenzie federali che si occupano di salute, cibo e problemi ambientali – ha preparato un “documento domande e risposte” sull’argomento. Nei decenni passati, l’Epa ha cercato di trovare soluzioni per ridurre e controllare la presenza di diossine nel territorio statunitense. Sono stati eseguiti stretti controlli di tutte le maggiori fonti industriali che rilasciano diossina: alla fine, gli sforzi dell’Epa, insieme a quelli degli Stati e delle industrie private, hanno portato gli Usa a ridurre di più del 90 % le emissioni industriali rispetto ai livelli del 1987. Per esempio, è stato stimato che i combustori di Rsu hanno emesso collettivamente circa 8,165 kg di diossine tossiche nel 1987 contro i circa 14,17 g di oggi. Allo stesso modo, nel 1987 gli impianti di combustione di rifiuti ospedalieri hanno emesso l’equivalente di circa 2,27 kg di diossina, ma sotto le regolamentazioni dell’Epa l’emissioni adesso si aggirano attorno a 7,8 g all’anno.
La diossina si decompone molto lentamente nell’ambiente e può depositarsi nelle piante o essere assunta dagli animali. Questi composti chimici possono concentrarsi nella catena alimentare, quindi bestiame, pesce e molluschi possono contenerne alte concentrazioni rispetto a piante, acqua, terra o sedimenti. Negli animali, la diossina si concentra principalmente nei grassi e nel fegato. Le agenzie federali sono state coscienti della presenza di diossine nel cibo dal 1970 e hanno aumentato i loro controlli verso la fine degli anni ’90, perché la tecnologia per misurare questo gruppo di composti è migliorata solo poco prima dello scoccare del millennio. Il contributo della diossina al rischio alimentare e i rischi legati alla possibile assunzione di questa sostanza attraverso l’uso di particolari alimenti era già stato attestato in data 1 Luglio 2003 da un rapporto della commissione dell’Accademia nazionale delle scienze (Nas, National academy of sciences) dedicato all’identificazione, alla prevenzione e alla riduzione dei rischi dovuti alla presenza di diossina negli alimenti. Insomma, la presenza di diossine nel cibo non è nuova, né esclusiva del cibo statunitense.
La Fda (Food and drug administration) e l’Usda (United states department of agricolture) hanno riscontrato livelli elevati di queste sostanze nei prodotti alimentari in commercio. Questa scoperta, però, ha portato alla presa di coscienza del problema e ha reso possibile la presa di provvedimenti in merito: in altre parole, l’identificazione delle principali fonti di diossina ha permesso la riduzione della produzione di tali composti.

Meno gas serra del carbone o petrolio secondo GHGs
LONDRA – Stime sull’emissioni di Gas Serra (GHGs, Greenhouse Gases) degli impianti statunitensi per la combustione di Rsu registrano la produzione di una quantità di gas variabile a seconda della percentuale di frazione biogenica presente nei rifiuti. Le stime in questione si occupano di emissioni aeree provenienti dalla generazione di elettricità da diverse fonti, principalmente combustibili fossili, energia nucleare, combustione dei rifiuti, energie rinnovabili e naturali. Dai dati risulterebbe che gli impianti per la combustione degli Rsu generano meno gas serra del carbone o petrolio per unità di elettricità prodotta, ma un po’ più rispetto al gas naturale. I dati sulle emissioni prodotte dalle centrali Rsu solitamente includono le emissioni prodotte dalla combustione sia delle frazioni biogeniche sia dei combustibili fossili presenti negli Rsu. Secondo l’Epa, però, quando si considerano le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla combustione dei rifiuti, bisognerebbe tenere conto solo delle emissioni provenienti dai prodotti a base di combustibili fossili, come le plastiche: secondo l’ente statunitense, infatti, la frazione biogenica degli Rsu va considerata una fonte energetica rinnovabile e naturale, perché – contrariamente ai combustibili fossili – si tratta di materiale generato dagli organismi viventi che si trovano all’interno del ciclo del carbonio del pianeta.
Secondo l’Epa, quindi, questa frazione biogenica non dovrebbe essere considerata quando si determina la produzione di gas serra proveniente dalla combustione di Rsu per il recupero energetico. La tabella sottostante – tratta dalla banca dati integrata di emissioni e risorse di produzione (eGRID, ossia Emissions and generation resource integrated database) – offre un ragguaglio sulle caratteristiche ambientali correlate alla produzione di quasi tutta la potenza elettrica generata negli Stati Uniti e include dati sui livelli di emissioni aeree di ossidi di azoto (NOx), anidride solforosa, CO2, metano e monossido di di azoto. Questa banca dati fornisce informazioni sui produttori di elettricità negli Usa indica che circa il 53% dell’energia generata dalle centrali Rsu proviene da risorse biogeniche e il 47% è potenza derivata da combustibili fossili.

I due modelli dell’Epa per esaminare le emissioni
LONDRA – Quando si parla di emissioni derivate dalla combustione di Rsu vengono considerati fattori come: l’evitamento di emissioni di metano dalle discariche; potenziale di produzione energetica che compensa l’impiego di carburante fossile; recupero di metalli (Riciclo) e risparmio delle emissioni grazie alla riduzione dell’impiego di carburante per il trasporto dei rifiuti per lunghe distanze fino alle discariche (che solitamente, al contrario delle centrali Rsu, si trovano in periferia).
Sono stati presentati due modelli da parte dell’Epa che sono stati sviluppati per esaminare le emissioni del ciclo di vita di diversi metodi di gestione degli Rsu: il modello riduzione dei rifiuti (Warm, Waste Reduction Model) e lo strumento di supporto per le decisioni in materia di rifiuti (Dst, MSW Decision Support Tool). Entrambi i modelli mostrano che gli attuali combustori di rifiuti riducono la quantità di gas serra nell’atmosfera rispetto all’interramento dei rifiuti in discarica. La quantità ridotta viene stimata in circa 1 T di gas serra salvata per ogni T di Rsu combusti.
L’università della Columbia ha pubblicato una panoramica degli impianti di combustione degli Rsu negli Stati Uniti, dove vengono elencati, Stato per Stato, i dettagli relativi alla produzione di rifiuti e ai metodi per gestirli. Basta scorrere il mouse su ogni Stato della mappa per conoscerne la popolazione, la quantità di Rsu riciclati/compostati, impiegati per produrre energia negli impianti Wte (Waste to Energy, rifiuti per energia), interrati in discarica, prodotti in totale e pro capite.
Altre informazioni sugli stabilimenti Wte negli Usa si trovano nellelenco 2010 dell’associazione dei servizi integrati di rifiuti(Iwsa, Integrated waste services association). L’elenco fornisce informazioni dettagliate su tutti gli stabilimenti in operazione, con informazioni specifiche sulle capacità di trattamento dei rifiuti, la produzione di energia, la data di avvio del progetto, la tecnologia, i sistemi continui di monitoraggio dell’emissioni (Cems, Continuous Emissions Monitoring Systems), il sistema di controllo degli inquinanti aerei (Apc, Air Pollution Control System), il proprietario e il gestore. Tutti questi dati andrebbero guardati con attenzione dalla comunità siciliana. Non è più accettabile che non si metta in atto un programma concreto per la risoluzione del problema Rsu in Sicilia, dove la quasi totalità dei rifiuti finisce in discarica o viene smaltita in maniera criminale, come nel caso della P********* di Termini Imerese, che ha sversato tonnellate di liquami tossici in mare.
(35. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 17, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e 6, 13, 20, 27 settembre, 4, 18, 25 ottobre, 1, 8, 15, 22 e 29 novembre. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 13 dicembre).

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