Qualità della vita, la fotografia d’Italia: la Sicilia bloccata ai piedi dello Stivale - QdS

Qualità della vita, la fotografia d’Italia: la Sicilia bloccata ai piedi dello Stivale

Oriana Sipala

Qualità della vita, la fotografia d’Italia: la Sicilia bloccata ai piedi dello Stivale

martedì 10 Dicembre 2013

Nel rapporto curato dal Sole 24 Ore, il Mezzogiorno si riconferma agli ultimi posti della graduatoria

PALERMO – Anche quest’anno il rapporto sulla Qualità della vita, curato dal Sole 24 Ore, ripercorre l’Italia in tutte le sue tappe, da Nord a Sud, dalle città costiere a quelle montane. La fotografia scattata da questo studio ci mostra, con una sostanziale stabilità rispetto al passato, che molte sono le differenze intercorrenti tra le diverse aree del Belpaese.
 
Confermato è il divario che divide le province settentrionali da quelle meridionali, che si attestano tendenzialmente nella seconda metà della graduatoria. Questo è quanto viene fuori incrociando i dati dei 36 indicatori utilizzati dal rapporto, i quali, ripartiti in gruppi di sei, formano sei grandi macro-parametri: Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi ambiente e salute, Popolazione, Ordine pubblico, Tempo libero.
 
A conquistare la vetta della classifica quest’anno è la città di Trento, che guadagna tre posizioni rispetto all’anno precedente, soppiantando Bolzano. L’ultimo gradino è invece occupato dal capoluogo campano, che perde una posizione, piazzandosi al posto di Taranto.
 
Palermo si colloca al penultimo posto, precipitando di sette posizioni, segno evidente di un peggioramento delle condizioni e dei servizi che il nostro capoluogo è in grado di offrire. Stesso discorso vale per Catania, dove si registra il calo più drammatico. La città etnea, infatti, nel 2012 era 90°, mentre quest’anno si piazza al 101° posto, perdendo 11 posizioni. In generale, nessuna delle città siciliane vanta posizioni invidiabili. La migliore è Ragusa, “prima tra le ultime”, nella classifica nazionale si piazza all’84° posto, e a seguire troviamo tutte le altre.
 
Alcune di queste, come Messina, Caltanissetta e Trapani, hanno registrato un miglioramento rispetto al passato, scalando la graduatoria di qualche gradino. Si tratta però di una magra consolazione.
Come hanno reagito gli amministratori alla vista di un quadro così desolante? Il sindaco di Catania, Enzo Bianco, “fresco di nomina”, non poteva che rispondere così: “È l’esatta fotografia delle condizioni della città così come ci è stata consegnata, il 9 giugno scorso, e rappresenta per noi un punto di partenza per una risalita che, supportata da interventi seri e radicali, prevediamo costante. Ci rendiamo conto – ha continuato Bianco – che soprattutto in alcuni settori la situazione è più delicata: affari, lavoro, tenore di vita e ordine pubblico sono i nostri punti deboli. Lavoreremo dunque sui dati disaggregati e assegnerò agli assessori obiettivi precisi, da raggiungere secondo il cronoprogramma stabilito”.
 
C’è, in queste parole, una sostanziale conferma dello stato in cui oggi versa la metropoli etnea: l’ordine pubblico è sicuramente il settore più critico, se si considera che Catania, nella classifica in questione, è al 91° posto, nonché ultima tra le città siciliane. Le città più sicure sono invece Enna e Messina, rispettivamente 11° e 17° nella classifica nazionale.
Catania non vanta una bella posizione nemmeno se si parla di demografia. Se una minore densità di popolazione è indice di una migliore qualità della vita, le zone popolari della Catania emarginata e fatiscente ci illuminano sul perché questa occupi uno degli ultimi posti nella classifica nazionale (100) e l’ultimo in quella regionale. Catania, però, ha due facce. Accanto a quella degli emarginati, c’è quella che troviamo nelle librerie e nei cinema. La città etnea è la terza in Sicilia per numero di librerie (dopo Ragusa e Palermo) e 38° nella graduatoria nazionale, ed è prima per numero di sale cinematografiche (17° in Italia). Quanto alle strutture sanitarie, la provincia etnea, seguita da Enna, si piazza in un gradino soddisfacente. La prima è 23° nella classifica nazionale, mentre la seconda è 29°.
Il tasso migratorio è molto alto in tutte le città della Sicilia (fa eccezione Ragusa, terza nella classifica nazionale): chissà per quale strano motivo c’è la tendenza ad abbandonare quest’Isola “bella e perduta”. Sicilia ultima anche per gli aspetti legati all’ecologia. L’indice Legambiente Ecosistema urbano 2013 boccia le province dell’Isola facendole precipitare in fondo alla classifica: cinque città su nove (Palermo, Catania, Trapani, Agrigento e Caltanissetta) non vanno al di qua del centesimo gradino.
Le parole di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, non si discostano tanto da quelle di Bianco: “È stata fotografata una situazione creata da chi ci ha preceduto – commenta – abbiamo trovato una città assolutamente invivibile e stiamo cercando di risolvere i guasti creati dalla precedente amministrazione comunale. Ma non bastano questi primi nove mesi di governo”.
A Palermo vanno male soprattutto gli affari: le esportazioni sono limitate e i fallimenti numerosi. Nella prima macroarea (Affari e lavoro), il capoluogo si piazza infatti 101° (e penultimo a livello regionale, seguito da Caltanissetta). Un discorso poco incoraggiante si può fare anche riguardo ai temi legati all’ecologia, alla criminalità diffusa, alla scarsa sensibilità verso il no profit. Ma un aspetto in favore del capoluogo siciliano si deve riconoscere: Palermo è la prima città in Sicilia e la 57° in Italia per la presenza di start up innovative, distinguendosi da Siracusa e Agrigento, in cui non esistono start up, e da tutte le altre città dell’Isola che non riescono a scalare la classifica, fermandosi al massimo al 75° gradino. Quanto alle infrastrutture, l’indice Tagliacarne, che ne misura le dotazioni, pone Palermo al 30° posto della graduatoria nazionale, seguita da Catania che si trova al 33°. Piccole consolazioni, visto il risultato globale.
Se c’è una cosa per cui le province siciliane meritano il podio è il clima. L’unico aspetto che, guarda caso, non dipende da come viene amministrata una realtà locale. Sette città su nove si piazzano tra i primi 15 posti della graduatoria nazionale, a eccezione di Ragusa (27), Caltanissetta (30), Enna (44). Buono pure il mercato del mattone: una casa al Sud costa molto meno che al Nord, dove i prezzi sono proibitivi. Caltanissetta, dove un immobile costa 1000 € al mq, conquista la vetta della classifica nazionale, mentre negli ultimi due gradini si trovano Milano e Roma, dove il costo sale rispettivamente a 4.700 € e 5.150 € per mq. Le città siciliane più care sono Messina e Palermo (67°), dove un’abitazione costa 2.500 € per mq. A Catania, invece, ne bastano 1.500.
Bocciato il settore dell’occupazione femminile: le ultime siciliane in classifica sono Agrigento (102), Siracusa (104) e Caltanissetta (106), ma in generale il trend è negativo in tutta l’Isola. Se guardiamo alle regioni del Nord, ci rendiamo conto di quanto il divario sia grande: nelle regioni settentrionali il tasso di occupazione femminile supera il 60%, mentre nelle nostre città non si va oltre il 33,62% della città di Messina, un dato che a Caltanissetta precipita ancora più in basso, arrivando a toccare il 24,87% e facendo rilevare, rispetto al Nord, un enorme gap del 40%.

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