Big One: non ci resta che pregare - QdS

Big One: non ci resta che pregare

Rosario Battiato

Big One: non ci resta che pregare

mercoledì 16 Settembre 2009

Territorio. Rischio sismico e prevenzione in Sicilia.
L’allarme. I terremoti non si possono prevedere, ma il Cnr avverte: “Entro 45 anni un sisma di grande intensità colpirà la Sicilia orientale”. La prevenzione non decolla, vistosi i ritardi.
L’edilizia. Quella pubblica è in affanno: la gran parte di scuole e ospedali non resisterebbe all’urto, persino le sale operative delle prefetture sarebbero seppellite in caso di “Big One”.

PALERMO – Passano i mesi e dopo i picchi mediatici raggiunti nel periodo della tragedia abruzzese, adesso la questione della prevenzione sismica sembra improvvisamente ripiombata in un pericoloso silenzio.
Le relazioni del Cnr (studio del 2007) avevano ipotizzato anche un sisma particolarmente violento proprio in Abruzzo, e mappe sismografiche illustrano la possibilità del temuto “Big One”, il grande sisma che potrebbe colpire la Sicilia orientale nei prossimi decenni.
Il National Geographic ha individuato l’area mediterranea dello Stretto di Messina tra le dieci località più a rischio della crosta terrestre con periodicità di un evento disastroso ogni 80/110 anni.
L’evento sismico è inoltre legato all’inquietante possibilità di uno tsunami. Infatti, secondo uno studio dell’Università di Bologna e dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr, “la Sicilia orientale è una delle zone più esposte al rischio tsunami in Italia e in generale in tutto il Mediterraneo”.
Ma siamo pronti ad un’evenienza del genere?
 
Sull’onda emotiva del sisma abruzzese la Protezione civile isolana ha iniziato un primo censimento della resistenza antisismica delle strutture strategiche e 41 edifici su 46 sono risultati non a norma. “Anche alla luce di quello che è successo a l’Aquila – ha dichiarato Guido Bertolaso in un’audizione alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale nello scorso giugno – finalmente si va radicando sia nei rappresentanti delle istituzioni sia nei cittadini la convinzione che non bisogna affinare le tecniche d’intervento solo per contrastare ciò che è accaduto perché in campo sismico purtroppo non possono essere previsti ma soprattutto per prevenirli”. Lo stato delle strutture che in caso di sisma dovrebbero fungere da punto di raccordo tra i soccorsi e la popolazione non sembra lanciare segnali di serenità strutturale.
Un censimento dell’Ingv, curato da Franco Barberi, definisce 755 strutture civili su 1.109 in uno stato di vulnerabilità compreso tra medio e alto e nel medesimo stato si trovano 160 strutture militari su 233. Anche la situazione delle infrastrutture ospedaliere nell’Isola è alquanto problematica. Nel 2008, secondo quanto riferito da Bertolaso, si è concluso un progetto pilota che ha visto il controllo di sicurezza e verifica sismica dell’ospedale civico di Palermo e dell’ospedale Trigona di Noto. “In questo caso sono stati anche predisposti progetti per mettere in sicurezza le strutture – ha precisato Bertolaso – ma non risulta che abbiano avuto seguito per mancanza di fondi adeguati”. Inoltre sempre la protezione civile ha denunciato una situazione particolarmente grave per quanto riguarda alcune strutture ospedaliere di Messina, dove un impatto sismico le farebbe crollare completamente al suolo. Non possiamo certamente dire che la situazione sia migliore sul versante scuola.
Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente Ecosistema Scuola 2009 solo il 35,59% degli edifici scolastici dell’Isola ha un certificato di agibilità statica, mentre il 39,96% necessita di manutenzione urgente.
La situazione non migliora certamente in rapporto ai piani di emergenza stilati dai Comuni in quanto secondo dati recenti della Protezione Civile Regionale 249 Comuni hanno redatto il piano per le emergenze sismiche, idriche, industriale, idrogeologiche, che comunque risale al 2007 e solo il 30% è risultato idoneo secondo la Protezione civile regionale.
Anche il progetto di Legambiente del 2007, “Restare in piedi”, un concorso per premiare i migliori piani di emergenza antisismica tra i comuni d’Italia, non ha visto nessun piazzamento siciliano tra le medie e grandi amministrazioni, con l’unica eccezione di Piedimonte Etneo, in provincia di Catania, che ha vinto il premio come miglior piano tra i Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti.
Anche le norme legislative spesso giungono in ritardo e si basano su studi consolidati negli anni ’80, secondo l’opinione di Luigi Bosco, presidente dell’Ordine Ingegneri di Catania.
L’ultimo decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 contenente le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, era stato inizialmente prorogato al giugno 2010, ma poi confermato per luglio 2009 grazie ad un emendamento del senatore D’Alì (Pdl) che ha fatto saltare la proroga votata in Commissione.

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