Il lavoro non è tutto ma fonte di progresso - QdS

Il lavoro non è tutto ma fonte di progresso

Carlo Alberto Tregua

Il lavoro non è tutto ma fonte di progresso

martedì 14 Gennaio 2014
Il riposo dal lavoro è diventato un totem, come se quando il corpo cessa di vivere non riceva il meritato eterno riposo. Sia chiaro che il riposo è necessario, nell’alternanza del sistema biologico, secondo il quale al periodo in cui si erogano energie occorre un periodo uguale e contrario in cui si caricano le batterie.
Dormire otto ore per notte è giusto per le energie, soprattutto se si fa in quella parte del ciclo in cui è più produttivo, diciamo dalle 23 in avanti.
L’alternanza fra lavoro e riposo, e quindi la voglia di non lavorare, dipende dall’amare il proprio lavoro, oppure no. Amarlo anche quando non piace. Perché non è detto che nel  mercato ognuno riesca a trovare quello più adatto alle proprie esigenze.
Certo, non si deve scoraggiare, deve continuare a cercarlo, ma, aspettandolo, ha il dovere di fare tutte le esperienze possibili per incamerare il giusto know how utile a capire meglio gli eventi.

È proprio la conoscenza il primo obiettivo di una persona umana. Si dice che chi più sa più vale. Ed è proprio questo il nocciolo della disoccupazione. Vi sono disoccupati che possiedono un mestiere o una professione, ma non le hanno aggiornate, soprattutto non hanno provveduto a innovare continuamente le proprie conoscenze e ad apprendere nuovi mestieri e nuove professioni per stare sul mercato.
I cosiddetti esodati, verso i quali vi è tanta considerazione, nel momento in cui hanno firmato le dimissioni volontarie, hanno ricevuto indennità cospicue, in qualche caso, fino a sessanta o settanta mensilità.
è evidente che una persona di cinquanta o sessanta anni, che ha una copertura finanziaria di cinque o sei anni, ha tutto il tempo per cominciare un nuovo lavoro, possibilmente autonomo.
Questo è un secondo punto da valutare. Creare preliminarmente una propria attività autonoma, specialmente nei servizi avanzati, è un modo per convertire la propria capacità ed occuparsi utilmente per produrre ricchezza.
Giovani persone di cinquanta o sessanta anni, con un attesa di vita di altri venti o più, dovrebbero avere il dovere ed il piacere di mettere a frutto la propria capacità facendo un lavoro autonomo, anche di propria soddisfazione.

 
Impegnarsi, provare e riprovare, così si mette a profitto la propria energia. è l’insieme di tutti quelli che non si arrendono mai che costituisce la fonte del progresso. Gli innovatori, i sognatori, i ricercatori cercano di vedere al di là  della propria vista, più lontano e più in grande, sapendo che il limite di ognuno di noi è in noi stessi.
Se non siamo capaci di risolvere un problema ci scoraggiamo e ci afflosciamo, il problema è in noi stessi. Vuol dire che non abbiamo dentro  quella molla che ci spinge a crescere, a saperne di più, in due parole a vivere la vita intensamente come vale la pena di viverla.
Certo, nella collettività gli esempi di chi progredisce, di chi si impegna a fondo, di chi si sacrifica non mancano. Purtroppo non si tratta della maggioranza dei componenti di quella collettività. Molti aspettano che la manna gli piova dal cielo. Proprio in questa direzione i responsabili delle Istituzioni dovrebbero dare l’esempio e stimolare a crescere, non a parole.

Una volta vi erano i Vitelloni: giovani e meno giovani il cui scopo della propria vita era il divertimento, lo svago. Ci sono ancora oggi, approfittando delle proprie famiglie che li sostengono impropriamente.
Le statistiche dicono che vi sono milioni di persone che non cercano più il lavoro, perché non c’è. Crediamo, invece, che non lo cerchino perché non hanno voglia di faticare. Ribadiamo che quando il lavoro non c’è bisogna crearlo. Chi vuole non ha limiti alle possibilità di intrapresa.
La nostra Repubblica è fondata sul lavoro (degli altri), perchè non c’è una forte discriminante fra chi merita e chi non merita. La burocrazia e il ceto politico continuano a dimostrare ai cittadini di non essere idonei a percepire compensi e indennità che sono assolutamente sproporzionati a quello che essi rendono in termini di servizi ai cittadini.
Riposarsi è opportuno, ma non nel periodo lavorativo, prescindendo dal dovere di rendere un euro in più di quanto si percepisce. Se avessimo in mente questo dovere la Comunità farebbe un grosso passo avanti.

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