Non voglio pagare gli sprechi di Roma - QdS

Non voglio pagare gli sprechi di Roma

Carlo Alberto Tregua

Non voglio pagare gli sprechi di Roma

giovedì 16 Gennaio 2014

Sindaci incapaci e clientelari

Abbiamo fatto sopire il clamore sull’enorme buco finanziario di Roma capitale, che ammonta a circa un miliardo, del quale vi è una precisa responsabilità politica ed etica di tutti i sindaci che l’hanno governata, per ultimi Alemanno, Veltroni, Rutelli e precedenti. La città eterna è diventata un fenomeno di sprechi, primo fra i quali l’enorme quantità di dipendenti (circa 25 mila), non si sa a che cosa servano.
Gli ultimi vent’anni sono stati costellati da eclatanti casi di corruzione basati su clientelismi e favoritismi di ogni genere. Per ultimo quello della discarica di Malagrotta, il cui patron Manlio Cerroni è stato arrestato in questi giorni.
Non si capisce come comportamenti disonesti come quello denunziato possano permanere in una grande e nobile città per decenni senza che nessuno si accorga di niente.
La manutenzione delle strade è carente, il traffico è caotico, il trasporto pubblico inefficiente e poi vi sono le cosiddette partecipate, cancrena di quasi tutti i comuni, che hanno consentito a giunte disoneste di assumere personale a go go senza farlo passare dal tassativo filtro previsto dall’art. 97 della Costituzione: i concorsi pubblici.
Sommando i dipendenti dell’amministrazione capitolina con quelli delle partecipate si arriva ad oltre sessantamila unità con privilegi di ogni genere e tipo, per i dodicimila dell’Atac (trasporti), undicimila dell’Ama (rifiuti) e settemila dell’Acea (acqua ed energia). L’ulteriore scandalo dell’Atac, nel quale, secondo l’accusa, si creavano fondi neri mediante fatture false con la conseguenza che anche i bilanci erano falsi per favorire i politici, è una situazione incredibile per la sua durata e per la sua gravità.
Il consiglio comunale di Roma è un parlamentino che, però, ha quasi gli stessi consiglieri del comune di Catania, un’altra enormità. Ovviamente tutti i consiglieri percepiscono indennità mensili, come anche i consiglieri circoscrizionali. Insomma Roma capitale è uno stipendificio che serve poco e male i suoi tre milioni di abitanti. Basta andare nei quartieri periferici per scoprire uno stato di degrado incompatibile con la nobiltà della città eterna.
 
Fra i quartieri migliori, Parioli, Prati, Roma Nord e quelli a Sud vi è un abisso per qualità della vita e stato di strade e Palazzi. Tuttavia, l’Amministrazione non ha provveduto negli ultimi trent’anni a diminuire questo gap, anzi anche i quartieri migliori hanno diminuito la qualità della vita dei loro abitanti.
Perché vi raccontiamo queste vicende che sembrano lontane dalla Sicilia? Perché in effetti non lo sono affatto. Infatti nella legge di stabilità è stato inserito uno stanziamento straordinario a favore di Roma di ben un miliardo.
Tutti i siciliani-contribuenti sono chiamati in proporzione a pagare questo miliardo. Ora, finché si effettuano spese che migliorano complessivamente una parte del territorio o lo riparano da eventi straordinari, viene chiamato in causa il necessario sentimento solidale che deve accomunare i cittadini.
Ma quando essi vengono chiamati a metter mano nelle proprie tasche per pagare clientelismo, favoritismo, corruzione e inefficienza, ebbene il cittadino non è più assolutamente disposto a fare sacrifici e i siciliani non intendono pagare i difetti della capitale dovuti alla cattiva amministrazione dei propri sindaci e della propria classe politico-burocratica.

La regola etica di una Comunità deve essere quella di autogestirsi, tenendo i conti in ordine e fornendo ai propri cittadini i migliori servizi possibili, eliminando in radice la spesa improduttiva e quella clientelare. Se manca questo principio etico-politico in un’amministrazione, la responsabilità deve cadere su chi ha provocato tale mala amministrazione.
Anche nel caso di Roma, che dovrebbe dare l’esempio agli altri ottomila comuni italiani, vanno applicate le regole etico-politiche senza pannicelli caldi.
Il neosindaco Ignazio Marino – cugino del mio caro amico professore omonimo, putroppo scomparso – ha il dovere di mettere in ordine i conti e poi di promuovere la città in maniera organica, per fare salire i pernottamenti dagli attuali trenta milioni a quaranta o cinquanta, nel tentativo di avvicinarsi a Parigi che con i suoi sessanta milioni di pernottamenti primeggia nel mondo.
Auguri, Ignazio Marino!

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