Dal carcere milanese di Opera Totò Riina minaccia il pm Di Matteo - QdS

Dal carcere milanese di Opera Totò Riina minaccia il pm Di Matteo

Patrizia Penna

Dal carcere milanese di Opera Totò Riina minaccia il pm Di Matteo

lunedì 20 Gennaio 2014

Le intercettazioni, che risalgono al 16 novembre scorso, agli atti del processo sulla trattativa Stato-Mafia

Gli atti del processo sulla trattativa Stato-Mafia si arricchiscono di nuovi ed inquietanti risvolti che vedono ancora una volta protagonista uno sprezzante Totò Riina il quale, nelle intercettazioni che risalgono allo scorso 16 novembre, progetta con il capomafia della Sacra corona unita, Alberto Lorusso, un attentato al pm Nino Di Matteo.
 
"E allora organizziamo questa cosa! Facciamola grossa e dico non ne parliamo più". Durante l’ora d’aria nel carcere milanese di Opera, il capomafia corleonese è incontenibile e, facendo riferimento all’attentato, fallito, al funzionario di polizia Rino Germanà, sfuggito a un commando di killer, dice: "Perché Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora se fosse possibile un’esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari".
 
"Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono". Così Riina minaccia il pm di Palermo. "Questo pubblico ministero di questo processo che mi sta facendo uscire pazzo", aggiunge.
 
Ma il capomafia corleonese, si sofferma anche a descrivere l’esplosione, alla quale assistette da lontano un commando di killer di Cosa nostra, che sbalzò in aria il magistrato Rocco Chinnici (era il 29 luglio del 1983), facendolo poi ricadere a terra. "Per un paio d’anni mi sono divertito. Minchia che gli ho combinato", prosegue. E ancora "dobbiamo prendere un provvedimento per voialtri – dice Riina come se parlasse ai magistrati -, uno che vi fa ballare la samba così che vi fa salire nei palazzi e vi fa scendere come vuole, come se fossero formiche".
 
Su Messina Denaro. "A me dispiace dirlo, questo signor Messina Denaro, questo che fa il latitante, questo si sente di comandare, ma non si interessa di noi". E’ il duro giudizio sul boss latitante Matteo Messina Denaro del capomafia Totò Riina che parla del padrino trapanese durante l’ora d’aria col detenuto Alberto Lorusso.
 
"Questo fa i pali della luce – aggiunge riferendosi al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro è coinvolto – ci farebbe più figura se se la mettesse in c… la luce". Riina contesta a Messina Denaro di interessarsi solo ai suoi affari: "fa pali (eolici ndr) per prendere soldi", dice.
 
"Se ora ci fosse suo padre, perché suo padre era un bravo cristiano!!! – prosegue parlando del padre del latitante, Francesco Messina Denaro, che è deceduto – Era perfetto, un orologio. Il figlio lo ha dato a me per farne quello che ne dovevo fare. E’ stato 4 o 5 anni con me poi si è messo a fare luce – spiega sempre alludendo al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro avrebbe investito – e finì".
 
"A noi ci tengono in galera – aggiunge – però quando siamo liberi li dobbiamo ammazzare". "Intanto io ho fatto il mio dovere – conclude – ma voi continuate, non dico tutti, ma qualcuno divertitevi, una fucilata nella testa di questi cornuti". Dalle parole del boss traspare una sfiducia nelle nuove leve di Cosa nostra: "non sono capaci a pigliare neanche una papera".
 
Nessuna pietà. "L’ultimo se mi riesce sarà più grosso… se mi ci metto con una bella compagnia di anatroccoli. Così chi peschiamo, peschiamo e non se ne parla più". Lo dice il boss Totò Riina al detenuto Alberto Lorusso parlando dell’intenzione fare un attentato a un magistrato. Il capomafia simula il suono di un’esplosione e aggiunge: "Non devo avere pietà di questi, come loro non hanno pietà".

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