Emulare i ricchi che hanno pagato le tasse - QdS

Emulare i ricchi che hanno pagato le tasse

Carlo Alberto Tregua

Emulare i ricchi che hanno pagato le tasse

martedì 21 Gennaio 2014

Certificato al bravo contribuente

Si dice che la ricchezza nazionale sia concentrata in poche mani. È vero. Si tratta di una distorsione del mercato che il sistema tributario non è stato in condizione di contrastare. è proprio l’imposizione fiscale che ha il compito di redistribuire la ricchezza con equità. Essa non va data in base ai bisogni, bensì in base al merito.
Chi fa più e meglio deve essere remunerato adeguatamente; sfaticati, fannulloni ed incapaci non devono essere neanche considerati.
A se stante è quel blocco della popolazione incapace di autosostenersi per malattia o debilitazioni fisiche. Tutti gli altri debbono lavorare per procurarsi quanto gli serve.
Ed è qui il nocciolo della questione: il lavoro. Ma il lavoro non cade dal cielo, ci vogliono le imprese che lo producano. Non possiamo considerare lavoro la maggior parte di quello pubblico perché non vi è un nesso preciso e quantificabile fra le risorse che vengono spese e i risultati che non vengono ottenuti.

Non si deve avere invidia, però, per chi ha accumulato ricchezza, a condizione che possa dimostrare di avere pagato tutte le imposte sulla produzione di reddito. E qui casca l’asino. Infatti, nello scenario nazionale ed anche in Sicilia, vi sono casi di accumuli di ricchezze nella stessa famiglia o nella stessa persona, non giustificati dall’attività svolta e neanche da lasciti dello zio d’America, e neppure di vincite alla Sisal.
Com’è spiegabile che cinquantenni con appena 25 anni di attività possano avere accumulato patrimoni di centinaia di milioni di miliardi di euro? Com’è spiegabile che imprenditori del settore edile o delle opere pubbliche o della grande distribuzione abbiano messo in cantiere patrimoni enormi? Se a costoro si facessero dei conti per le imposte pagate nello stesso periodo, si capirebbe subito che l’arricchimento è stato conseguente da evasioni massicce.
In questo ragionamento non teniamo conto di connessioni mafiose perché si tratta di ben altra cosa. è vero che la prescrizione per frode fiscale è di 10 anni, mentre quella per evasioni normali è di sei anni. Ma non vogliamo entrare nei meccanismi tributari, bensì nella valutazione etico- sociale secondo la quale chi ha accumulato patrimoni pagando tutte le imposte va visto in modo positivo.
 

In questo caso, i ricchi, così diventati legittimamente, non devono essere oggetto d’invidia né di gelosia, bensì riferimenti da emulare. Come? Cercando di capire cosa hanno fatto per mettere insieme patrimoni. Sacrifici, sudore, intelligenza, tenacia, intuito e volontà senza limiti, cercando di prevenire il mercato e di capire prima degli altri cosa sarebbe accaduto.
Chi ha inventato il servizio di Pony express (Riccardo Schmid) fu deriso, così come avvenne per il mozzo Aristotele Onassis, diventato poi armatore stramiliardario, così come sono stati incompresi i vari Bill Gates (Microsoft), Steve Jobs (Apple), Mark Zuckerberg (Facebook), Larry Page e Sergey Brin (Google) che con il proprio telescopio mentale hanno scrutato il futuro e adeguato le proprie capacità in un progetto che l’ha realizzato.
Ognuno di noi deve avere la consapevolezza dei propri limiti, ma anche di poterli superare per realizzare l’irrealizzabile. Qualcuno diceva che l’impossibile è fonte di piacere tanto maggiore quando esso è più grande.

C’è chi si abbatte quando commette errori. Non sa che l’uomo è fallace e non può non commettere errori. La questione va rovesciata: bisogna mettere a frutto gli errori commessi, evitare di ricommetterli e rettificare la propria condotta in modo che accadano il meno possibile.
Altro fatto da evitare è l’approcciarsi ai problemi con un senso di rifiuto, sperando che non ce ne capitino. Errore grossolano. I problemi arrivano anche senza volerlo e ci devono trovare disponibili ad affrontarli, cercando soluzioni più appropriate per risolverli.
Quando un cittadino paga tutte le imposte dovrebbe ricevere il certificato del bravo contribuente e l’amministrazione non dovrebbe far finta di niente, perché se essa persegue i cattivi cittadini ma non dimostra che è capace di evidenziare quelli bravi, non inserisce nella Comunità il principio del merito e il riconoscimento di chi fa il proprio dovere.
Se tutti sono uguali, nessuno è bravo e nessun altro è carente. Se le istituzioni tacciono e non distinguono i cittadini per bene da quelli per male, punendo questi ultimi, non assolvono al principio di equità che è la base del comportamento dei propri responsabili.

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