Impianto per il riciclo di buste di plastica; meno emissioni e maggiori risorse - QdS

Impianto per il riciclo di buste di plastica; meno emissioni e maggiori risorse

Andrea Salomone

Impianto per il riciclo di buste di plastica; meno emissioni e maggiori risorse

venerdì 24 Gennaio 2014

Iniziativa pubblica-privata inaugurata 4 mesi fa a Londra, tratta 3 mld di sacchetti per la spesa l’anno

LONDRA – In un articolo pubblicato il 24 Settembre sul sito www.businessgreen.com e intitolato "UK’s ‘first’ plastic bag recycling plant to open in London" si parla del primo impianto inglese per il riciclo delle buste di plastica, inaugurato circa 4 mesi fa a Woolwich, nella Londra-Sud, zona meglio nota per l’omicidio del soldato inglese Lee Rigby, sgozzato per strada da due estremisti islamici lo scorso 22 maggio.
Stando a quanto dichiarato da PlasRecycle, l’azienda promotrice di questa iniziativa da 10,7 milioni di sterline, l’attività dello stabilimento in questione consente di tagliare le emissioni di carbonio e di salvare risorse.
L’impianto permette di trattare buste di plastica in polietilene (quelle solitamente usate per la spesa) e pellicole trasparenti che normalmente finiscono in discarica o incenerite. Al momento l’impianto processa circa 20.000 T. di materiale all’anno in granulato plastico pulito, pronto ad essere venduto sul mercato per essere reimpiegato per la produzione di altri prodotti in plastica. Ciò significa risparmiare circa 2,5 miliardi di buste di polietilene a bassa densità (HDPE) di 8g ciascuna o 600 milioni di sacchetti di polietilene a bassa densità (LDPE) di 33g cadauno.
Stando ad un rapporto del 2006 delll’EA ("Life cycle assessment of supermarket carrier bags: a review of the bags available in 2006", pagine 7, 47 e 61), l’ente per la tutela dell’ambiente inglese (Environment Agency), le buste di carta e cotone devono essere usate rispettivamente almeno 3 e 131 volte per assicurare un’impronta più lieve ispetto alle buste di plastica in polietilene a bassa densita (HDPE) in termini di emissioni di carbonio prodotte.
La compagnia ha sviluppato il processo brevettato ed ha ottenuto un finanziamento da un investitore privato, il gruppo Foresight Environmental Fund (FEF, fondo di previsione ambientale), e dal settore pubblico, per la precisione dal Consiglio londinese per i rifiuti e il riciclaggio (LWARB, London Waste And Recycling Board) e dalla squadra speciale (task force) del programma di intervento per i rifiuti e le risorse (WRAP, Waste And Resources Action Programme).
Dopo essere state raccolte presso aziende, venditori al dettaglio e consigli comunali, queste buste diventano i materiali "in ingresso" che vengono trattati all’interno di questo impianto nuovo di zecca.
Lo stabilimento ha già creato lavoro per 20 persone e entro il 2014, quando verrà ampliato, creerà lavoro per altre 12 persone (senza contare tutti gli operai che hanno lavorato alla sua realizzazione e che lavoreranno per il suo ampliamento). Una scelta in più per le autorità locali e le attività commerciali, che precedentemente non potevano far altro che far interrare questi materiali in discarica, esportarli o incenerirli.
Si tratta, insomma, di un’altra iniziativa che fa aumentare il lavoro verde a Londra, con gran soddisfazione del suo sindaco Boris Johnson, sotto la cui amministrazione sono stati fatti molti passi avanti in questo senso. Secondo il primo cittadino "il settore del riciclo sta aiutano a salvare un enorme quantità di soldi, riducendo le emissioni di carbonio e, allo stesso tempo, supportando la crescita e il mercato del lavoro".
La notizia è arrivata poco dopo l’annuncio che l’Inghilterra, sulla falsariga di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, introdurrà una tassa per le buste di plastica nei negozi, il cui ricavato – come abbiamo spiegato nella pagina che abbiamo pubblicato in data 10 Gennaio 2014 – andrà alle associazioni di carità. Una mossa che, come spiegato, non serve per fare cassa (il ricavato infatti va in beneficienza), ma per abituare i cittadini a ridurre l’acquisto di buste di plastica leggere di pessima qualità, che come si può vedere dalla foto, volano via per lungo tempo come se fossero dirigibili che finiscono la loro corsa tra gli alberi o nelle acque.
In data 4 novembre 2013 la Commissione europea ha redatto un verbale intitolato "Domande e risposte sulla proposta per la riduzione del consumo di buste di plastica" (Questions and answers on the proposal to reduce the consumption of plastic bags). Le vie proposte per la risoluzione del problema in questione sono state: tassazione, obiettivi di riduzione nazionale o bando totale.
Secondo quanto dichiarato dalla commissaria ambientale europea Janez Potočnik in un articolo sintetico pubblicato lo stesso giorno dall’ufficio stampa della Commissione UE, sono circa otto miliardi le buste che ogni anno diventano rifiuti per l’Europa, quando sarebbe possibile ridurne la quantità dell’80% (come in effetti hanno dimostrato i casi dell’Irlanda del Nord e del Galles).
(39. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 17, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e 6, 13, 20, 27 settembre, 4, 18, 25 ottobre, 1, 8, 15, 22, 29 novembre, 6, 13 dicembre, 10 e 17 gennaio. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 31 gennaio).

Ognuno di noi consuma 500 sacchetti ogni anno

LONDRA – L’Ue ha stimato che ogni persona acquista circa 500 buste di plastica all’anno. Si potrebbe rispondere dicendo che molti riutilizzano le buste di plastica acquistate per contenere i rifiuti domestici. Alla fine però, se ci si pensa bene, ciò non comporta un taglio generalizzato del loro consumo.
C’è chi ha criticato le proposte dell’Ue per la loro scarsa coercitività: la Commissione sarebbe stata troppo leggera nel lasciare una così ampia libertà di azione agli Stati membri, praticamente legittimati a fissare i loro obiettivi in maniera arbitraia piuttosto che seguire una linea europea chiara e precisamente definita con una serie di misure in grado di risolvere il problema.
Una leggerezza denunciata a chiare lettere da Margrete Auken, membro danese del Parlamento europeo, secondo cui la mancanza del pugno di ferro su questo tema avrebbe minato alla base l’idea di assicurare una riduzione del consumo di buste di plastica in Europa.
Quando la plastica finisce in mare diventa il pericolo maggiore per le forme di vita acquatiche. Nel marzo 2013 era stata trovata una balena morta di 4,5 T nella costa Sud di Granada, che aveva ingerito 17 kg di rifiuti plastici di 59 diverse tipologie.
Il problema delle buste è che, essendo così piccole e leggere, sfuggono ai tentativi di raccoglierle e riciclarle. Ed è soprattutto per questa ragione che la Commissione europea vuole ridurne consistentemente l’uso insieme ad altri imballaggi plastici: prevenire è meglio che curare.


La plastica onnipresente nelle discariche abusive
LONDRA – Stando a quanto riportato da PlasRecycle, l’azienda che gestisce l’impianto di Woolwich, il riciclo di 1 T di plastica consente di risparmiare 1,5 T di CO2. Innanzitutto perché, essendo più leggero rispetto a carta, vetro e metalli, questo materiale richiede meno energia e, quindi, meno risorse per essere trasportato. Poi perché consente di conservare meglio i prodotti alimentari, il che significa ridurre la quantità di scarti alimentari. Infine si tratta di un materiale che può essere riciclato quasi sempre e meccanicamente.
Attuare un piano per il riciclo della plastica è una scelta economicamente molto più intelligente e lungimirante rispetto a quella di spedire i materiali plastici in un altro paese come la Cina per farli riprocessare: e non solo in termini di indipendenza dal punto di vista impiantistico, ma anche di risorse sprecate (alle quali vanno aggiunti i costi di spedizione e di trattamento negli impianti stranieri).
L’idea è quindi quella di attuare un’economia circolare come quella tedesca, basata sull’ottimizzazione delle risorse.
Una nuova frontiera che il Governo siciliano ha il dovere di varcare quanto prima, soprattutto per il fatto che la nostra isola sta diventando una discarica a cielo aperto di rifiuti plastici che si trovano ammucchiati in diversi angoli delle strade dei comuni, anche in zone dove che dovrebbero essere altamente valorizzate perché patrimonio naturale e paesaggistico dell’isola, come per esempio la strada che da Catania porta al rifugio Sapienza o il tratto di strada che da piazza Nettuno di Catania, costeggia la scogliera fino alla circonvallazione.
I materiali plastici possono costituire una grande risorsa per la Sicilia: si tratta solo di voler attuare questa svolta che ormai è in corso in tutti i paesi più civili.
Per riuscire a risolvere il problema rifiuti in Sicilia non resta altra scelta che costruire impianti di separazione delle frazioni differenziate e centrali energetiche a base di rifiuti indifferenziati per tutte le tipologie di resti che non è stato possibile recuperare materialmente attraverso il lavoro dei cittadini con la raccolta differenziata, degli operatori ecologici e delle macchine.
 
 
(39. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 17, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e 6, 13, 20, 27 settembre, 4, 18, 25 ottobre, 1, 8, 15, 22, 29 novembre, 6, 13 dicembre, 10 e 17 gennaio. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 31 gennaio).

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