Tagliare le procedure per tagliare i processi - QdS

Tagliare le procedure per tagliare i processi

Carlo Alberto Tregua

Tagliare le procedure per tagliare i processi

mercoledì 29 Gennaio 2014

Non rinviabile il dramma dei carcerati
 

La realtà di 65 mila cittadini nelle Patrie galere contro i circa 45 mila posti disponibili è una situazione improcrastinabile. Il Presidente della Repubblica ha più volte intimato al Parlamento di trovare una soluzione. La ministra Cancellieri, nella sua relazione alle Camere, ha ulteriormente confermato che non c’è via d’uscita immediata, se non approvare l’indulto.
Il primo presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, all’apertura dell’anno giudiziario 2014, ha chiesto ad alta voce l’indulto per allentare immediatamente la tensione nelle carceri.
La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha avvertito l’Italia che se non prenderà provvedimenti urgenti entro il 28 maggio 2014 accoglierà in massa migliaia e migliaia di ricorsi contro la carcerazione inumana nel nostro Paese, che costerà alle esangui casse dello Stato centinaia di milioni di euro di risarcimento.

La questione è grave ma non seria, diceva Ennio Flaiano. è grave perché la soluzione va trovata oggi, ma non è seria perché anno dopo anno, decennio dopo decennio, essa è stata rinviata da Governi irresponsabili.
L’art. 27 della Costituzione stabilisce che il carcere ha una funzione rieducativa, per consentire al detenuto, che ha scontato la pena, di potersi reimmettere nella società. Un principio sacrosanto, che trova eccezioni sia nei condannati all’ergastolo sia nei malavitosi abituali.
La geografia dei detenuti italiani presenta due enormi anomalie. La prima riguarda oltre 20 mila detenuti non italiani, i quali con apposite convenzioni potrebbero essere consegnati ai Paesi d’origine, ove la pena sarebbe scontata, alleggerendo così la situazione disastrosa di carceri e casse dello Stato.
Poi vi è una seconda e più grave anomalia: oltre 20 mila detenuti in attesa di giudizio, persone che, secondo la Costituzione, sono innocenti in quanto non è ancora arrivata la sentenza definitiva di terzo grado.
Perché vi sono tanti detenuti in attesa di giudizio? Perché i processi penali durano un tempo enorme, in relazione alla media europea. Essi, secondo la relazione della ministra Cancellieri, erano oltre 3,2 milioni al 31 dicembre del 2013. Ma anche quelli civili, che sono 5,7 milioni, durano mediamente dieci anni.

 
Quali sono le cause dell’enorme durata dei processi civili e penali, nonché di quelli amministrativi? Le procedure: lunghe e farraginose, che consentono artifizi di ogni genere per non fare arrivare i procedimenti alla conclusione. Anche i tre gradi di giudizio sono eccessivi. In quasi nessun Paese del Mondo essi sono presenti, mentre quasi ovunque il primo grado di giudizio è esaustivo e, al massimo, si va al secondo.
La riforma del processo è una di quelle più urgenti, anche perché, oltre a una questione di equità umanitaria, è anche una questione economica. Molti investitori esteri rinunziano a venire in Italia sapendo che, in caso di controversia giudiziaria, si invischierebbero in processi senza fine.
Processi penali che si concludessero tassativamente in due anni svuoterebbero le carceri di tutti quegli imputati che venissero riconosciuti innocenti. Consentirebbero poi ai magistrati di avere un minor carico di lavoro, che aumenterebbe la speditezza e la conclusione dei processi.

Un altro elemento di snellimento, in corso di attuazione, potrebbe accelerare la conclusione dei processi: la loro totale digitalizzazione, con l’eliminazione dei documenti cartacei, di infiniti archivi e della manualità indispensabile per potervi accedere.
Laddove la digitalizzazione è già presente, i benefici per cancellerie e avvocati sono risultati evidenti, anche perché gli ufficiali giudiziari sono stati fortemente scaricati dal loro lavoro di notifica che avviene esclusivamente per Pec (Posta elettronica certificata).
La modernizzazione del Paese non può prescindere da questa urgente riforma che, se si procede con la speditezza analoga a quella della riforma elettorale, si può approvare in tre mesi.
Il tempo delle fumose parole è terminato ed è arrivato quello dei fatti, delle decisioni e delle azioni. Non si ricomincia a crescere se i settori delle diverse amministrazioni pubbliche non cominciano a funzionare in tempi e con efficienza europei. Per far ciò, è necessario svecchiare la dirigenza burocratica, una delle corporazioni più incrostate e deleterie del Paese.

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