Ma come fanno i forestali? A lavorare! - QdS

Ma come fanno i forestali? A lavorare!

Carlo Alberto Tregua

Ma come fanno i forestali? A lavorare!

sabato 01 Febbraio 2014

Basta assistenzialismo, aprire i cantieri

Ricordate la bella canzone di Lucio Dalla e Francesco De Gregori,  Ma come fanno i marinai? Parafrasando, potremmo dire: ma come fanno i forestali? Sono oltre venticinquemila, giovani e forti, ma non si sa bene a cosa servano. Non tutti sanno che all’assessorato regionale al Territorio e Ambiente vi sia un organico di circa 840 dipendenti del Corpo forestale. Bisogna sapere anche che per governare più o meno cinquemila chilometri di boschi, millecinquecento in meno della Lombardia, il rapporto è di 2 a 1. Infatti in quella Regione, il Corpo forestale è formato da  400 persone.
Fatto il quadro, fondato sui numeri e quindi incontrovertibile, risulta evidente che la massa dei centocinquantunisti ed altri (forestali stagionali, da non confondersi con i forestali in divisa, cioè del Corpo) non serve a svolgere il servizio, ma nel secolo precedente è stata inventata come forma assistenziale e clientelare, per consentire di dare a tanti politici di scarsa qualità un serbatoio di portatori d’acqua.
Non sono stati i soli a godere di privilegi, sono in buona compagnia: formatori, Pip, Lsu, dipendenti Resais e via elencando.
Il Commissario dello Stato ha detto basta a questo sconcio, non il solo che ha portato la Regione al fallimento, non più teorico ma concreto, perché nelle sue casse non c’è più un euro.
A questo punto sono maturate le condizioni dell’articolo 8 dello Statuto per il commissariamento della Regione, con la nomina di tre membri scelti dal Governo nazionale.
I nefasti comportamenti tenuti dai presidenti della Regione e dalle loro maggioranze, in questi ultimi trent’anni, hanno fatto precipitare la Sicilia al 235° posto tra le regioni europee e fatto crollare il Pil, nel sestennio della crisi, di 10 punti, quasi il doppio della media nazionale.
Arrestare il declino è improcrastinabile. Il presidente della Regione, anziché fare il mendicante andando a chiedere risorse al Governo nazionale per continuare il pernicioso assistenzialismo, ha l’obbligo politico ed etico di invertire la tendenza e dichiarare con voce alta e chiara che l’era del favoritismo è finita e che da oggi in avanti, tagliata la spesa improduttiva e assistenziale, tutte le risorse a disposizione della Regione saranno destinate alla crescita e allo sviluppo.
 
Ma come si alimenta la crescita e s’imbocca la strada dello sviluppo? Con due grandi iniziative. La prima, facendo aprire tutti i cantieri ove vi siano progetti pronti e finanziati dall’Ue, con ciò mettendo in moto decine di migliaia di posti di lavoro. Seconda, varando alcuni piani per le attività produttive in agricoltura, turismo e servizi, energia.
In agricoltura, potenziando fortemente la produzione di agro-energia, biomasse, eco-carburanti; finanziando l’insediamento della filiera del legno (coltivazione dei boschi, con l’utilizzazione dei tronchi per legname, biomasse e cellulosa); raccordi tra i produttori della Grande distribuzione per fare collocare i prodotti della terra siciliani in tutta Italia.
Nel turismo, porsi l’obiettivo di raddoppiare i pernottamenti da 14 a 30 milioni, mettendo sui siti internet i gioielli della Sicilia (più volte enumerati in queste colonne) e promuovendo il Made in Sicily in tutto il mondo mediante un’opportuna road map.

Nei servizi, la Sicilia potrebbe promuovere la costruzione della rete a fibre ottiche e della Banda larga. Le due reti (una materiale, l’altra immateriale) costituiscono un forte volàno che alimenta tutte le attività produttive.
Per l’energia, occorre promuovere bandi per l’istituzione in project financing di impianti industriali di ultima generazione per la produzione di elettricità e biogas utilizzando gli Rsu come materia prima.
Poi è da sviluppare fortemente l’artigianato mediante l’estensione delle cooperative, che valorizzi i prodotti locali ai quali assegnare, per quelli che lo meritano, il Brand Sicilia.
Le attività che producono ricchezza possono essere alimentate finanziariamente dai tre istituti regionali che hanno questa missione: Irfis, Ircac, Crias. Il primo e l’ultimo quasi non si sentono. L’Ircac funziona. Però, essi hanno bisogno di manager di sicura e provata esperienza e capacità, anche internazionale, che abbiano conseguito risultati in altre attività.
La Sicilia ha bisogno di risultati e non di chiacchiere. Siamo stufi di tromboni che danno fiato alla bocca e tengono la testa per dividere le orecchie.

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