Beni confiscati, un patrimonio sempre più spesso sprecato - QdS

Beni confiscati, un patrimonio sempre più spesso sprecato

Antonia Cosentino

Beni confiscati, un patrimonio sempre più spesso sprecato

venerdì 07 Febbraio 2014

Libera propone che gli immobili siano dati in gestione sin dal sequestro e restituiti se questo è revocato. In Sicilia sfiorano quota 4.000 le strutture sottratte alla mafia non ancora assegnate

PALERMO – Sono 11.238 i beni confiscati in tutta Italia in via definitiva fino al 31 dicembre 2012.
Nello specifico: 3.808 appartamenti, 2.245 terreni agricoli, 1.209 locali generici, 963 box e garage, 415 ville, 202 capannoni. È quanto emerge dal rapporto presentato a Lamezia Terme il 30 gennaio nel corso della giornata organizzata da “Libera”, in collaborazione con Unioncamere Calabria, per discutere del “riutilizzo sociale dei beni confiscati per la legalità, lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale”.
Di questi beni 4.892, poco meno della metà, si trovano in Sicilia. Un numero importante, se si pensa alle possibili nuove destinazioni d’uso che questi beni potrebbero acquisire. Ma i problemi da risolvere per “il loro pieno ed effettivo riutilizzo – denuncia Libera- sono ancora molti. A partire da quei 3.995 beni ancora non destinati dall’Agenzia nazionale, di cui 1.666 bloccati dalle ipoteche bancarie. Gli altri ancora inutilizzati e occupati (1376) inagibili o da ristrutturare”. Accade frequentemente, infatti, che mentre l’iter burocratico fa il proprio decorso, troppo spesso con tempi lunghissimi, 7-8 anni in media, i beni si deteriorino al punto di essere inutilizzabili una volta consegnati. Tra le proposte che l’Associazione porta avanti c’è, a tal proposito, quella che i beni siano dati in gestione già nella fase di sequestro, in modo da renderli produttivi durante lo svolgimento delle pratiche. Con la clausola della restituzione, qualora venisse stabilita la revoca della confisca.
Le aziende confiscate in via definitiva sono, invece, sul territorio nazionale 1.708, di cui 623 in Sicilia. Circa la metà operano nel commercio (471) e nelle costruzioni (477), seguite da quelle alberghiere e della ristorazione (173) mentre sono 92 quelle che operano nel settore dell’agricoltura. Non mancano, poi, le attività immobiliari e quelle finanziarie, l’informatica ed i servizi alle imprese, le imprese manifatturiere e di trasporto, quelle che si occupano di sanità e servizi sociali e persino le società di produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas. Le confische più recenti hanno riguardato alcuni impianti fotovoltaici ed eolici in Sicilia, Calabria, Puglia.
Delle 1.708 aziende confiscate in Italia, 497 sono uscite dalla gestione dell’Agenzia nazionale, per revoca della confisca o vendita a soggetti privati. Delle 1.211 ancora in gestione, invece, 393 sono ancora da destinare, 342 sono state destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria, per 189 è stata richiesta la cancellazione dal registro delle imprese e/o dall’anagrafe tributaria. “Questi dati – afferma Libera – dimostrano che non è più rinviabile un serio intervento in materia per garantire la continuità d’impresa e salvaguardare i lavoratori delle aziende confiscate”.
La Sicilia, nonostante si confermi una terra di confische e sequestri, in cui quindi lo Stato è presente e le cosche più isolate, vede ancora esiguo il numero di beni confiscati realmente riutilizzati. Ciò che manca è “la trasparenza nel processo di assegnazione dei beni confiscati”, dichiara Maria Luisa Barrera, portavoce Officina beni confiscati di Libera Catania, “beni di cui spesso non si conoscono nè la disponibilità, nè le caratteristiche e il tipo di utilizzo, escludendo così a priori la richiesta di gestione da parte di onlus, cooperative sociali e gruppi di volontariato che sarebbero interessati”.

Catania. Su 29 beni confiscati tre sono ancora da assegnare
A Catania i beni confiscati in via definitiva sono 29. Di cui 26 già assegnati e 3 ancora da assegnare. I dati sono stati resi noti dopo una richiesta ufficiale presentata al Comune etneo da Libera. Spetterebbe, infatti, proprio all’ente predisporre delle liste pubbliche di tutti i beni confiscati non assegnati e provvedere a indire bandi pubblici. A Catania un elenco con caratteristiche, consistenza, natura e stato e dei beni assegnati al Comune, non esiste. Il coordinamento provinciale Libera Catania ha, per questa ragione, presentato una bozza di regolamento, che attende di essere approvata dal Consiglio comunale, che prevede la stesura di un bando pubblico con elencati non solo i beni, ma anche le caratteristiche, il tipo di utilizzo, i requisiti necessari per la partecipazione e lo svolgimento dell’iter di selezione. Obiettivo: la limpidezza del percorso burocratico. Un passo necessario in un contesto in cui confische e sequestri costituiscono lo strumento più importante per mettere in ginocchio il sistema di potere mafioso.

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