Default comunale, a pagare sono i minori e le loro famiglie - QdS

Default comunale, a pagare sono i minori e le loro famiglie

Chiara Borzi

Default comunale, a pagare sono i minori e le loro famiglie

mercoledì 19 Febbraio 2014

Pubblicato uno studio di Save The Children: 31 comuni siciliani in gravissima difficoltà economica. Il fallimento delle amministrazioni è causa della deprivazione delle fasce sociali più deboli

Roma – Il fallimento economico dei comuni o l’aumento del rischio default nelle amministrazioni locali ha certamente portato difficoltà all’interno delle società italiana. Tutti paghiamo i costi dell’aumento del debito, dell’aumento delle tasse, dell’aumento dei tagli e dell’introduzione di vincoli più rigidi di spesa, tuttavia a pagare lo scotto più alto delle gestioni “allegre” della politica sono soprattutto famiglie e bambini residenti nel nostro Paese.
Grazie allo studio condotto da Save The Children incrociando i dati divulgati dalla Corte dei Conti, è oggi possibile capire profondamente il legame che unisce il fallimento delle amministrazioni alla deprivazione della popolazione minore e delle coppie con figli.
è questo un problema che colpisce indistintamente tutta l’Italia, ma prevedibilmente alle aspettative sono le zone meridionali a far registrare un’incidenza più alta di minori presenti “nei comuni con problemi finanziari”. Nel nostro Paese i cosiddetti “figli del default” sono in totale 650454, il 6,5 per cento (dato 2012) di tutta la popolazione minorenne.
A metà del 2013 circa 200 mila minori crescevano all’interno di 72 comuni andati falliti, nello stesso periodo la lista dei 52 comuni che avevano richiesto di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario si accresceva comprendendo soprattutto alcuni tra i più importanti e popolosi comuni del Meridione: Napoli e Benevento (180 mila minori e 10 mila), Catania e Messina (51 mila minori e 40 mila), Reggio Calabria e Cosenza (31 mila minori e 10 mila minori) infine Foggia (26 mila minori).
Più o meno tutto il Sud può essere, secondo queste stime, riconosciuto come composto da zone “nere” ossia territori dove la difficoltà quotidiana per i minori e le rispettive famiglie è altissimo a causa dei default. Tra tutte queste stesse zone è tuttavia la Sicilia ad emergere per particolare negatività.
Secondo i calcoli condotti da Save The Children, con 31 comuni in fortissima difficoltà economica e 523507 bambini disagiati presenti, la regione primeggia in questo disperato indice.
Oltre le già citate Catania e Messina, nella classifica redatta da Save The Children si segnalano anche Modica, Monreale, Caltagirone, Avola e Comiso. Tornando a livello regionale alle spalle della Sicilia troviamo la Calabria, con 33 comuni in dissesto e 77619 bambini in difficoltà, poi la Campania, con 27 comuni in dissesto e 260637 bambini in difficoltà, e la Puglia, con 7 comuni in dissesto e 70087 bambini in difficoltà.
In cosa si tramuta il fallimento di un sistema comunale è presto detto. Sale il costo dei beni primati, quindi abitazione, trasporti, spesa per abbigliamento, cultura e tempo libero sono; poi aumentano dei costi dei servizi del settore terziario, quindi asili nido, servizio mensa, acquisti necessari allo studio.
Fallimento dei comuni vuol dire anche riduzione drastica della presa in carico dei minori da parte dei servizi pubblici dedicati alla primissima infanzia. Il numero dei servizi integrativi, i cui dati sono questa volta ottenuti attraverso analisi condotte dall’Istat sugli anni 2011-2012, ha fatto osservare il segno meno ancora una volta nelle regioni meridionali, in particolare Puglia (-0,3 per cento) e Molise (-1,1 per cento), non in Sicilia, Calabria e Campania dove l’offerta è fortunatamente rimasta in alterata, ed è cresciuto moltissimo nelle zone del Centro-Nord di Umbria (-1,3 per cento), Emilia Romagna (-1,9 per cento) e soprattutto in Valle d’Aosta (-3,3 per cento). In questi territori la riduzione della presa in carico è stata negativamente da primato.

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