Maria Cristina Stimolo: "Una sede a Bruxelles per non subire abusi" - QdS

Maria Cristina Stimolo: “Una sede a Bruxelles per non subire abusi”

Raffaella Pessina

Maria Cristina Stimolo: “Una sede a Bruxelles per non subire abusi”

mercoledì 19 Febbraio 2014

Forum con Maria Cristina Stimolo, dirigente generale dipartimento Affari extraregionali

Qual è l’attività svolta dal Suo dipartimento?
“Io mi sono insediata il primo marzo del 2013, mi divido tra Palermo, Roma e Bruxelles, dove ho uno staff che mi collabora e che ho formato e formo personalmente, diversamente da quanto è accaduto per me, che mi sono dovuta arrangiare da sola, perché non avevo nessuno che mi aiutasse a comprendere i meccanismi comunitari. Ho cominciato a capire qualcosa di Bruxelles dopo due anni di studi. Parlamento, Commissione, Comitato per le Regioni, Comitati economico-sociali, commissioni e sottocommissioni, tutti questi organismi rappresentano un pianeta complesso, in cui tutti si muovono e tutti fanno lobbies.
I passaggi sono semplici: l’Unione europea detta le linee guida, per esempio sui temi dell’energia, dell’ambiente e la relativa sostenibilità,  la intersettorialità. Di conseguenza lo Stato membro chiede alle proprie regioni una programmazione per la realizzazione dei progetti da far approvare dall’Ue. Dopodiché la posizione delle regioni viene portata in Conferenza delle regioni dove si forma la ‘posizione italiana’ che andrà supportata dalla rappresentanza italiana. È ovvio che l’obiettivo è quello di far approvare più progetti possibili, cercando di non favorire esclusivamente quelli di provenienza dalla regione di appartenenza di questo o quel deputato europeo. Ecco perché è importante avere una sede della propria regione a Bruxelles. Altrimenti si subiscono degli accordi che possono danneggiare la nostra Regione. Per fare un esempio, ricordo che il passato accordo tra il Marocco e l’Ue è stato sintomatico di come siano stati fatti gli interessi del Nord Italia a danno dell’agricoltura da Roma in giù. Manca ancora un sistema di comunicazione, sia a livello di amministrazione che di politica. Andrebbe fatto un discorso comune”.
Cosa ci dice al riguardo della nuova programmazione europea?
“La nuova programmazione deve essere sottoposta ai politici, perché sono loro che devono portarla avanti in sede comunitaria. E i nostri parlamentari dovrebbero fare fronte comune nel momento in cui si devono tutelare gli interessi della nostra regione, cosa che invece non avviene. Questo non avviene nemmeno a livello di nazione. Ho sempre visto l’ufficio siciliano di Bruxelles come una estensione amministrativa regionale che si pone in senso propositivo nei confronti della Comunità europea, mentre nella precedente amministrazione regionale è stato considerato come un satellite a parte, perdendo anni di opportunità, quando invece avremmo potuto costruire un sistema vero e proprio di collegamento tra la Sicilia e Bruxelles. Ed è per questo che i dipartimenti dovrebbero lavorare come vasi comunicanti facendo capo al mio dipartimento, che è deputato ad essere collegato allo stato centrale e all’Unione europea stessa”.
Avete strumenti e personale sufficiente?
“Ho uno staff di otto persone, cinque esterni e tre interni. Hanno già esperienza di politiche comunitarie e ritengo siano sufficienti. Se vi fosse qualcuno in più, sarebbe ancora meglio. Si tratta comunque di persone che sono inquadrate come funzionari direttivi e prendono 1.700 euro netti al mese, compresa l’indennità di gabinetto. Non hanno indennità di servizio all’estero. Li abbiamo scelti insieme con il presidente Crocetta. I fondi a mia disposizione per ora sono sufficienti, non mi è stato tagliato il capitolo di funzionamento, abbiamo però scarsità di attrezzature soprattutto informatiche. I computer  sono obsoleti e non abbiamo tablet. Usiamo però videoskype e videoconferenze per essere collegati tra Palermo, Roma e Bruxelles. Abbiamo attivato finalmente la newsletter che si può consultare dal sito della Regione. A Bruxelles c’era un giornalista che ora non c’è più perché dipendeva dall’ufficio stampa di Palermo e non era nel nostro organigramma. Comunque la nota informativa verrà pubblicata ogni mese, inoltre verrà inviata a chiunque ne faccia richiesta e viene già inviata a tutti i comuni e alle associazioni di categoria così come ai deputati dell’Assemblea regionale siciliana”.
 
Oggi le regioni hanno davvero l’opportunità di partecipare alle decisioni europee?
“Noi già partecipiamo, attraverso la partecipazione al Comitato delle Regioni a Bruxelles. Questo organismo funziona esattamente come il Parlamento europeo, anche se non ha il potere di bloccare una decisione della Commissione Europea. Esprime comunque un parere che viene tenuto in conto. Tra l’altro l’Unione si è evoluta da Unione di Nazioni in Unione di Regioni, perché le esigenze delle regioni cambiano a seconda della territorialità e non si possono fare leggi uguali per tutti”.
Quali opportunità vi sono con il Piano Expo Sud?
“È un piano che riguarda solo le regioni in convergenza (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia) e punta a favorire la internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e quindi in generale la promozione del prodotto italiano nel mondo. Rientra nelle misure previste dal piano di azione Coesione. Sono circa 40/50 milioni di euro che sono stati presi dai fondi strutturali, dati all’Ice  (Istituto per il Commercio Estero) che insieme alle regioni deve fare un programma di internazionalizzazione delle imprese. Il programma durerà quattro anni, la prima annualità è già stata programmata. Le linee di intervento sono 9 e sono articolate in azioni di tutoraggio e formazione e iniziative promozionali. All’interno di questa iniziativa vi è un progetto pilota per il Mediterraneo. Io sono stata il tramite tra l’Ice e i dipartimenti (agricoltura, attività produttive e turismo)”.
 
Come funziona il rapporto con le altre istituzioni e in particolare con i Paesi del Sud Europa? Ci sono sinergie?
“Abbiamo un coordinamento delle regioni italiane a Bruxelles, che si articola in commissioni e tavoli tecnici sui vari argomenti (coesione, sanità, ecc.), coordinato al momento dalla Regione Emilia Romagna. Mentre le altre regioni si confrontavano con il proprio territorio e le proprie istituzioni regionali, io questo confronto in Sicilia in precedenza non l’ho potuto avere. Ora il Presidente Crocetta è molto attento alle politiche comunitarie. Parallelamente a Roma vi è la Conferenza delle Regioni, e noi siamo capofila per la Commissione affari comunitari, che coordino io per quanto riguarda la parte tecnica, mentre della parte politica se ne occupa il Presidente, che in genere delega un assessore. Facciamo anche parte della macro regione Ionico-Adriatica, capofila la regione Marche. È uno  strumento per spendere i fondi strutturali, raggruppando più regioni con lo stesso interesse come la pesca. Della macro regione fanno parte anche i  Balcani ed è stato proposto di far entrare anche i paesi del Mediterraneo”.
 La spesa dei fondi europei: nonostante la Sicilia abbia fatto passi avanti, risulta lenta. Quali sarebbero secondo lei gli interventi per velocizzarla?
“Innanzitutto il collegamento dei funzionari regionali con l’ufficio di Bruxelles. Purtroppo in passato questo ufficio è stato poco operativo. E purtroppo l’Unione Europea ci commina molte sanzioni perché i progetti andrebbero discussi prima di essere presentati per rispecchiare le richieste della Ue. Tra l’altro qualsiasi accordo internazionale venga fatto e non passa dal ministero degli esteri viene regolarmente bocciato”.

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