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Raffaele Lombardo rischia 10 anni, oggi la sentenza

redazione

Raffaele Lombardo rischia 10 anni, oggi la sentenza

mercoledì 19 Febbraio 2014

L'ex presidente della Regione siciliana è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Il gup, Marina Rizza, dovrà decidere nel pomeriggio anche sulla posizione del fratello Angelo.

Ore decisive per Raffaele Lombardo. È cominciata, nel Palazzo di giustizia di Catania, l’ultima udienza del processo per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio che vede coinvolto l’ex presidente della Regione siciliana.
 
I suoi legali hanno deciso di non aderire allo sciopero ed è iniziata la replica finale della difesa. Il procedimento si celebra a porte chiuse, col rito abbreviato condizionato, davanti al Gup Marina Rizza, che dopo l’intervento del legale, Guido Ziccone, si ritirerà in camera di consiglio.
 
La sentenza è attesa nel pomeriggio. Il gup dovrà decidere anche sulla posizione del fratello dell’ex governatore, l’ex deputato nazionale del Mpa Angelo Lombardo che, imputato per gli stessi reati, ha seguito la via ordinaria: su di lui è pendente una richiesta di rinvio a giudizio.
 
Le due decisioni, sentenza e ordinanza, dovranno essere emesse in contemporanea dal Gup Marina Rizza, che altrimenti diventerebbe incompatibile per avere espresso già una valutazione di merito.
 
L’inchiesta sui fratelli Lombardo è nata da uno stralcio dell’indagine Iblis dei carabinieri del Ros di Catania su presunti rapporti tra Cosa nostra, politica e imprenditori. Per l’ex governatore Raffaele Lombardo, la Procura di Catania, in sede di requisitoria, ha chiesto la condanna a 10 anni reclusione "ritenendo che ci siano elementi solidi per affermare la sua responsabilità nell’avere contribuito all’organizzazione Cosa nostra per circa 10 anni, fino al 2009".
 
L’ex presidente si è sempre proclamato innocente sostenendo di "non avere commesso reati elettorali nè, tanto meno, favorito direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, la mafia", ma anzi di "averla colpita duramente nei suoi interessi con atti concreti".
 

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