Polizia, Carabinieri e GdF esempi silenziosi - QdS

Polizia, Carabinieri e GdF esempi silenziosi

Carlo Alberto Tregua

Polizia, Carabinieri e GdF esempi silenziosi

giovedì 20 Febbraio 2014

Emulare i veri servitori pubblici

Roberto Speciale, Comandante generale della Guardia di Finanza, nel forum con il QdS pubblicato il 14 aprile del 2007 spiegava come l’Arma – che ha, tra gli altri, delicatissimi compiti contro l’evasione, la corruzione e le frodi – lavori con gli uomini e le strutture che ha, senza nulla chiedere allo Stato in termini di risorse maggiori di quanto ne riceva.
Quanto precede mi è stato confermato dal suo successore, Cosimo D’Arrigo nei forum dell’8 marzo 2008 e del 26 settembre 2009 e, in questi decenni, da tutti i comandanti regionali, interregionali e locali della Guardia di Finanza.
Anche i Questori delle nove province siciliane, venuti ai nostri forum, hanno sempre sottolineato con molta pacatezza come il lavoro svolto dalla Polizia sia conforme all’interesse generale, senza clamori e finalizzato all’ottenimento dei massimi risultati.
I Comandanti regionali e provinciali dei Carabinieri, sempre nei nostri forum, hanno ribadito le stesse linee senza enfasi. è nota la sicurezza sociale che infondono i Carabinieri in tutto il territorio, con la loro presenza capillare delle stazioni e delle altre strutture.

Citiamo questi tre esempi di servitori dello Stato che agiscono con efficacia e in silenzio perché vorremmo che tutta l’altra parte della Pubblica amministrazione funzionasse alla stessa maniera e ottenesse gli stessi risultati che ottengono le Forze dell’Ordine. Le quali, non è che ricevano compensi superiori ai colleghi di altre branche amministrative, tutt’altro. Nonostante il loro merito, essi sono penalizzati perché altri, con minori responsabilità e in assenza di risultati, sono pagati di più, in qualche caso molto di più, e lavorano di meno.
L’iniquità dello Stato nei confronti di una parte di veri servitori e di un’altra parte di probabili parassiti è divenuta insopportabile. Non è più possibile che un alto ufficiale della Guardia di Finanza o un Questore o un Comandante dei Carabinieri guadagni molto meno di un commesso dell’Assemblea regionale o di un medio dipendente regionale. Non è più possibile che vengano assegnati stipendi, indennità e prebende di vario tipo senza collegarli tassativamente agli obiettivi da conseguire, verificati puntualmente in base ai risultati ottenuti.
 

Come si può pretendere che i dipendenti pubblici delle tre Armi continuino a lavorare con abnegazione e in silenzio quando tanti altri approfittano della situazione per rubare, in qualche caso, i denari della collettività?
Abbiamo più volte sottolineato come la Pubblica amministrazione, in osservanza del precetto costituzionale (articoli 97 e 98) abbia il dovere, prima etico e poi concreto, di dare ai cittadini più di quanto da essi riceva.
Invece così non è, con macroscopiche differenze nel Sud, in Sicilia in particolare, per cui si manifesta una spesa improduttiva (in quanto non corrispondente ai risultati) che viene pagata da un’imposizione fiscale enorme, con grande sacrificio per tutti i cittadini.
La pesante recessione che ha colpito il nostro Paese, e ancor più la Sicilia, impone una revisione di questi perversi meccanismi. Il modo c’è ed è semplice: trasferire l’organizzazione dei tre Corpi armati in tutto il resto della Pubblica amministrazione.

Se una parte della Pa funziona e costa il giusto, non si vede perché tutta l’altra parte non debba adeguarsi a meccanismi virtuosi che tengano il filo fra servizi e compensi. Non ci si può più permettere di sprecare soldi che non ci sono, mentre il recupero delle risorse improduttive è indispensabile per mettere in moto l’economia e creare ricchezza imponibile e lavoro (non solo posti di lavoro).
Tutte le diatribe e i balletti della vecchia politica non hanno più dimora. I vecchi partiti stanno crollando sotto l’ariete del M5S, che avrà sempre più successo se quei cadaveri ambulanti continueranno a comportarsi come se nulla fosse.
Non si può, però, tacere la grande responsabilità che ha la Classe dirigente italiana sana, non quella collusa che corrompe e si fa corrompere. La Classe dirigente sana deve onorare la sua funzione sociale, che è quella di dare esempio di pulizia, trasparenza ed efficacia, non di alzare la voce contro chi non fa il proprio dovere.
Le parole sono ormai inutili: occorrono esempi e comportamenti  che non hanno bisogno di propaganda e di dannosa comunicazione.

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