Sicilia, la vergogna di essere sottosviluppati - QdS

Sicilia, la vergogna di essere sottosviluppati

Carlo Alberto Tregua

Sicilia, la vergogna di essere sottosviluppati

giovedì 06 Marzo 2014

Fondi Ue per uno shock all’economia

La Regione e i Comuni, nonché altri Enti, hanno la gravissima responsabilità di non avere speso, nel settennio 2007/2013, 9,3 miliardi euro di Fondi europei, secondo la certificazione della Regione al 31/12/2013. La stessa cifra può essere spesa entro due anni, cioè 2014/2015. Nel corrente settennio, 2014/2020, dovrebbero essere a disposizione della Sicilia altri 14 miliardi.
Con più di 23 miliardi immessi sul mercato, in oltre tre miliardi l’anno, l’economia della Sicilia potrebbe ricevere una sferzata shock, con la messa in moto di circa 140 mila posti di lavoro (seimila per ogni miliardo effettivamente speso).
Oltre al fiume di denaro da immettere nel mercato siciliano, bisogna operare perché la spesa sia della migliore qualità possibile, ovvero non divisa in dieci o ventimila rigagnoli, ma concentrata in qualche decina di autostrade.
L’elenco dei contributi europei distribuiti a pioggia in Sicilia si è diviso in oltre 75 mila coriandoli, scrivono Stella e Rizzo nel loro Se muore il Sud: “per bar, calzolerie, locande, piastrellisti, focaccerie e carrozzieri. Perfino 3.264 euro all’agenzia funebre di Centineo Carmelo a Gangi (Pa)”.

Bisogna smetterla di utilizzare i Fondi europei per pagare stipendi. Non è questa la loro funzione, né la loro destinazione. Gli stipendi degli addetti ai lavori devono essere pagati se l’Ente o l’impresa con cui lavorano i dipendenti sta realizzando infrastrutture o servizi che producono ricchezza.
 Quindi, non più becero assistenzialismo conseguente alla vecchia e pessima abitudine di un ceto politico che ha fondato il suo successo sul favore e non su progetti che producano risultati.
Molti cantano vittoria perché la nostra regione è ancora considerata sottosviluppata, e per ciò stesso continua a ricevere i Fondi europei. Non si rendono conto che questo fatto è l’ammissione di una sconfitta delle generazioni di questo settantennio del dopoguerra, con una colpa ben maggiore di tutta la Classe dirigente isolana che, in parte, si è venduta al ceto politico-burocratico, mentre l’altra parte, maggioritaria, ha chiuso occhi, bocca e orecchie, divenendo connivente dello sfacelo isolano.

 
Basta diagnosticare la grave malattia di cui è permeata l’Isola: ci vogliono cure rigorose, da cavallo, per ribaltare la situazione, divenuta insostenibile, soprattutto per vaste fasce della popolazione che non possono espatriare, non hanno le competenze per inventarsi un lavoro innovativo e non trovano più un lavoro tradizionale.
La cura da cavallo è nei fatti: occorre progettare e realizzare a tempo di record infrastrutture nella logistica e nei trasporti, ferroviari e autostradali. Bisogna costringere la Regione e i sindaci a programmare, in questo 2014, un calendario intensissimo di eventi in tutti i 390 comuni per attirare milioni di turisti.
Qualche sera fa ero a Taormina e mi si è stretto il cuore nel vedere quasi tutti gli alberghi, ristoranti e trattorie chiusi, pochissima gente per le strade e i negozi del corso principale vuoti.
Qualche mese fa ero in Umbria, ove in tutte quelle città circolavano centinaia e centinaia di persone, con locali pieni. Perché? Perché tutte le città di quella Regione si sono unite e realizzano eventi per 365 giorni nell’anno.

Quella parte dei 390 sindaci che non fa nulla per attrarre turisti, perfino gli stessi siciliani che si sposterebbero da una città all’altra, dovrebbe essere mandata a casa a calci nel sedere. E non dicano che non hanno risorse: quelle che hanno le utilizzano male, per pagare stipendi di una macchina burocratica che non funziona e che ostruisce ogni processo di crescita.
Abbiamo più volte pubblicato le pagine in cui è scritto come reperire risorse e come utilizzarle bene per far crescere il Pil di ogni città. Soprattutto la Regione dovrebbe dare l’esempio e l’indirizzo di come far crescere il Pil, ma il suo presidente (che non è il nostro) di tutto si occupa tranne che di come creare ricchezza e occupazione.
Forse non lo sa fare perché non ne è capace o, forse, nella sua mente, le luci della crescita e dello sviluppo sono spente. In ogni caso, sta proseguendo sulla linea dei disastri istituita dal non beneamato Salvatore Cuffaro e proseguita dall’altrettanto poco beneamato Raffaele Lombardo. Prosit (!)

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