Regione, abrogato lo Statuto dei privilegi - QdS

Regione, abrogato lo Statuto dei privilegi

Carlo Alberto Tregua

Regione, abrogato lo Statuto dei privilegi

giovedì 20 Marzo 2014

Approvare il Ddl costituzionale

Quando i padri costituenti inserirono nella Costituzione, senza cambiare una virgola, lo Statuto della Regione Siciliana, approvato prima, non potevano immaginare che nei successivi 70 anni avrebbe avuto due gravissimi peccati: il primo, consistente nella sua modesta applicazione; il secondo, che quella parte attuata servisse non ai siciliani ma a un ceto politico e burocratico per crearsi e mantenere una serie di inauditi privilegi.
Non è stata mai fatta funzionare l’Alta Corte (art. 24) che, in Sicilia, avrebbe dovuto sostituire la Corte costituzionale; non è mai stata sciolta l’Assemblea regionale per persistente violazione del presente Statuto (art. 8), non perché non si siano verificate le condizioni, ma per torbidi intrecci politici; il presidente non ha mai governato la Polizia di Stato (art. 31), i beni dello Stato assegnati alla Regione sono stati trasferiti in questi ultimi decenni (art. 33).

Non è stato mai applicato l’art. 37, che obbligava le imprese industriali e commerciali con sede centrale fuori dal territorio della regione, ma che in essa hanno stabilimenti e impianti, ad attribuire la quota di reddito alla Sicilia. Solo in quest’ultimo periodo vi è stato il Dl 35/13 per dirimere la questione, ma dopo quasi 70 anni non è ancora stato attuato.
Non è stata mai  versata dallo Stato una somma a titolo di solidarietà nazionale (art. 38) che serviva a bilanciare il minor ammontare dei redditi di lavoro nella regione, in confronto alla media nazionale.
A fronte di questi importanti inadempimenti che hanno danneggiato fortemente i siciliani, il ceto politico regionale ha votato una serie di leggi a proprio favore e a favore della burocrazia, dirigenti e dipendenti. Vediamole.
In primo luogo, la famigerata legge 44/65 con la quale i consiglieri-deputati regionali si sono equiparati ai senatori, non già perché avessero la stessa funzione, ma perché così potevano godere di tutte le prebende dei parlamentari nazionali. Non contenti di questo scempio, hanno equiparato il contratto di lavoro dei circa 240 dipendenti dell’Ars a quelli del Senato. Risultato: l’Assemblea costa 163 mln € contro 65 mln € del Consiglio della Lombardia.
 

La Regione ha assunto una quantità di dipendenti sproporzionata al fabbisogno dei servizi. Oggi si valuta che vi sia un esubero di circa 10 mila unità su 20 mila a libro paga, anche tenuto conto che la Lombardia, pur amministrando 10 mln di cittadini anziché 5 milioni come quelli della Sicilia, ha messo a libro paga solo 3 mila dipendenti, di cui 200 dirigenti contro i 1.800 della nostra Regione.
Non solo, ma ha consentito che dirigenti e dipendenti avessero un contratto speciale che comporta introiti superiori di un terzo di quelli degli statali o degli altri regionali.
Non basta. Ha stabilito, sempre per legge, che dirigenti e dipendenti regionali potessero andare in pensione con periodi di cosiddetto lavoro molto corti e con liquidazioni di fine rapporto molto più elevate di quelle dei loro colleghi statali.

Il segretario dell’Assemblea regionale, quando va in pensione, percepisce un milione e mezzo di liquidazione e oltre 300 mila € all’anno di pensione. Un dirigente regionale percepisce tra 100 e 200 mila € all’anno, il doppio di qualunque suo collega regionale d’Italia.
Vi è poi un’anomalia acuta, su cui stiamo svolgendo un’inchiesta di prossima pubblicazione: la Regione è evasore di contributi previdenziali e, contemporaneamente, si appropria indebitamente dei contributi che trattiene ai propri dipendenti e non versa all’ente previdenziale. Non sappiamo se si tratti di due reati, ma li segnaliamo alla Procura della Repubblica di Palermo e al procuratore regionale della Corte dei Conti, perché li accertino.
La Regione ha creato partecipate che non servivano, in modo da avere contenitori entro cui inserire migliaia di raccomandati. Ci fermiamo, riservandoci di fare un successivo elenco.
A fronte di quanto descritto, i siciliani chiedono a gran voce che lo Statuto speciale, servito solo per creare privilegi, venga abrogato e sostituito da uno ordinario, approfittando della riforma costituzionale che il Parlamento si appresta a discutere. Al riguardo, vi è il Ddl n. 574, depositato in Senato il 24 aprile 2013. Va approvato.

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