Sprechi regionali, Sicilia al primo posto - QdS

Sprechi regionali, Sicilia al primo posto

Antonio Leo

Sprechi regionali, Sicilia al primo posto

venerdì 21 Marzo 2014

Rapporto Confcommercio su dati Istat: nell'Isola le spese regionali in eccesso ammontano a quasi 14 miliardi di euro, mentre in Lombardia stanno a zero. Ciononostante i servizi di cui godono i siciliani sono inferiori del 60% a quelli dei lombardi

Siamo i primi! Finalmente la Sicilia, da sempre in fondo a tutte le statistiche, si piazza alla posizione numero uno della speciale classifica stilata dall’Ufficio studi della Confcommercio su dati Istat. In cosa “eccelle” la nostra regione? Suvvia, che domande. Naturalmente nella quantità di spesa regionale in eccesso. Fermiamo subito l’ironia: perché, secondo le stime dei commercianti, il surplus dell’elefantiaco apparato pubblico nostrano costa la bellezza di 13,8 miliardi di euro. A stretto giro – ma si fa per dire visto che parliamo di miliardi e non di pochi spiccioli – seguono il Lazio con 11,1 miliardi in più e la Campania (sfora di 10,7 miliardi). Proprio in queste tre regioni si concentra il 43,3% delle inefficienze delle spese regionali.
 
All’opposto la Lombardia, in cui le chiacchiere stanno a zero così come gli sprechi: neanche un soldo è stato buttato, sempre secondo le stime di Confcommercio. Si avvicina alla regione lumbard, la Valle D’Aosta, dove lo spreco è stato quantificato in “soli” 700 milioni di euro (e questi sì che sembrano bruscolini rispetto a quella grassona della Trinacria).
 
Fa rabbia pensare, poi, che per pagare i suoi debiti con le imprese, la Regione siciliana intenda accendere un mutuo da 1 miliardo, da garantire attraverso il congelamento per trent’anni delle addizionali regionali all’Irpef e all’Irap (tra le più alte d’Italia). Basterebbe soltanto iniziare a tagliare, e sul QdS (leggi qui) abbiamo elencato dove è possibile recuperare subito 3,2 miliardi. Dai consiglieri comunali abusivi fino ai costi inutili della Sanità, dalla Formazione improduttiva ai privilegi dei pensionati regionali: hai voglia di rivedere e risparmiare, senza chiedere un soldo alle aziende, riducendo anzi le tasse e facendo così ripartire lo sviluppo. Confcommercio lo va ripetendo da mesi, così come anche Confindustria (negli ultimi giorni Antonello Montante, leader degli industriali siculi, deve aver perso la voce a furia di strillare “revisione della spesa”, “spending review”, “anche da noi un Cottarelli”).
 
Secondo il Rapporto presentato dai commercianti alla giornata di apertura del tradizionale Forum di Cernobbio, se tutte le Regioni – Isola in testa – iniziassero seriamente a rivedere le spese sciocche sarebbe possibile risparmiare ogni anno almeno 82 miliardi e 300 milioni di euro (cioè 8 volte il valore del RenzAct, il piano previsto da Matteo Renzi per far ripartire il Paese).
 
Per raggiungere questo obiettivo – spiega Confcommercio – “basterebbe applicare a ognuna delle 20 regioni italiane i parametri di spesa adottati in Lombardia, regione più ‘virtuosa’ dello Stivale”.
 
I numeri, d’altro canto, non mentono: ogni cittadino lombardo costa al Pirellone 3.900 euro in servizi pubblici. La media italiana, invece, è di 4.500 euro a testa. Ma ci sono casi estremi come quello della Valle d’Aosta, Regione che ogni anno spende quasi 9.200 euro per ciascun suo cittadino e che perciò rientra nella ‘fascia alta’, occupata prevalentemente dalle aree del Mezzogiorno. Ma il caso valdostano non inganni: in generale, conta la dimensione. Lo studio, infatti, evidenzia come “più cresce la popolazione servita e più scende la spesa pro capite, a dimostrare che la produzione dei servizi pubblici si giova di economie di scala”.
 
Altro dato che emerge, ma ce l’aspettavamo, è il costo delle Autonomie, utilizzate spesso e volentieri per difendere atavici privilegi che come mezzo per autodeterminare il proprio sviluppo. “Le Regioni a statuto speciale – si legge nel rapporto – registrano livelli di spesa superiori a quelle a statuto ordinario”.
 
In Sicilia, la Regione spende oltre 5.000 euro a cranio, ma questo non vuol dire che i servizi dei cittadini siciliani siano migliori. “Il costo che sostiene un cittadino siculo per inefficienze varie è pari a 5.072 euro meno 1.526 euro, cioè 3.546 euro”, continua ancora il report dei commercianti. Più spesa, infatti, non equivale necessariamente a migliori servizi. Anzi, il più delle volte è vero il contrario. Calabresi e siciliani usufruiscono di servizi inferiori di oltre il 60% rispetto ai connazionali lombardi. Che sembrano sempre più abitare in un altro Paese.

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