Mandare in Europa candidati forti - QdS

Mandare in Europa candidati forti

Carlo Alberto Tregua

Mandare in Europa candidati forti

martedì 25 Marzo 2014

No a dinosauri, relitti e trombati

Il Parlamento europeo, che scade il prossimo 24 maggio, ha una delegazione italiana, formata da 73 parlamentari, mediamente incapaci e inefficienti. Anche nel 2009 i partiti l’hanno considerato un cimitero di dinosauri, inviandovi relitti e trombati. Ne citiamo due: De Mita e Mastella.
Vero è che il Parlamento europeo ha ancora scarsi poteri, ma via via essi aumentano. Questo perché il Consiglio d’Europa, formato dai ventotto capi di Stato e di Governo, è la sede in cui si prendono decisioni importanti.
L’Europa non è ancora una vera Unione di Stati, molti dei quali, ben undici, non hanno neanche ritenuto opportuno partecipare alla moneta comune, anche perché non avevano i requisiti necessari. Ma la Gran Bretagna, che invece li aveva, si è mantenuta fuori dall’Euro e non per questo la Sterlina ha avuto ripercussioni negative.

L’ex Impero britannico – ma ricordiamo che ancora la Regina rappresenta il Commonwealth – ha problemi interni con la forte richiesta d’indipendenza della Scozia. Però, sul mercato internazionale, è vivo e vegeto in quanto ha attuato le profonde riforme dell’era dell’Iron lady, Margaret Thatcher, proseguite con determinazione dall’altro grande dei nostri tempi, Tony Blair, che ha continuato a smontare le corporazioni ed eliminare le incrostazioni che avevano fermato quel Paese.
Dunque, il nuovo Parlamento europeo, che eleggeremo il prossimo 25 maggio, avrà maggiori poteri e proprio per questo è indispensabile eleggere i parlamenteri italiani nelle persone del massimo livello possibile.
Chi va a Bruxelles e Strasburgo deve avere competenze, parlare correntemente almeno due lingue, conoscere direttive e regolamenti, sapere anche i perversi meccanismi della burocrazia e della tecnocrazia europea, che detengono un potere superiore ai loro compiti.
Il nostro giovane primo ministro, Matteo Renzi, l’ha detto con chiarezza: “A Bruxelles mandare i migliori candidati, forti e preparati”. Perché il prossimo quinquennio costituisca una svolta che deve coniugare in eguale maniera il rigore della tenuta dei conti dei ventotto e il massimo utilizzo delle risorse per promuovere sviluppo e occupazione.

 
La struttura politico-burocratica europea costa molto e anche lì bisogna proporre una Revisione della spesa. Per esempio, è ancora dispersivo e anacronistico che esista il Parlamento a Strasburgo, con la conseguenza di dover pagare un alto costo al pendolarismo con Bruxelles per lo   spostamento di burocrati e politici, scollegamento fra Parlamento,  Commissione e Consiglio d’Europa.
L’Unione deve darsi una politica unitaria, che decida di uniformare i sistemi economici, finanziari, fiscali, contrattualistici, per rendere effettiva la libera circolazione di persone e cose e, quindi, aumentare la concorrenza e la competizione in economia, fra le imprese e nelle professioni.
L’Europa, con i suoi quasi 500 milioni di abitanti, dovrebbe diventare il terzo polo economico, dopo Stati Uniti e Cina, ma finché al suo interno vi è questa grande disomogeneità non avrà alcuna possibilità di competere con i due colossi, occidentale e orientale.

Per fare crescere l’Unione ci vogliono parlamentari di grande spessore e di grande capacità. Da parte dell’Italia non è più consentito avere un ruolo trainato, mentre deve necessariamente ritornare a quello trainante, non dimenticando che il nostro Paese è stato socio fondatore del trattato firmato a Roma, correva l’anno 1957, con un protagonista di grande prestigio e abilità: il ministro liberale Gaetano Martino.
Un Europa forte, che riduca le spese del proprio apparato e che consenta alla propria banca (Bce) di operare con maggiore elasticità a tutela della moneta e dell’inflazione, può porsi traguardi non vicini di competitività a livello mondiale.
Non è più possibile che nella World trade organization (Wto) i ventotto Stati partecipino singolarmente. Non è più possibile che alla Nato vi siano le singole presenze. Non è più possibile che all’Onu ognuno parli con la propria voce e non vi sia la presenza nel Consiglio di sicurezza, che detiene il potere di veto, anche in seguito agli accordi di Yalta (febbraio 1945).

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