Regione, pensioni ricalcolate col contributivo - QdS

Regione, pensioni ricalcolate col contributivo

Carlo Alberto Tregua

Regione, pensioni ricalcolate col contributivo

sabato 29 Marzo 2014

Evasione previdenziale e appropriazione

La Regione spende, ogni anno, 600 milioni per pagare gli assegni pensionistici ai propri dipendenti che nel corso del periodo lavorativo hanno versato metà dei contributi proporzionali alle pensioni che percepiscono. Ciò per due motivi: il primo perché il periodo lavorativo è stato sempre corto, tanto che quasi nessun pensionato regionale è stato in servizio per quarant’anni; il secondo riguarda il metodo di calcolo, che è stato quasi sempre retributivo e non contributivo.
Risultato: i contribuenti siciliani, gravati dalle aliquote massime di Irap, Ires e Irpef hanno pagato, e continuano a pagare, giorno dopo giorno, circa il 50 per cento delle pensioni dei dipendenti regionali.
Se questa situazione prima si poteva tollerare, oggi va rifiutata in blocco. I pensionati regionali non hanno diritti acquisiti, ma privilegi acquisiti. Ed è ora che tali privilegi vengano tagliati dalla revisione della spesa, per evitare il fallimento legale, oltre che tecnico della Regione.

La Corte dei Conti, nella sua puntuale relazione al Rendiconto 2012 – si attende quella di giugno per il 2013 – ha precisato che la spesa previdenziale è articolata in due gestioni, secondo la legge 6/09. La prima riguarda i dipendenti già in servizio al 9 maggio 1986 (legge 21/86) per i quali si applica la lr 2/62; la seconda concerne il personale assunto in data successiva.
Per la prima gestione, la Regione paga direttamente a 15.871 pensionati ben 592 milioni; a quelli della seconda, che sono 378, ha versato i contributi al Fondo che eroga pensioni per 8,3 milioni. Ci vorranno sedici anni perchè il Fondo pensioni divenga autonomo.
Non si capisce perché la Regione abbia sentito la necessità di crearsi un Fondo autonomo anzicchè fare una convenzione con l’Inps, nel quale è confluito l’Inpdap, per la gestione dei pensionati regionali – come tra l’altro previsto nella lr 2/02, abrogata con lr 6/09 -, in modo da evitare un costo che, fra dirigenti, Cda, personale, affitti, rimborsi, assicurazioni e altro, ammonta a svariati milioni di euro, forse 5.
Ora che non ci sono più soldi, la Regione, e per essa il suo presidente, ha l’obbligo etico di proporre all’Ars un ddl per la revisione del calcolo delle pensioni.

 
Occorre fare in modo che i pensionati regionali percepiscano quanto i loro colleghi regionali e statali.
Naturalmente i sindacati conservatori difenderebbero ad oltranza i c.d. diritti acquisiti, dimenticando che invece si tratta, ripetiamo, di privilegi acquisiti che vanno eliminati.
Identico procedimento andrebbe messo in atto per dirigenti e dipendenti dell’Assemblea regionale siciliana, che con la loro aurea pensione continuano a succhiare il sangue dei contribuenti siciliani, senza averne alcun merito nè alcun titolo.
In questa anomala situazione, creata da un ceto politico irresponsabile in questi settant’anni del dopoguerra, la Regione, ripetiamo tecnicamente fallita, (perché espone in bilancio crediti per 7,5 miliardi che la Corte dei Conti ha dichiarato parzialmente inesigibili) deve rivedere la questione pensionistica. In atto si può considerare che evada i contributi previdenziali, in quanto non li versa ad alcuno. Inoltre, si appropria dei contributi trattenuti ai dipendenti, non versandoli.

Con questo comportamento omissivo la Regione potrebbe essere accusata di appropriazione indebita, anche se vi sono leggi regionali che coprono questo scempio .
È proprio la serie di coperture dei privilegi che hanno portato la Sicilia al disastro, dal quale non si intravede la via d’uscita. Luca Bianchi si è dimesso da assessore all’Economia perché non ne poteva più di parti e controparti che tiravano il lenzuolo da ogni lato. Parti e controparti irresponsabili che non si rendono conto come la situazione finanziaria della Regione sia a un punto di non ritorno.
Sembra ormai ineludibile il ricorso all’articolo 8 dello Statuto, quello Statuto che ha consentito la nascita ed il mantenimento di tanti privilegi, con il conseguente commissariamento ed indizione di nuove elezioni entro tre mesi.

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