Mafia in economia, Palermo capitale - QdS

Mafia in economia, Palermo capitale

Rosario Battiato

Mafia in economia, Palermo capitale

martedì 15 Aprile 2014

I dati dell'Osservatorio economico e dell'Istituto Tagliacarne di Roma svelano una crescita medio-alta dei fenomeni criminali. Trapani è l’altro grande centro isolano che ospita la maggiore incidenza a livello provinciale

PALERMO – Palermo e Trapani sono le aree di Sicilia più friabili alla penetrazione della criminalità organizzata nell’economia. Lo rivela una relazione dell’Osservatorio economico della provincia di Palermo in collaborazione con l’Istituto Tagliacarne di Roma. Il capoluogo resta anche uno dei pochi centri d’Italia a non far registrare contrazioni del fenomeno malavitoso.
Per comprendere appieno il processo di diffusione della criminalità organizzata è stata condotta un’analisi dinamica tra due anni di osservazione (2010 – 2012). “Palermo si segnala – si legge nel report – per un aumento dei reati criminali, insieme alle provincie di Trapani e Messina che insistono sulla stessa direttrice di espansione nazionale. Nello specifico, Palermo si classifica come un territorio ad elevata intensità criminale ed una crescita medio-alta del fenomeno. Al contrario, a Bari, Catanzaro e Napoli, si assiste ad una flessione del fenomeno”.
La predilezione del capoluogo non è casuale. Il rapporto sottolinea gli elementi di fragilità che rendono la provincia terreno fertile per la criminalità che si distingue “per l’esercizio (di tipo militare) di un diffuso e capillare controllo delle attività economiche, politiche e amministrative, sviluppando contiguità con le imprese, le forze dell’ordine, la classe dirigente, i professionisti".
 
A sostenere questi tesi ci sono le analisi dei rapporti della Direzione Nazionale Antimafia, della Direzione Investiga Antimafia e della Corte di Appello di Palermo, in cui viene illustrata la geografia criminale del territorio, l’articolazione dei mandamenti, delle famiglie e l’elencazione dei personaggi di spicco di Cosa nostra. “Nonostante gli importanti successi ottenuti dalle Forze dell’ordine e dalla Magistratura, – si legge – negli ultimi anni le forme e le caratteristiche di penetrazione mafiosa si sono evolute. In particolare, sono diventati molto più opachi e porosi i confini tra le relazioni legali e quelle illegali”.
Questa tendenza, che non pare intenzionata a cedere, è percepita proprio da chi sta quotidianamente sul campo. Il sondaggio effettuato ha coinvolto circa 500 imprese che operano nella provincia di Palermo. Per 4 imprenditori su 5 la relazione mafia – imprese ha inquinato le dinamiche di crescita socio – economiche. I dati sono molto significativi: per l’86% il connubio tra mafia e politica ha alterato lo sviluppo del territorio della provincia di Palermo.
 
E sono proprio le organizzazioni criminali, secondo gli intervistati, a incidere sul pil provinciale per quasi l’11%, mentre una stima degli imprenditori valuta in 9,5% il “contributo” illegale al prodotto interno lordo della provincia. I settori maggiormente interessati dalle interferenze mafiose sono quelli delle costruzioni (77,8%), lavori pubblici (65,2%), commercio (22,4). Non c’è solo la criminalità tradizionale a mettere i bastoni sulle ruote alle imprese: due su tre sottolineano l’incidenza di estorsione e usura, ma non possono tacere nemmeno la "potenziale responsabilità di una pubblica amministrazione che paga in forte ritardo i propri debiti alle imprese". Inoltre, secondo il 44,8% del campione, la criminalità organizzata aumenta la concorrenza sleale. Un imprenditore su 3, cioè il 34,6%, attribuisce alla criminalità la mancata crescita dell’occupazione.
Per superare questa fase gli imprenditori hanno delle soluzioni. Gli assi su cui agire rigurdano la dotazione infrastrutturale, l’apertura ai mercati internazionali, l’offerta turistica, una maggiore integrazione delle filiere locali, le politiche per l’occupazione, soprattutto giovanile, le energie alternative e la semplificazione della burocrazia. Tuttavia, la condizione essenziale per rendere l’ambiente economico più produttivo, spiegano gli imprenditori, è l’affermarsi di una cultura della legalità tra le imprese e la società.

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