“Rivolta fiscale” è il grido della Repubblica Veneta - QdS

“Rivolta fiscale” è il grido della Repubblica Veneta

Serena Giovanna Grasso

“Rivolta fiscale” è il grido della Repubblica Veneta

giovedì 24 Aprile 2014

Secondo i secessionisti il pagamento delle tasse a Roma alimenta i privilegi

VENEZIA – Ed eccoci qui giunti al terzo step perpetuato dal movimento secessionista veneto: la rivolta fiscale. Ricordiamo come tutto abbia trovato propria origine nel referendum popolare tenutosi tra il 16 e il 21 marzo 2014, il cui esito ha decretato con maggioranza assoluta il riconoscimento della Repubblica Veneta. Consequenzialmente, l’indipendentismo ha trovato la propria evoluzione nella proclamazione della Delegazione dei dieci, incaricati di gestire il periodo di transizione verso la presa di sovranità della Repubblica Veneta. Fino a sfociare nella campagna che richiede di non pagare più le tasse a Roma.
Di ordine morale sono le motivazioni che spingono ad una scelta tanto drastica. Infatti, i secessionisti vedono nel pagamento delle tasse il nutrimento di privilegi, pensioni, stipendi e rimborsi d’oro. Ma non è tutto. Infatti, vedono nello Stato un ente ingiusto ed immorale che sfrutta la legalità per brutalizzare il popolo veneto, portando irreparabilmente giustizia e legalità a non coincidere più. Dunque, terrore ed intimidazione sono i valori che i secessionisti vedono alla base dello Stato, valori di cui si serve per far pagare le tasse, innescando sentimenti di paura e timore al posto di quelli democratici che normalmente dovrebbero regnare.
Questi ed altri ancora sono i punti toccati dal manifesto secessionista al fine di lanciare la rivolta fiscale. Altri punti come quello che vede nello Stato italiano l’ente che non ha i soldi per pagare le pensioni e di conseguenza, per adempiere a tale dovere, ruba i contributi ai lavoratori. E ancora l’ente che ha stampato titoli di stato senza alcuna copertura reale e adopera le tasse per pagare gli interessi alle banche anziché erogare servizi.
In definitiva lo Stato è un ente immorale, ma che in più possiede delle falle che la “Repubblica Veneta” può sfruttare per dare il via alla rivolta fiscale. Infatti, ipotizziamo il mancato pagamento dell’Imu. Il 16 giugno si paga l’acconto per il 2014, mentre il 16 dicembre il saldo per lo stesso anno. Nel caso in cui i veneti decidessero di esentarsi dal pagamento, l’avviso di accertamento da parte del Comune accompagnato dalla sanzione del 30% e dell’interesse di circa il 3% annuo arriverà solo dopo due o tre anni, quindi tra il dicembre 2016 e il dicembre 2017.
Qualora si reiteri il mancato pagamento non si potrà fare altro che attendere la cartella esattoriale da parte di Equitalia, che arriverà dopo un altro anno ancora, quindi i tempi continueranno ad allungarsi fino a dicembre 2017 o 2018. A questo punto il contribuente potrà richiedere la rateizzazione dell’intera cartella in un massimo di 72 rate mensili, contribuendo ancora a diluire i tempi già evidentemente lunghi. Naturalmente sarà possibile avviare lo stesso processo per ogni singola imposta, che si tratti di Irpef, Irap, Ires, Iva, Inps, Inail o qualsiasi altra imposta anche se non menzionata. Dunque, questo è il criterio adottato per sfruttare tutte le pieghe dell’infernale burocrazia erariale al fine di evitare di mandare soldi a Roma.
A tal proposito, a dir poco incisive risultano le affermazioni rilasciate dal leader dei secessionisti, Gianluca Busato, il quale ha dichiarato: “Solo con la libertà economica e fiscale il Veneto può rafforzare la sua piena indipendenza. Il metodo ‘anti-tasse’ redatto è del tutto regolare, tutto secondo le pieghe delle leggi italiote, non temiamo contenziosi perché saranno azioni legittime. Applichiamo la tattica di Sun Tsu, colpiremo il nemico con le stesse armi con cui vuole ridurci in schiavitù. Tra ravvedimenti operosi, pagamenti differiti, rateizzazioni e altre scorciatoie, esistono vari modi per attuare la nostra esenzione fiscale”.

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