Nascita-mortalità imprese: saldo negativo in tutta Italia - QdS

Nascita-mortalità imprese: saldo negativo in tutta Italia

Serena Giovanna Grasso

Nascita-mortalità imprese: saldo negativo in tutta Italia

martedì 06 Maggio 2014

Movimprese fotografa l’ecatombe aziendale e le nuove arrancano nel primo trimestre del 2014. Sicilia a -0,22%, Emilia-Romagna record a -1,17. Lazio virtuoso a +0,01%

PALERMO – Come dire che la lingua batte dove il dente duole. La crisi continua a fare sentire il proprio peso ed anche le imprese appaiono come soffocate da un tale aggravio. È esattamente questo il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell’anno fotografati attraverso Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta per Unioncamere da InfoCamere – la società di sistema delle Camere di Commercio italiane.
A dir poco allarmante appare la situazione: tutte le regioni registrano un numero più alto di imprese cessate rispetto a quello di nuove iscrizioni. In questo contesto la Sicilia registra uno dei tassi di crescita meno negativi d’Italia pari a -0,22%. Un tasso di crescita “record” è quello registrato dal Lazio con un incremento pari solo allo 0,01%, segue il Trentino Alto Adige con il -0,14% e la Lombardia con lo 0,15% in meno. Tornando alla Sicilia, nei primi tre mesi del 2014 ha contato 8.700 nuove iscrizioni e 9.733 cessazioni per un saldo negativo pari a -1.033 e un tasso di crescita pari al -0,58% in meno rispetto allo stesso periodo del 2013.
Il saldo maggiormente negativo dal punto di vista numerico è quello registrato dal Piemonte che chiude il primo trimestre dell’anno con -3.564 imprese (saldo che deriva dalle 8.786 nuove iscrizioni e 12.350 cessazioni), con un tasso di crescita pari a -0,78%. Ma dal punto di vista percentuale è il tasso di crescita dell’Emilia Romagna a destare molte più preoccupazioni poiché è questo a risentire in misura maggiore dell’enorme baratro che divide le imprese nuove iscritte da quelle cessate: al 31 marzo 2014 il tasso di crescita si è attestato al -1,17%, con un saldo che ha chiuso in negativo con -1.257 imprese (sono state 1.895 le nuove iscritte e 3.152 le cessate).
 
Bisogna ad ogni modo specificare come in parte il seguente bilancio negativo derivi dall’accumularsi di cessazioni contabilizzate a gennaio ma riferibili in realtà agli ultimi giorni dell’anno precedente, cosicché i registri camerali rilevano queste chiusure con il bilancio del primo trimestre dell’anno. Allargando l’obiettivo della nostra fotografia alle quattro grandi circoscrizioni territoriali, è facile rilevare come è proprio il Sud e le Isole ad incassare il saldo maggiormente negativo: infatti, a fronte delle 37.127 iscrizioni, sono state ben 45.697 le cessazioni per un saldo pari a -8.570. La consistenza di tale perdita si può benissimo evincere al pensiero che quel -8.570 costituisce il 35% di tutto il saldo.
A seguire nella graduatoria che analizza la situazione delle singole aree geografiche troviamo il Nord-Est con il suo saldo pari a -6.933 con 22.058 iscrizioni e 28.991 cessazioni. Mentre è il centro a registrare la situazione più “florida” con il suo saldo seppur ancora una volta negativo più contenuto: -2.960 ottenuto dalla differenza tra le 25.469 iscrizioni e le 28.429 cessazioni.
 
In definitiva alla fine del terzo trimestre sono state circa 24 mila le imprese a mancare all’appello, contro le 31 mila del primo trimestre 2013, quindi si tratta di un lieve miglioramento sebbene i risultati tendano ancora a conservare quell’accezione negativa. Nonostante il calo delle iscrizioni (circa 3 mila in meno rispetto al trimestre dell’anno scorso), è stato possibile pervenire ad un tale risultato grazie al netto ridimensionamento delle cessazioni (circa 10 mila in meno).
 
“La riduzione delle chiusure è un segnale positivo, le imprese cominciano ad avvertire che il vento dell’economia sta cambiando e cercano di restare aggrappate al mercato per cogliere le opportunità di rilancio dei consumi” ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “È evidente, però, che l’incertezza del quadro complessivo resta elevata e induce ancora tanti italiani a rimandare i loro progetti imprenditoriali. I provvedimenti economici in via di definizione devono sgombrare il campo da questa incertezza e restituire fiducia a chi vuole scommettere sull’impresa. Le riforme allo studio non solo devono essere fatte con urgenza, ma devono essere fatte bene e per durare. Agli imprenditori di oggi e di domani, più che gli incentivi, servono norme più stabili e più semplici. Solo così si torna ad avere fiducia e dunque a investire, a creare occupazione e a crescere”.
Rimandiamo a domani l’analisi dei fallimenti delle imprese.
 

 
L’artigianato conta 2.547 cessazioni nell’Isola
 
PALERMO – Naturalmente medesimo è il profilo che si prospetta per le imprese di tipo artigiano. Al primo trimestre 2014 la Sicilia ha contato l’iscrizione di 1.196 nuove imprese artigiane, ma anche la cessazione di ben 2.547 per un saldo che chiude con un negativo pari a -1.351, il cui tasso di crescita se rapportato allo stesso periodo dell’anno precedente è stato pari al -1,49%. Non c’è da stupirsi come anche in questo caso la situazione si distribuisca in modo fin troppo omogeneo: infatti non c’è una regione che abbia chiuso con dei rialzi.
 La regione “più virtuosa” è stata la Campania, con un tasso di crescita pari a – 0,34% rispetto allo stesso periodo 2013 risultato dell’iscrizione di 1.093 imprese (appena un centinaio meno che in Sicilia) e cessazione di 2.291, valore ben al di sotto rispetto a quello dell’Isola. Mentre è la Toscana la regione ad aver fatto registrare il tasso di crescita maggiormente negativo (-1,84%) frutto di 2.738 iscrizioni e 3.886 cessazioni. In definitiva possiamo affermare come la Sicilia si collochi quanto più in una posizione intermedia, esattamente in linea rispetto al tasso medio di crescita italiano pari a -1,47% (ricordiamo che quello siciliano è  pari a -1,49%). Badando alla situazione prospettata dalle grandi circoscrizioni territoriali è anche in questo caso il Sud con Isole comprese a fare da fanalino di coda con un saldo negativo pari a -6.040 imprese artigiane mentre al Nord il saldo pur sempre negativo è pari circa alle -3.000 unità, dunque un valore esattamente dimezzato.

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