Elogio dell’ozio come elogio della virtù - QdS

Elogio dell’ozio come elogio della virtù

Carlo Alberto Tregua

Elogio dell’ozio come elogio della virtù

martedì 06 Maggio 2014
Seneca (4 a.C. – 65) scrisse De Otio; Epitteto (circa 50 – 125 d.C.) lo descrive nel Manuale. Bertrand Russel (1872 – 1970), compilò un saggio Elogio dell’ozio. ai nostri giorni Maria Serena Palieri ha pubblicato un libro, Ozio creativo e Armando Torno intitola il suo ultimo libro Le virtù dell’ozio.
Il pensiero più acuto è di Robert Louis Stevenson – autore de L’isola del tesoro e di Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde – il quale, in poche pagine scrive elogio dell’ozio, pubblicato nel 1877.
Ovviamente, gli autori citati ne hanno una concezione diversa dal luogo comune dei nostri giorni. L’ozio consente allo spirito libero le più elevate attività del pensiero, è fonte di straordinaria creatività e può generare una grande produttività.
Secondo Oscar Wilde (1845-1900) il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo. L’ozio è visto come momento alternativo al lavoro, anche intenso ed approfondito, alla necessaria ricreazione

Bertrand Russel, nel suo volume citato, pubblicato nel 1935, ci parla degli agricoltori americani e, vedi caso, li paragona con quelli siciliani. Dice: in California gli alberi sono tutti uguali, ben tenuti e piantati a distanza regolare. I frutti assumono diverse dimensioni, ma una macchina li suddivide e poi vengono messi in frigorifero. Sulla loro buccia è stampata la parola Sunkissed (baciato dal sole). Il clima è artificiale, quando c’è gelo l’aranceto è scaldato con cortine di fumo. I contadini non si sentono servi delle forze naturali, ma padroni capaci di dominare le forze della Natura. Gli aranceti siciliani sono lontani dalle stazioni ferroviarie e dai porti; gli alberi sono belli ma vecchi; i metodi di coltivazione sono quelli dell’antichità; gli uomini sono ignoranti, discendenti bastardi di schiavi romani e invasori arabi.
Sono passati ottant’anni e la situazione è profondamente diversa. Che c’entra questo argomento con l’ozio? C’entra, perchè esso costituisce il contraltare dell’attività, la fase in cui pensare e riflettere per mettere ordine nelle proprie idee, per progettare ed innovare. Ecco perchè vi sono popoli progrediti ed altri che vivono in condizioni pessime. 
 

Una volta l’ozio di pochi era garantito dalle fatiche di molti, oggi, con le innovazioni tecnologiche, il benessere si è diffuso e consente a strati sempre maggiori della popolazione di godere periodi di riposo.
La differenza sta nel modo con cui una persona si riposa. Se, infatti, riposo vuol dire non far nulla di fisico ma tenere in attività il cervello, osservare, imparare costantemente, leggere, riflettere e pensare, il riposo fa crescere. Se, invece, esso fa spegnere le lampadine del cervello e fa compiere alla persona umana atti più simili a quelli delle bestie, allora il riposo non serve a nulla, anzi, può essere negativo.
Come sempre, vi è una profonda differenza quando si compiono azioni o quando si sta totalmente fermi in relazione agli obiettivi che ognuno di noi si pone.
Nel riposo ci deve essere divertimento, nell’ozio ci deve essere una forma di incentivazione. Bisogna decidere una mediazione fra divertimento e incentivazione .

La persona umana quasi mai ha la contezza dei propria limiti e agisce come se dovesse essere immortale. In effetti, immortale è lo Spirito, ma il corpo cessa per alimentare la trasformazione delle sostanze organiche. Per questo è utile vivere ogni momento con la massima intensità, ma anche con ottimismo. Soprattutto quando ci colpiscono malattie gravi o altre sciagure.
Il tentativo da parte nostra deve essere quello di fare il massimo che è in nostro potere, senza risparmiarci e, soprattutto, senza scaricare sugli altri le nostre eventuali défaillances. Essere sé stessi, non tradire gli eterni principi morali, ragionare e operare con il senso della collettività, soprattutto nei confronti degli anziani e di coloro che hanno bisogno.
Ecco ancora a cosa serve l’ozio. Se non abbiamo chiare le idee del rapporto fra la vita e la sua cessazione, e l’alternarsi dei periodi buoni con quelli cattivi, non siamo in condizione di capire, decidere e agire.
Lavorare è indispensabile. bisogna farlo nel modo migliore possibile senza dimenticare i cicli biologici dei meccanismi in base ai quali gli esseri viventi conducono la loro vita.

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