Viva le partite Iva basta massacrarle - QdS

Viva le partite Iva basta massacrarle

Carlo Alberto Tregua

Viva le partite Iva basta massacrarle

sabato 10 Maggio 2014

Agevolare lo spirito d’iniziativa

Il Governo ha commesso un fallo: massacrare le partite Iva, cioè il lavoro autonomo, i milioni di italiani che con molto buonsenso e coraggio intraprendono un lavoro non dipendente.
Lo spirito d’iniziativa è stato il cardine del risorgimento italiano dopo la seconda Guerra mondiale. Guai se non ci fossero stati milioni di italiani che si sono sbracciati le maniche e, faticando da mattina a sera e forse anche la notte, hanno impiantato imprese piccole, microscopiche e medie.
Quelle grandi hanno seguito altri percorsi. Rispetto a esse, va sottolineato il vulnus consistente nel fatto che molti imprenditori hanno preferito l’attività finanziaria piuttosto che investire e innovare nelle imprese.
Chi l’ha fatto ha avuto dei risultati positivi: citiamo per tutti il Paperone numero uno d’Italia, quel Ferrero accreditato di un patrimonio di 26 miliardi. La Casa della Nutella continua a investire in tutto il mondo e non ha subito crisi di sorta.

Chi accende la partita Iva assume oneri, anche previdenziali, ed è consapevole dei rischi che corre, tenuto conto che il mantenimento proprio e della famiglia dipende dalla sua capacità di produrre ricavi superiori ai costi che sostiene.
Si dirà che nelle partite Iva si nasconde evasione fiscale e contributiva. Sarà vero, ma non è questo il principale filone dell’evasione che si annida nei grandi gruppi imprenditoriali, che sulle attività internazionali hanno possibilità di grosse evasioni.
Il Governo se n’è uscito con uno slogan: lotta alle false partite Iva, una vera stupidaggine. False partite Iva non ce ne sono, perché chi ne diviene titolare ha l’onere di tenere una contabilità, eventualmente semplificata se il suo volume d’affari è inferiore a 30 mila euro l’anno, deve pagare un consulente, la previdenza (con una soglia minima di 3 mila euro l’anno) ed è soggetto, come si scriveva, ai rischi del mercato.
Per crescere e incrementare la sua attività deve contare sulle proprie capacità, sull’organizzazione, sul lavoro intenso, anche con sacrificio, per conquistare clienti. In altre parole, può contare soltanto sui risultati.
Sarebbe bene che Governo, Regioni e Comuni facessero dei piani per lo sviluppo e la crescita dei titolari di partita Iva, altro che bastonarli.

 
Quello che scriviamo non sembri un inno al lavoro autonomo. Non è altro che l’evidenziazione di una realtà: un Paese cresce se c’è molto lavoro autonomo. I cinque milioni di imprenditori con partita Iva sono una forza che tutta l’Europa ci invidia.
Vanno sostenuti in ogni modo piuttosto che vessati con inutili adempimenti plurimi, con cartelle esattoriali sbagliate, con strangolamenti pesanti dovuti all’insopportabile livello d’imposte e previdenza.
Vanno anche gratificati, perché, magari dopo quarant’anni di lavoro e versamento dei contributi, percepiscono pensioni inferiori a quelle dei dipendenti, conteggiate con il privilegiato metodo retributivo, senza corrispondenza ai versamenti fatti.
Non è che i dipendenti abbiano onorabilità e dignità inferiore ai lavoratori autonomi. Tutt’altro. Se ogni dipendente (o dirigente) si comportasse sul posto di lavoro come se fosse un lavoratore autonomo, se partecipasse sinergicamente all’attività della propria azienda (pubblica o privata) come se fosse la propria, se ragguagliasse la propria azione ai risultati, sarebbe un professionista stimabile indipendentemente dall’oggetto del proprio lavoro.

Di massima, questo accade nel settore privato, ove le aziende devono avere i conti in ordine oppure falliscono. Ma è del tutto ignorato nel settore pubblico, ove i dirigenti percepiscono premi indipendentemente dai risultati e i dipendenti si recano sul posto di lavoro per trascorrere il tempo, anche loro indipendentemente dai risultati, tanto la retribuzione arriva puntualmente a fine mese.
Proprio questo rappresenta il buco della Pubblica amministrazione: chi non raggiunge i risultati prefissati non deve percepire lo stipendio, se non per una parte di sopravvivenza. Solo ripartendo la retribuzione a metà, fissa e variabile, ognuno sarebbe costretto a dare il massimo per non perdere la variabile.
Così funzionano le partite Iva, ove i titolari hanno la propria retribuzione interamente variabile, altro che parte fissa.
Avanti, dunque, con un forte sostegno alle partite Iva affinché si moltiplichino.

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