Mamme single, il lavoro impossibile. Al Sud quasi 1 su 3 perde il posto - QdS

Mamme single, il lavoro impossibile. Al Sud quasi 1 su 3 perde il posto

Serena Giovanna Grasso

Mamme single, il lavoro impossibile. Al Sud quasi 1 su 3 perde il posto

venerdì 30 Maggio 2014

Nel 90% dei casi è presente la figura femmnile della madre, tra queste il 40% è a rischio povertà. Nelle Isole il 14,6% delle famiglie è composto da un genitore e un figlio

PALERMO – La composizione dei nuclei familiari è un tema ricorrente per il QdS. Nel numero del 3 gennaio ci siamo occupati delle famiglie numerose che in Italia stanno sempre più scomparendo (la media del Belpaese vuole che solo il 4% delle famiglie conti un numero superiore ai 5 membri), mentre ancora in Sicilia continuano a resistere, grazie al 7,13%. Oggi invece ci occuperemo delle famiglie composte da un solo genitore ed un solo figlio, dei nuclei che possiamo definire 1+1, in cui il genitore mancante è tale non per morte, ma per interruzione o mancata attivazione della convivenza. Per lo più ciò avviene a seguito di una separazione coniugale, ma sempre più spesso anche per interruzione di una convivenza senza matrimonio, dalle quali sempre più spesso nascone un numero cospicuo di figli. Anche nell’analisi odierna sarà l’istituto di statistica nazionale la fonte da cui attingeremo.
In questo caso possiamo affermare che nelle Isole la percentuale media di famiglie 1+1 in linea di massima si conforma con quella registrata nel resto del territorio nazionale attestandosi al 14,6%. Seppur di poco, da questo dato percentuale si discosta il Sud con il 15,4%, ma soprattutto il Centro con il 17,7%. Com’è d’altronde facilmente intuibile, nel 90% dei casi tale tipologia di famiglia è costituita dalla figura genitoriale femminile e nel solo 10% dei casi si tratta di famiglie in cui è il padre ad assumere ogni responsabilità nella crescita del proprio figlio.
Ed è proprio consequenzialmente alle maggiori difficoltà lavorative in cui si imbatte la donna che il 40% delle madri monogenitori è a rischio povertà.
Infatti, secondo il rapporto annuale 2014 “La situazione del Paese” dell’Istat, pubblicato il 28 maggio, è proprio nel Mezzogiorno che si ravvisa la difficoltà maggiore nel mantenere il lavoro nel periodo immediatamente successivo alla maternità.
Al Sud la quota di donne che ha perso il lavoro a distanza di due anni dal parto nel 2012 ha toccato il 29,8%, contro una media nazionale del 22,3% (oltre 7 punti percentuali in più). A ciò aggiungiamo anche le maggiori difficoltà per le donne a trovare lo stesso lavoro: nel Meridione la quota di donne occupate nel 2013 si è attestata al 27,6%, in calo rispetto al 2008 di ben 8,2 punti percentuali e ben 13 punti percentuali inferiore nell’anno appena trascorso rispetto all’occupazione media femminile di tutta la Penisola. Dunque, al Sud maggiori difficoltà per le donne monogenitori non solo al momento di mantenere il lavoro dopo esser diventate mamme, ma anche di trovare la stessa occupazione in generale; tutto ciò rende fin troppo facile l’insorgere di situazioni di povertà, agevolate dall’assenza di una figura genitoriale alternativa che si occupi di versare gli alimenti.
A questa prospettiva, dobbiamo inoltre aggiungere le inefficienze che riserva il welfare. è infatti in aumento anche la quota di donne con figli piccoli che lamentano le difficoltà di conciliazione tra chi il lavoro lo mantiene (dal 38,6 per cento al 42,7 per cento). Pertanto, qualora la donna riesca a mantenere il proprio lavoro, incontrerà un sistema di assistenza all’infanzia, rappresentato dalla presenza di asili nido, decisamente insufficiente.
In particolar modo, la Sicilia presenta in ogni parametro (percentuale di Comuni coperti dal servizio e indice di copertura territoriale del servizio per 100 bambini 0-2 anni residenti nella regione) presenta valori nettamente al di sotto rispetto alla media italiana per l’anno 2011. Infatti, nell’Isola solo il 37,9% dei Comuni è coperto da servizi di asilo nido, oltre 10 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale. A quest’ultimo dato è correlata la garanzia di copertura a 68,7 bambini ogni 100 (9 bambini in meno rispetto al dato medio italiano).

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