Rai, tagliare privilegi e clientelismo - QdS

Rai, tagliare privilegi e clientelismo

Carlo Alberto Tregua

Rai, tagliare privilegi e clientelismo

sabato 07 Giugno 2014

Sindacati: stucchevole protesta

Il bilancio della Rai, depositato in Camera di Commercio (giugno 2013) – ricordiamo che è una Spa con socio unico, il ministero dell’Economia e delle Finanze – comunica i seguenti numeri chiave: ricavi 2,8 mld, costi esterni 1,3 mld, costo del personale 1 mld, ammortamenti ed altre spese 700 mln, risultato di esercizio (perdita) dopo le imposte 244 mln. Il bilancio 2013 non è stato ancora depositato, ma porta un utile di circa 5 milioni.
Fra i ricavi quelli principali sono il canone 1,8 mld, la pubblicità 750 mln, altri ricavi 300 mln. La quota di mercato della pubblicità Rai è stata del 32%, ma lo share totale Rai è stato quasi del 40%. La differenza di 8 punti è una perdita di competitività rispetto ai concorrenti perché l’introito pubblicitario in rapporto al mercato complessivo dovrebbe essere pari percentualmente allo share.
La Rai aveva 11.596 dipendenti a tempo indeterminato, 1.562 a tempo determinato, cioè poco più di 13 mila. Mediaset, il principale concorrente che introita molto di più di pubblicità, ne ha circa 4 mila.  

Scusatemi per i numeri, ma essi, nella loro semplicità, sono efficaci e denotano un sistema di gestione della Rai incapace di ottenere i massimi risultati con i minimi costi. Non è possibile che con 13 mila dipendenti i prodotti della Rai siano esterni per quasi il 70% e costino 1,8 mld.
Non è possibile che essa abbia decine di canali con ciascuno un direttore e una struttura, e 24 sedi locali con un solo e validissimo direttore, Vincenzo Morgante. Non è possibile che la sede di Sassari goda di una superficie di 1.000 metri quadrati e sembra vi lavorino solo 7 persone.
Non è possibile pagare conduttori a botte di 2 mln l’anno (Fazio), e tantissimi altri che hanno incarichi e consulenze non adeguate alla competitività e all’efficienza che vi deve essere necessariamente in una società per azioni.
In questo quadro preciso dichiarato dal nostro ente televisivo, Renzi ha chiesto di dare un contributo di 150 milioni di euro, che serve parzialmente per coprire gli 80 euro in busta paga a chi ne aveva di bisogno, senza entrare doverosamente nel come. Ma qualunque amministratore sa che intervenendo con professionalità e competenza in ciascuno dei capitoli di bilancio è facile risparmiare mediamente il 5%, necessario a saldare il contributo al governo.

 
In Rai ci sono 2.000 giornalisti, molti dei quali, ovviamente, molto bravi, ed altri che di lavoro ne mangiano poco. Il sindacato non deve difendere tutti, ma ha il preciso compito di chiedere ai propri associati che vengano premiati i meritevoli ed emarginati gli incapaci.
Insomma, anche nella nostra massima industria culturale, va inserito con la massima urgenza il valore del merito senza del quale la società perde soldi e non dà quell’apporto di cultura, informazione e perchè no?, di formazione che dovrebbero essere i valori portanti dell’ente pubblico.
Sull’assetto della Rai, dopo la tripartizione tra Dc, Pc e Psi degli anni 60 e 70, e quindi la relativa lottizzazione politica, l’ingerenza indebita di partiti e politici nella gestione è sempre stata pesante e rilevante. Era meglio il fazioso Kojak italiano, direttore di tele Kabul (Sandro Curzi) che non tanti parrucconi che si nascondono e non dicono quello che pensano.
Ricordo che Pippo Baudo, quando disse che lui faceva programmi nazional-popolari, fu estromesso brutalmente da oscuri signori che non gradirono l’uscita del presentatore militellese.

Vendere sul mercato uno o due canali, in modo che ne resti uno sostenuto dal canone. Snello, che faccia cultura e informazione obiettiva, con un 1,8 mld d’introiti, si potrebbe pienamente mantenere e non inseguire più l’audience che serve per vendere pubblicità ma non per aumentare la qualità del servizio informativo.
Potrebbe mantenere un secondo canale commerciale sostenuto esclusivamente dalla pubblicità, concorrenziale e competitivo a gestione separata, in modo da non confondere costi e ricavi tra il primo e il secondo. E il terzo canale da vendere sul mercato a corporate nazionali o internazionali, che aumenterebbe la competizione: per esempio il gruppo di Urbano Cairo e la Sky del pescecane australiano Rupert Murdoch.
Non sappiamo se il giovane Renzi sarà capace d’intervenire in questo centro di potere che è al servizio di pochi e contrario ai cittadini, ma gli auguriamo di farcela nell’interesse di tutti gli italiani.

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