30 mila stazioni appaltanti, una foresta di corruzione - QdS

30 mila stazioni appaltanti, una foresta di corruzione

Carlo Alberto Tregua

30 mila stazioni appaltanti, una foresta di corruzione

venerdì 13 Giugno 2014

Danneggiati gli imprenditori onesti

La corruzione costa ogni anno 60 miliardi circa all’economia nazionale, ma causa un danno ancora maggiore perché fa concentrare nelle mani dei soliti imprenditori i lavori pubblici, creando due sciagure: la prima riguarda l’endemico ritardo nella consegna delle opere; la seconda, l’incremento non giustificato del loro prezzo. Analizziamole.
Se la gran parte degli imprenditori onesti viene estromessa dalle gare di appalto, non c’è più qualità delle opere o dei servizi, danneggiando la parte sana del sistema produttivo che funziona solo se c’è concorrenza e competizione ad armi pari. Se vincono i bari, i truffatori, quelli che falsano le carte, viene meno la concorrenza, la qualità delle opere e i ritardi aumentano in maniera rilevante.
La seconda sciagura riguarda i prezzi che, senza concorrenza, aumentano a dismisura.

In questo quadro, la situazione viene resa più difficile perché in Italia vi sono ben 30 mila stazioni appaltanti. Ognuna di esse può nascondere una corruzione, difficilmente controllabile dall’esterno. La stessa Avcp (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) non ha una vera e propria funzione al riguardo. Il suo presidente, Sergio Santoro, venuto al nostro Forum pubblicato il 3/11/2012, ci ha detto che la struttura ha solo una funzione di monitoraggio e non ha i poteri per intervenire in situazioni di corruzione e forse neanche quello di chiedere e ottenere informazioni in modo cogente.
Se a questo si aggiunge che per chiedere documentazioni, ottenere autorizzazioni, concessioni o permessi, le imprese devono fare ricorso alla richiesta del favore, che spesso nasconde la mazzetta, viene evidenziata una situazione totalmente insostenibile e che non può continuare.
Alla corruzione si deve aggiungere la palude della burocrazia, perché i dirigenti non fanno procedere i fascicoli con la massima speditezza, come sarebbe loro dovere, ma aspettano che qualcuno telefoni per chiedere l’avanzamento di un fascicolo nel lentissimo percorso della procedura.
Ovviamente non tutti i dirigenti si comportano così, ma quelli onesti e professionali non levano alta e forte la loro voce contro i colleghi infingardi e disonesti.

La crisi che ha colpito anche il nostro Paese non è la sola fonte della disastrosa situazione in cui ci si trova, addirittura drammatica per il Sud. è anche la conseguenza endogena, cioé che proviene dall’interno del sistema politico, economico e sociale.
La nostra generazione ha decomposto il sistema socio-economico, consumando il presente e danneggiando il futuro. La nostra generazione si è comportata in modo egoistico, danneggiando quelle successive.
Continuando a foraggiare disonesti e incompetenti, il sistema economico si è imballato e non procede più perché non ha in sé i meccanismi virtuosi in grado di farlo crescere e funzionare.
L’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) è la rappresentante più importante del settore edile e delle opere pubbliche, aderente a Confindustria. Non sentiamo il suo intervento a livello nazionale e locale, contro questa disfunzione patologica del sistema pubblico, contro le tangenti, contro la corruzione.

È vero che Confindustria ha approvato il Codice etico, in base a cui vengono espulse le imprese in odore di mafia. Di questo si deve dare merito a Ivan Lo Bello e Antonello Montante. Ora, occorrerebbe che tale Codice etico estendesse la sua portata al contrasto forte della corruzione. Gli imprenditori che corrompono vanno espulsi dal sistema esattamente come quelli collusi con la mafia.
Se gli imprenditori, anziché pagare la cagnotte, denunciassero i malfattori che chiedono loro la busta o i dirigenti che non rilasciano in tempi previsti dalla legge, o anche accettabili, i provvedimenti amministrativi richiesti; se gli imprenditori si comportassero così, comincerebbe la reazione degli anticorpi a un sistema che sta minando alla base l’economia del Mezzogiorno e anche quella nazionale.
Il silenzio sulla corruzione è colpevole. Qualunque parte della Classe dirigente taccia è colpevole. La connivenza è colpevole. è arrivato il momento in cui i panni sporchi si lavino in piazza. Basta silenzi deleteri.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017