No all’immunità, no agli ex comunisti - QdS

No all’immunità, no agli ex comunisti

Carlo Alberto Tregua

No all’immunità, no agli ex comunisti

martedì 24 Giugno 2014

Renzi respinga la zavorra

La questione dell’immunità parlamentare, prevista dall’articolo 68 della Costituzione, alla luce dell’estesa corruzione che ha coinvolto nell’ultimo trentennio deputati e senatori, va risolta una volta per tutte. Il senso del predetto articolo in questi trent’anni è stato stravolto.
I costituenti, infatti, dopo il disastroso Ventennio, in cui sono stati compiuti atti gravissimi contro la libertà individuale dei cittadini, hanno voluto cautelare i membri del Parlamento. Recita il primo comma: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Che c’entrano malversazioni, reati comuni, delitti contro la Cosa pubblica, appropriazioni indebite, truffe e ogni atto nefando con la tutela delle idee e dei voti espressi?
In ogni caso, a distanza di quasi settant’anni e alla luce dei gravissimi episodi di corruzione, l’immunità parlamentare va eliminata, indicando espressamente che può sopravvivere quella parte strettamente inerente la tutela del vero e proprio esercizio politico.

Conseguenza sarebbe che per tutti i reati i parlamentari dovrebbero essere regolarmente sottoposti a processo ed eventualmente incarcerati senza autorizzazione alcuna, come normali cittadini non dotati di privilegi abnormi.
La questione dell’immunità, inserita subdolamente non si sa da chi nel ddl costituzionale di riforma del Senato, è uno schiaffo nei confronti dei cittadini onesti che vedono un Parlamento che ha una forte rappresentanza di inquisiti, imputati e condannati, seppur in via non definitiva.
La legge Severino (Dlgs 235/12) è molto drastica nei confronti di consiglieri regionali e comunali che, se condannati in primo grado, decadono dal loro incarico, ma nulla dice riguardo ai parlamentari nazionali.
Comunque, l’immunità introdotta di soppiatto probabilmente cadrà, perché i cittadini hanno già espresso disprezzo per questi partiti e classe politica privilegiata ed egoista e, con l’occasione, dovrebbe anche cadere l’immunità dei deputati. Salvo, ripetiamo, per la tutela delle espressioni ideologiche e dei voti espressi.

 
E veniamo alla questione italica di tutti i perdenti che si affrettano a salire sul carro del vincitore.L’attrattiva di Matteo Renzi è notevole per cui, a sinistra, molti parlamentari pentastellati ed altri di Sel sono pronti a passare al Pd. Lo stesso dicasi dal centro o dalla destra ove altri parlamentari sono tentati di chiedere l’adesione al partito di Renzi.
Stia attento, il presidente del Consiglio, a non imbarcare gente abituata al cambio di casacca, ricordandosi che chi ha rubato è portato a rubare ulteriormente.
Renzi non ha bisogno di rinforzare il gruppetto di ex comunisti che lo ostacola alla sinistra del suo partito, accettando altri ex comunisti. Nè ha bisogno di imbarcare ex democristiani per le stesse ragioni.
Vada avanti in queste condizioni e giochi bene le sue carte sapendo che i cittadini sono con lui se saprà rispettare la data, cioè il cronoprogramma e farà le riforme indispensabili per rimettere in moto l’economia del Paese e diffondere equità. Qui si vede la sua vera capacità. Tirare dritto senza cedere a nessuno.

In Sicilia, i cinque consiglieri-deputati del Megafono hanno cambiato denominazione e sono diventati “Territorio e socialisti”, abbandonando Rosario Crocetta, pur attestandogli ancora fiducia.
Il presidente della Regione, dopo i gravissimi flop di Cuffaro e di Lombardo, rischia ancora il ko, anche se sta tentando di coniugare il diavolo con l’acqua santa. Infatti, non può pensare di elargire stipendi a inutili dipendenti (inutili in quanto non servono ai servizi) e, d’altra parte, aprire i cantieri di opere pubbliche e infrastrutture.
Crocetta non ha più risorse finanziarie. Cosicchè deve fare una scelta: quella dell’assistenzialismo o quella dello sviluppo. La coraggiosa è quest’ultima, la prima è un modo per continuare l’agonia della Sicilia. Da un canto, vi sono sessantamila privilegiati perché raccomandati, cui deve dire di No senza esitazioni e, dall’altro, 360 mila disoccupati che aspettano il lavoro e non elargizioni benevole.
Su una cosa sosteniamo Crocetta: ai dipendenti Ars stessi stipendi e pensioni dei regionali. Non ceda su questo punto.

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