I carissimi asili nido comunali. Servizio inacessibile in Sicilia - QdS

I carissimi asili nido comunali. Servizio inacessibile in Sicilia

Maria Francesca Fisichella

I carissimi asili nido comunali. Servizio inacessibile in Sicilia

mercoledì 02 Luglio 2014

Cittadinanzattiva: a Palermo sono tagliati fuori ben il 72% degli infanti, Catania il comune più caro. Solo al 5,1% dei bimbi dell’Isola è garantito l’accesso, la media nazionale è 11,8%

PALERMO – Figlio mio, quanto mi costi? Sono in tanti i genitori a cui tale riflessione è imposta dall’esigenza di mandare il proprio piccolo all’asilo nido. Sul territorio nazionale la disomogeneità dell’offerta nei vari Comuni traccia una linea di demarcazione tra Nord e Sud. Infatti, a fronte di un’offerta di servizi che pur è andata crescendo negli ultimi anni, gli asili nido comunali riescono attualmente a coprire solo l’11,8 per cento della potenziale utenza, con notevoli differenze tra Nord, Centro e Sud della Penisola, non solo in termini di disponibilità di posti, ma anche di costi.
In Sicilia, ad esempio, tra i Comuni capoluogo di provincia la più cara è Catania, dove la retta mensile 2013/14 è stata pari a 275 euro (compresi i pasti), registrando un aumento del 2 per cento rispetto al periodo 2012/2013. La meno cara si conferma Agrigento con 100 euro (la retta non comprende nulla), rimasti invariati nei periodi considerati. Su base nazionale la regione mediamente più economica è la Calabria (139 euro) e quella più costosa è la Valle d’Aosta (432 euro).
I dati su costi, disponibilità di posti e lista di attesa, agevolazioni tariffarie previste in tema di asili nido comunali sono forniti dall’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che nell’analisi ha considerato una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200 euro e relativo Isee di 19.900 euro. I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni scolastici 2012/13 e 2013/14) delle Amministrazioni comunali interessate all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia).
Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana.
Lo studio fornisce svariate osservazioni. Emerge, infatti, che in Sicilia la percentuale di bambini compresa tra 0-2 anni che usufruiscono dei servizi di asilo nido comunale è solo del 5,1 per cento. Meno della metà della media nazionale (11,8 per cento). La percentuale relativa alle liste d’attesa, in Sicilia, si attesta al 46 per cento (con un numero di nidi pari a 66 e un numero di posti disponibili pari a 2.765) contro una media nazionale del 33 per cento. Relativamente ai soli capoluoghi di provincia italiani, il 55 per cento delle strutture è concentrato nelle regioni settentrionali, il 34 per cento in quelle centrali e il restante 11 per cento in quelle meridionali.
Eppure il messaggio sembrava chiaro, ossia l’importanza di fornire adeguati servizi per l’infanzia riconosciuta a livello europeo. Il Consiglio d’Europa nel 2000 ha ribadito la necessità, per tutti gli Stati membri, di abbattere gli ostacoli che precludono alla donna l’inserimento nel mercato del lavoro approntando le opportune strategie per fornire servizi per l’infanzia in misura tale da coprire, entro il 2010, almeno il 90 per cento dei bambini fra 3 e 6 anni, ed almeno il 33 per cento dei bambini sotto i 3 anni.
Siamo nel 2014 e a Palermo, capoluogo dell’Isola, il 72 per cento dei bimbi resta fuori dal servizio e le madri, se non hanno alternative, restano fuori dal mercato del lavoro.
Ma c’è dell’altro. Gli asili nido comunali costituiscono un servizio rivolto alla prima infanzia (0-3 anni) per promuovere lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino e offrire sostegno alle famiglie nel percorso educativo. L’inadeguata disponibilità di servizi, dunque, può rappresentare potenziale fonte di emarginazione sociale.
Non ultimo, nello studio è stato rilevato che il 56 per cento dei capoluoghi di provincia mette a disposizione agevolazioni tariffarie: nel 62 per cento dei casi si tratta di riduzione della retta a partire dal secondo figlio iscritto al nido; nel 45 per cento per assenze dovute a malattia; il 19 per cento riduce la retta per modifiche alla situazione economica familiare (disoccupazione, mobilità, cassa integrazione); il 15 per cento per bimbi portatori di handicap; il 3 per cento in presenza di mutuo per acquisto prima casa.

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