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Dalla Siria alla Sicilia, l’esodo dei migranti in fuga dalla guerra

Serena Giovanna Grasso

Dalla Siria alla Sicilia, l’esodo dei migranti in fuga dalla guerra

giovedì 03 Luglio 2014

Le coste sicule sono i principali punti di approdo dei naufraghi, ma l’obiettivo impossibile è il Nord Europa. I siriani costituiscono la seconda nazionalità per sbarchi: 6.620 al 31 maggio

PALERMO – Non solo fame, ma soprattutto paura e terrore per la guerra fratricida che ormai da tre anni sta insanguinando il Paese: queste le principali ragioni che mettono in fuga verso le coste italiane, in modo particolare da luglio 2013, migliaia di siriani. Nonostante la data di inizio di quest’orrore si collochi nel 2011, nel 2012 sono stati solo 589 a tentare la fortuna via mare, di cui 56 minori accompagnati da uno o entrambi i genitori e 64 soli, per un totale di 120. Un’affluenza così bassa è giustificata dalla fiducia riposta in Paesi come Egitto, Libia e Libano, ovvero le mete raggiunte in via preferenziale perché ritenute capaci di interpretare i fabbisogni dei rifugiati.
Ma così non è esattamente stato: l’Egitto già scosso da una situazione politica precaria determintata dalla primavera araba; il Libano con i suoi prezzi per i generi alimentari di prima necessità schizzati alle stelle e la Libia, come d’altronde le due precedenti realtà, dominata da un comune senso di intolleranza  indiscriminata nei confronti di tutti i siriani. Ragioni che hanno determinato una fuga a dir poco repentina: nel solo luglio del 2013 sono arrivati in Italia via mare più di quanti siriani erano arrivati in tutto il 2012, ovvero 689 di cui 230 minori per la maggior parte non accompagnati (149); addirittura tra agosto e ottobre se ne sono contati 9.365 di cui 1.405 minori.
 
Tra novembre 2013 e marzo 2014 il numero di migranti siriani si è tuttavia ridimensionato registrando una quota pari a 385, molto probabilmente conseguentemente alle due grandi tragedie del mare verificatesi ad ottobre (il naufragio del 3 ottobre che costò la vita a 366 migranti e quello dell’11 ottobre in cui a perdere la vita furono proprio 188 siriani). Ciononostante, tali arrivi sono ripresi da aprile con una nuova forza: infatti, nel quarto mese dell’anno sono stati registrati ben 15.682 migranti siriani, di cui 2.286 minori (765 in nucleo familiare e 1.521 soli). Nella quasi totalità dei casi non si può parlare di veri e propri sbarchi, poiché si tratta di migranti soccorsi grazie all’operazione Mare nostrum. Questi sono i dati diffusi qualche giorno fa da Save the children nel rapporto “L’ultima spiaggia. Dalla Siria all’Europa, in fuga dalla guerra”.
Dall’1 gennaio al 31 maggio 2014 i migranti siriani costituiscono la seconda nazionalità di provenienza (6.620), secondi solo rispetto  all’Eritrea (13.002). Di questi quasi un migrante su tre è un minore: la Siria è il primo Stato di provenienza in assoluto di minori accompagnati (1.542), anche se persistono delle minoranze di bambini che giungono sulle coste italiane soli (364). Le località di sbarco più gettonate sono state Lampedusa e Siracusa e provincia per la Sicilia nel 2013 e con minore intensità il Capoluogo calabro. Mentre nel 2014, a causa dell’intensificarsi degli arrivi sono stati coinvolti anche Augusta nel siracusano, Pozzallo a Ragusa, Porto Empedocle nell’agrigentino e Catania.
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, un’affluenza di migranti tanto elevata non è riconducibile ad una spinta attrattiva esercitata dalla Sicilia in particolare, ma più in generale da tutta la Penisola. Infatti, la Sicilia viene considerata solo la porta d’accesso all’Europa , una terra di passaggio. Ma sono Svezia, Norvegia, Germania e Svizzera i Paesi che si desidera raggiungere. Paesi in cui è precluso il diritto di asilo qualora il migrante sia stato registrato in Italia. Infatti, secondo il Regolamento di Dublino il migrante verrà rispedito nel primo Paese in cui è stato registrato. Ed è proprio per questa ragione che sempre più spesso i migranti appena arrivati sfuggono ai centri di accoglienza, per evitare di essere identificati e costretti a rilasciare le impronte digitali, tutte tappe che potenzialmente precludono l’arrivo nei Paesi desiderati.
 I siriani sono allettati dalla presenza di parenti nel Nord Europa, ma soprattutto da garanzie come vitto, alloggio, formazione professionale, salario di sussistenza e accesso al lavoro, insomma tutte circostanze che mettono in primo piano la dignità.  Dignità che non viene parimenti riconosciuta in Sicilia. A conferma citiamo la dichiarazione di Hassan, originario di Damasco: “La traversata è finita a Lampedusa il 15 ottobre, dove siamo stati per una settimana. Non c’era posto nel centro di accoglienza, abbiamo dormito all’aperto, una sera ha anche piovuto, ci hanno dato dei materassi di gommapiuma e ci siamo arrangiati, nella successiva tappa a Pozzallo un traduttore arabo diceva che dovevamo dare le nostre impronte solo per questioni di sicurezza, per essere rintracciati in caso avessimo commesso reati in Italia, poi però avremmo potuto fare richiesta di asilo ovunque, negli altri Paesi europei. Subito dopo abbiamo raggiunto per conto nostro Milano”.
 
Da lì Hassan ha portato la famiglia in Austria, “dove appena arrivati ci hanno preso le impronte di tutte e dieci le dita. Due giorni dopo ci hanno dato appuntamento per inoltrare la richiesta di asilo, ma alla commissione austriaca risultava che l’avevamo già chiesta in Sicilia e siamo stati costretti a ritornare in Italia”. Dunque, non solo privi di qualunque garanzia e tutela, ma anche imbrogliati per mezzo di informazioni fuorvianti.
 

 
Unhcr. Nel 2014 circa 500 i profughi morti nel Mediterraneo
 
Secondo le stime dell’Unhcr, basate anche sul racconto dei sopravvissuti, sono circa 500 i migranti e rifugiati morti nel Mediterraneo dall’inizio del 2014.
Nonostante gli enormi sforzi sostenuti delle autorità italiane e l’aiuto costante prestato dalle imbarcazioni private, sottolinea l’organizzazione, centinaia di migranti e rifugiati innocenti continuano a perdere la vita alle frontiere d’Europa.
“Queste ulteriori tragedie dimostrano che i rifugiati non hanno altra possibilità se non rischiare la vita nella traversata del Mediterraneo per cercare rifugio da guerre e persecuzioni”, sottolinea l’Unhcr, che ribadisce la necessità che i governi forniscano urgentemente alternative legali ai pericolosi viaggi per mare, quali ad esempio il reinsediamento, l’ammissione per ragioni umanitarie e l’accesso agevolato al ricongiungimento familiare, garantendo alle persone disperate e bisognose di un rifugio la possibilità di cercare e trovare protezione e asilo.

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