Ispettori sommersi dal sommerso - QdS

Ispettori sommersi dal sommerso

Michele Giuliano

Ispettori sommersi dal sommerso

martedì 06 Ottobre 2009

Lavoro nero. Controlli insufficienti, rischi altissimi.
Irregolarità. Secondo il Dipartimento del Lavoro il sommerso rappresenta il 30% del totale delle imprese, ma secondo gli ultimi controlli dell’Inail il 91% delle stesse è risultato non essere in regola.
Ispettori. Ogni ispettore operante sulle strade in Sicilia dovrebbe sobbarcarsi in un anno in media 2 mila 320 aziende da controllare. In pratica quasi una cinquantina di imprese al giorno.

PALERMO – Trecentotrenta ispettori del lavoro per quasi 400 mila imprese. In Sicilia l’annunciato cambio di marcia non ci potrà mai essere sul piano della repressione al sommerso. In primo luogo perché dei 200 nuovi posti di ispettori, messi a disposizione dalla Regione Sicilia, appena in 74 riusciranno a entrare in servizio. I candidati che si sono persi lungo la strada della formazione, tra mancanza di competenze, scarsa attitudine e abbandoni volontari, sono davvero tanti e ciò che si era programmato non potrà mai essere attuato. Se poi si considera che di questi 330 ispettori la metà stanno dietro la scrivania per espletare le formalità amministrative e il resto in strada (all’incirca 170), si capisce ben presto che il rapporto ispezioni-imprese resta davvero irrisorio nell’Isola.
Il calcolo è abbastanza semplice: se si tiene in conto che il territorio siciliano conta attualmente 394 mila 498 imprese (dato diffuso dal Censis in base all’ultimo censimento), ogni ispettore in Sicilia operante sulle strade dovrebbe sobbarcarsi in un anno in media 2 mila 320 aziende da controllare. In pratica quasi una cinquantina di imprese al giorno. Un’enormità che ovviamente fa il gioco delle imprese che operano nel sommerso. Si calcola che in Sicilia, secondo una stima del Dipartimento Lavoro dell’assessorato regionale al Lavoro, esiste un sommerso pari al 30 per cento e quindi sarebbero attive in questo mercato nero ben 120 mila imprese.
In realtà il già drammatico indice statistico del sommerso sembra essere ottimistico: infatti l’Inail, dai controlli effettuati lo scorso anno, ha scoperto che ben il 91 per cento delle imprese siciliane non è in regola. “Un risultato importante – ha affermato il direttore regionale dell’Inail, Carlo D’Amato – nonostante le carenze di organico che si continuiamo a registrare”. Una realtà quindi ben diversa dalla stima sommaria fatta dal Dipartimento che lascia capire come le statistiche spesso non riescono davvero a rispecchiare il dramma della quotidianità.
Anche la distribuzione dei nuovi ispettori lascia qualche perplessità. Solo Catania si rinforza davvero con 25 unità che presto di affiancheranno alle 42 già in attività. Palermo e Messina invece, territori ad altissima densità di imprese e quindi anche di sommerso, avranno solo qualche manciata in più di ispettori. Nel capoluogo di regione ne arrivano 10 che si aggiungono ai 20 operanti, a Messina appena 6 vanno a rinforzare la già esigua schiera di 20 unità. Alla resa dei conti i numeri davvero non tornano: se il Censis stima che nelle province di Palermo, Messina e Catania si concentrano il 54 per cento del totale delle imprese siciliane, non si capisce come mai ci sono solo 133 ispettori del lavoro complessivamente. Ad Enna, la più piccola provincia siciliana, arrivano ben 23 nuovi ispettori. “Degli ispettori che sono in affiancamento presso i Servizi Ispettorati del Lavoro – precisa Nunzio Anselmo, collaboratore del Dirigente dell’Area III Interdipartimentale del Dipartimento Lavoro – il 30 per cento è già operativo, il restante 70 per cento si prevede che lo sia i primi mesi del 2010”.
Il fenomeno dell’economia sommersa riguarda purtroppo tutta l’Italia, sebbene sia il Sud l’area più colpita d’Italia. Il dato deriva da un’indagine Censis che indica, fra le regioni italiane, la Calabria come quella che detiene il record del lavoro nero, con 3 lavoratori irregolari su 10 e una quota di lavoro sommerso pari al 29,5 per cento. Segue la Campania (25,3 per cento), la Sicilia (24,2 per cento) e la Puglia (20 per cento). Di poco inferiori sono la Basilicata e la Sardegna.
Al Centro-Nord la situazione cambia, perché i valori più elevati si registrano nelle regioni del Centro (15 per cento), mentre al Nord i dati sembrano equilibrati (Nord-Est 10,5 per cento e Nord-Ovest 10,8 per cento). Anche da questi ci si può rendere conto che la realtà siciliana appare notevolmente difficile e senza adeguati mezzi di contrasto nulla potrà realmente cambiare.

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