Appalti pubblici, legge colabrodo - QdS

Appalti pubblici, legge colabrodo

Michele Giuliano

Appalti pubblici, legge colabrodo

martedì 15 Luglio 2014

Torna sotto accusa la legge regionale n. 12 del 2012 sul massimo ribasso: “A rischio la qualità delle opere”. Confartigianato lancia l’allarme: “In questo modo le imprese risparmiano a scapito della sicurezza”

PALERMO – Aumento del lavoro nero, riduzione della sicurezza e scarsa qualità del prodotto. Sono queste le principali criticità derivanti dall’attuale legge regionale, la numero 12 del 2012, sugli appalti pubblici aggiudicati secondo il principio del massimo ribasso e analizzate da Anaepa Confartigianato nel corso di un convegno organizzato all’Ars.
Ciò che emerge è alquanto preoccupante e fa venire a galla gli antichi dubbi sorti sin da subito dopo l’approvazione della norma. Aggiudicare le gare al massimo ribasso è infatti un’arma a doppio taglio, perché se da una parte l’ente pubblico risparmia in tutta evidenza, dall’altra però si innesca la corsa a chi offre meno pur di aggiudicarsi la commessa, specie in questo momento di grande difficoltà per le aziende edilizie. Cosa vuol dire questo? Far abbassare la qualità degli interventi e soprattutto risparmiare ovunque il più possibile, e quindi sulla manodopera e su tutti quegli istituti contrattuali, come la sicurezza, che vengono sempre sacrificati in casi come questi.
“Il 2014 – rileva il presidente regionale Anaepa Confartigianato, Vincenzo Mirisola – è stato un anno negativo sia per le gare d’appalto che per i finanziamenti e i ribassi sono aumentati dal 20 per cento ad oltre il 40 per cento. Questo significa che le imprese non possono lavorare. Oggi complessivamente l’utile d’impresa si attesta al 23,64 per cento, dove il 13,64 per cento è per le spese generali e il 10 per cento per l’utile di impresa. Se un’impresa fa il 40 per cento di ribasso è in perdita già in partenza e per compensare queste perdite si arrangia a scapito della sicurezza o ricorrendo al lavoro nero”.
“Questa legge va modificata perché fa in modo che i lavori non arrivino mai a compimento e che ci siano un mare di contenziosi fra gli enti pubblici e le imprese – ha aggiunto Filippo Ribisi, presidente Confartigianato Sicilia -. Noi dobbiamo far sì che con un sistema equo e trasparente venga fuori una legge che consenta alle imprese di guadagnare il giusto e di portare a compimento le opere pubbliche”.
Obiettivo sarebbe quello di eliminare la scollatura esistente tra la legge regionale e quella nazionale, ma anche con le nuove direttive europee in tema di appalti pubblici. “Esiste una proposta di modifica già presentata più di un anno fa all’assessorato regionale alle Infrastrutture – ha aggiunto Andrea Di Vincenzo, segretario Confartigianato Sicilia – e in questi giorni dovrebbe essere finalmente discussa”.
In Sicilia, per gli appalti di lavori pubblici di importo inferiore alla cosiddetta “soglia comunitaria”, l’aggiudicazione avviene ormai quasi esclusivamente mediante sorteggio tra tutte le imprese partecipanti alla gara, le quali solitamente presentano la stessa offerta economica.
Tale anomalia rappresenta un grave problema tanto per le pubbliche amministrazioni appaltanti, che non possono fruire dei benefici legati ad un corretto confronto concorrenziale tra i partecipanti alle procedure di aggiudicazione, quanto per le imprese edili, le quali possono nutrire la speranza di assumere commesse pubbliche affidandosi soltanto alla buona sorte.
 


Uniformarsi alla normativa europea
 
La Sicilia si vorrebbe uniformarla, nel campo normativo in tema di lavori pubblici, alla legislazione europea che prevede certamente meccanismi migliori e non solo di vantaggio economico per l’ente pubblico. “La legge europea verte ad ottenere l’offerta economicamente più vantaggiosa, quindi i parametri non sono solo sul ribasso ma anche sulla qualità. Naturalmente in Sicilia non si vuole né qualità né lavoro perché col massimo ribasso difficilmente si possono ottenere – ha detto Angelo Minì, vice presidente nazionale di Anaepa Confartigianato -. Provocatoriamente potrei dire che questa legge, con l’applicazione del massimo ribasso, sembra una istigazione a delinquere”. Il rischio, sottolinea il vice presidente nazionale di Anaepa Confartigianato, “è che diminuiscano le imprese perché, non potendo andare avanti con questi ritmi, chiuderanno e chiudendo le imprese aumenteranno i disoccupati. Io credo – aggiunge – che la prima cosa da fare sia individuare la soglia di anomalia e bloccare quindi le offerte che fanno un ribasso oltre il 25 per cento. Il trend 2014 è negativo – conclude Minì – anche se le idee di questo Governo ci lasciano uno spiraglio aperto e la cosa positiva è che ci vogliono al tavolo delle trattative”.

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