Burocrazia, al tacchino non piace il Natale - QdS

Burocrazia, al tacchino non piace il Natale

Carlo Alberto Tregua

Burocrazia, al tacchino non piace il Natale

giovedì 17 Luglio 2014

Renzi rischia il fallimento

Lotta  violenta contro la burocrazia, ha affermato più volte il giovane premier Matteo Renzi, con ciò interpretando il sentimento popolare che non ne può più dell’incompetenza e dell’incapacità della macchina pubblica di produrre servizi di ottima qualità, in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini.
Però, l’enunciazione rischia di fare la stessa fine delle altre decine pronunziate da tanti presidenti del Consiglio, ministri per la Semplificazione, commissari per la Riduzione della spesa e via cantando.
Perché si può prevedere l’ennesimo fallimento della riforma burocratica? La risposta sta nell’assunto secondo il quale al tacchino non piace il Natale. Fuori di metafora, come si può pensare che la malsana macchina pubblica, che gestisce un potere enorme, possa accettare una riforma che taglia questo potere? L’inserimento nel funzionamento dei valori di merito e responsabilità, ora inesistenti, anche mediante la semplificazione delle procedure e la loro intera digitalizzazione, sarebbe una catastrofe per i burocrati.

Quando il ministro al ramo, Maria Anna Madia, annuncia il Pin unico per ogni cittadino, con il quale lo stesso potrà mettersi in contatto con qualunque amministrazione di Stato, Regioni ed Enti locali, afferma un’iniziativa sacrosanta. La stessa, però, non fa i conti con la realtà e cioè che nel Sud meno di due cittadini su dieci utilizzano il pc. Ciò accade perché nel nostro Paese c’è un forte deficit strutturale di banda larga, che impedisce l’utilizzo gratuito di Internet a tutti i cittadini.
Si dirà che molti di essi potranno utilizzare il Pin unico anche attraverso i Caf; ma allora, perché nella legge di riforma della Pa, non s’inserisce la norma che qualunque organizzazione del terzo settore possa diventare il tramite tra cittadino e Pubblica amministrazione?
Renzi dovrebbe sapere che i testi di legge delle riforme vengono redatti dai burocrati, i quali non li comporranno mai nella giusta direzione (semplificazione e digitalizzazione). Non solo, ma inseriranno capoversi tali da ottenere la dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte, in modo da annullare le riforme stesse. Sembrerebbe una strada senza uscita, mentre la soluzione c’è. Basta adottarla.
 

Renzi dovrebbe chiamare i migliori esperti di livello internazionale, competenti in materia di organizzazione pubblica e con profonde cognizioni giuridiche, in modo da elaborare testi semplici che abroghino le disposizioni di legge esistenti nella materia riformata. Insomma, fare tabula rasa delle vergognose norme attuali, che hanno il solo scopo di mantenere il potere alla casta burocratica, in combutta con quella politica.
è pur vero che sarà il ceto politico a dovere approvare tali norme in Parlamento, ma una cosa è partire da testi che contengono il virus della opacità, altra cosa è approvare testi veramente riformatori.
La questione è lampante. Se la burocrazia deve ribaltare il suo attuale modo di non funzionamento, mettendosi invece al servizio dei cittadini, occorrono vere riforme. Queste possono essere fatte solo da professionisti estranei alla burocrazia stessa e, quindi, scevri da condizionamenti e privilegi.

In Sicilia, l’assunto di Renzi non è stato neanche pronunziato da Crocetta. Egli è irretito da dirigenti e dipendenti regionali. La sua azione (si fa per dire) in venti mesi è stata inconcludente. Crocetta non è riuscito a mettere in campo una sola riforma che frenasse l’inesorabile caduta del Pil, giunto a meno 14 punti dal 2008 ad oggi, come afferma la Corte dei Conti.
Il presidente della Regione non ha capito, o non vuol capire, che se non si libera dalla cappa della sua burocrazia, continuerà in questa strada che porta all’inferno dei siciliani, perché non dà loro alcuna soluzione, immediata o di medio periodo, per ritornare a crescere e a creare occupazione.
Non è con i pannicelli caldi dei sussidi e delle indennità che si può affrontare la gravissima crisi economica, occupazionale e sociale del nostro territorio.
Crocetta non ha altra scelta che chiamare esperti internazionali in organizzazione pubblica, ma anche in Sicilia ve ne sono disposti a lavorare gratis, con alta professionalità.
Oppure il fallimento definitivo della Sicilia è dietro l’angolo. Ma noi ci rifiutiamo di accettarlo.

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