Cinque miliardi per ricostruire la Sicilia - QdS

Cinque miliardi per ricostruire la Sicilia

Rosario Battiato

Cinque miliardi per ricostruire la Sicilia

venerdì 18 Luglio 2014

L’appello dell’Ance: spendere nell'Isola i 579 milioni della riprogrammazione dei fondi Pac per avviare le 115 opere bloccate. Autostrade, strade statali, linee ferroviarie, depuratori, reti fognarie: la lista, voce per voce

PALERMO – Non c’è soltanto la depurazione nel freezer delle opere congelate di Sicilia, ma anche altri interventi infrastrutturali che potrebbero rimettere in piedi l’economia e gli assetti viari della Regione. L’elenco puntuale, e sempre aggiornato, ce l’ha l’Ance Sicilia, l’associazione dei costruttori, che ha censito ben 115 progetti cantierabili e già finanziati da diverse fonti normative per 5,1 miliardi di euro. E lancia un appello: da queste parti, dove la crisi edilizia è stata veramente devastante, il governo dovrà agire per impiegare i 579 milioni della riprogrammazione dei Fondi Pac.
“Né per l’Expo come vuole il governo Renzi, né per la Cig in deroga, che è una spesa sociale e non produttiva, come vuole il governo regionale”. Si apre così la nota dell’Ance che reclama in Sicilia la spesa di quell’oltre mezzo miliardo che potrebbe servire per sbloccare i cantieri edilizi strangolati da burocrazie e ritardi. Sarebbe un bel viatico per il settore edilizio dell’Isola che è stato talmente ridimensionato dalla crisi da non fare più nemmeno notizia: 5mila imprese fallite e oltre 80mila lavoratori licenziati.
“La Sicilia potrebbe avere un maggiore tasso di attivazione di investimenti – si legge nella nota – se potesse contare su una migliore capacità progettuale degli enti locali e delle pubbliche amministrazioni in genere”. La riprova, secondo l’Ance, è data dalle segnalazioni inviate per il piano di edilizia scolastica del governo. Gli enti locali siciliani, a fronte di un miliardo totale di investimenti su base nazionale, si sono accontentati di appena 91 milioni di euro. In Lombardia gli interventi, ad esempio, ammontano a 160 milioni di euro. E sicuramente le scuole siciliane non possono reggere il confronto con quelle lombarde, dato il tasso di degrado e di pericolo strutturale.
Alle difficoltà amministrative degli enti locali si associa un secondo nodo: “Nell’Isola la pubblica amministrazione non riesce a utilizzare i fondi assegnati a causa di un sistema autorizzativo sbagliato che si traduce in una rete di veti incrociati, di mancate assunzioni di responsabilità, di troppi ritardi”. La soluzione, secondo l’Ance, è comunque provvisoria perché “se per salvare in extremis i 579 milioni di fondi Pac l’unica soluzione è quella di dirottarli su opere pronte ad andare in gara sia pure se già finanziate con altre misure”, appare indubitabile che “la futura programmazione dei fondi europei non può essere affrontata con lo stesso sistema che per la programmazione dei sette anni precedenti si è rivelato fallimentare, così come ha dichiarato l’attuale governo regionale”.
Secondo il Cresme, che ha calcolato la stima dell’impatto occupazionale sui lavori pubblici sulla base della Relazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), “l’incidenza della manodopera impiegata direttamente negli appalti di lavori pubblici – sulla base dei dati a disposizione dell’Autorità – è pari in media, in termini percentuali, al 29% dell’importo totale degli appalti ed è calcolata senza tener conto degli effetti occupazionali generati dagli appalti di lavori sull’indotto”. Per ogni miliardo di euro investito nelle opere pubbliche, 290 milioni di euro sarebbero destinati a compensare la forza lavoro diretta generata dall’investimento. In dettaglio sarebbero 7800 posti di lavoro diretti che poi arriverebbero fino a 15.600 con l’indotto.
Così se per ogni miliardo di euro in infrastrutture si generano fino a 16mila posti di lavoro stabili, la Sicilia potrebbe sviluppare, grazie ai 5 miliardi attualmente congelati, un’occupazione da 80mila posti di lavoro. “Il governo regionale e l’Ars abbiano il coraggio di decidere, di assumere iniziative, di firmare i provvedimenti normativi e amministrativi necessari a sbloccare tutti i progetti pronti ad andare in gara: ciò per impegnare tutte le risorse europee disponibili prima che vengano ‘scippate’ alla Sicilia”. Il passaggio successivo deve essere la riforma della pubblica amministrazione così da istituire “strutture e competenze per un’adeguata produzione progettuale; un coordinamento con pieni poteri per stimolare l’iniziativa delle amministrazioni a favore dello sviluppo dei loro territori; la revisione dei meccanismi della spesa pubblica, introducendo procedure autorizzative semplificate”.
Per una Sicilia nuova servono qualità e norme innovative e adeguate coi tempi. Dai comuni coinvolti nella spesa dei fondi della depurazione, Rfi che ha promesso un’innovazione del sistema ferroviario siciliano, il Cas e l’Anas che puntano sulla sistemazione delle autostrade siciliane, passano le speranze del futuro siciliano. Rispetto all’ultimo aggiornamento dell’elenco dell’Ance, avvenuto alla metà del 2013, si è mosso pochissimo. Da quell’elenco che conteneva 118 opere oggi ne possiamo scartare soltanto tre perché già appaltate: la Siracusa-Gela, l’interporto di Termini Imerese e il depuratore di Acicastello.

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