Doppio cognome, un freno sulla legge che equipara i generi - QdS

Doppio cognome, un freno sulla legge che equipara i generi

Antonia Cosentino

Doppio cognome, un freno sulla legge che equipara i generi

venerdì 18 Luglio 2014

La norma prevederebbe l’uso di entrambi in caso di mancato accordo tra i genitori. Il testo, passato all’esame della Commissione Giustizia, subisce lo stop alla Camera

PALERMO – Un passo avanti e uno indietro subito dopo. è di qualche giorno fa la notizia che il testo in materia di attribuzione del cognome ai figli, Pdl 360 e abbinate, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 7 gennaio 2014, sarebbe passato all’esame dell’Assemblea. La commissione Giustizia della Camera, concluso l’esame del testo unificato, lo ha approvato senza emendamenti ma solo con qualche correzione formale, per poi rinviare alla discussione in Aula la trattazione di alcune questioni.
Tra gli entusiasmi di alcuni e le polemiche di altri sembrava ormai una strada in discesa per la legge che, va specificato per correttezza, non abolisce il cognome paterno, bensì l’obbligo dell’attribuzione del solo cognome paterno, un automatismo che causa la scomparsa della figura della madre nella nominazione di figli e figlie. Arriva, invece, a sorpresa nel pomeriggio di mercoledì lo stop alla Camera, ad un passo dal voto finale dell’Aula, con grande furia e delusione da parte di molte deputate.
Il testo unitario presentato stabilisce che dopo la nascita si potrà scegliere se dare al figlio o alla figlia il cognome del padre, della madre, o entrambi.
 
La scelta fatta nel caso del primogenito o della primogenita, dovrà essere replicata in caso di altri figli della coppia. Il disegno di legge era stato presentato dal governo Letta lo scorso gennaio, a seguito del richiamo all’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. Un richiamo in cui si legge che l’attribuzione automatica del cognome del padre, con conseguente annullamento della genealogia materna, rappresenta una discriminazione basata sul sesso e una violazione dell’articolo 14 e dell’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Dal 2000 nel nostro Paese è già possibile cambiare cognome e scegliere quello materno, ma la procedura è molto macchinosa e concessa in rari casi, determinati da "motivazioni rilevanti".
La nuova legge imporrà, o meglio imporrebbe visto lo stop alla Camera e il rinvio a dopo la pausa estiva, in caso di mancato accordo tra i genitori sulla scelta del cognome da attribuire, l’acquisizione di entrambi in ordine alfabetico. Quando il figlio o la figlia si trovino poi a loro volta a dover trasmettere il cognome potranno scegliere quale dei due cognomi dare. Lo stesso vale per i figli nati fuori dal matrimonio, qualora siano riconosciuti da entrambi i genitori. In caso, invece, di riconoscimento tardivo da parte di un genitore, il cognome potrà essere aggiunto con il consenso dell’altro genitore e del minore, purchè almeno quattordicenne.
Un passo avanti nel riconoscimento della genitorialità come realmente condivisa, e non pertinenza esclusivamente femminile nell’ambito privato del lavoro di cura e maschile nella sfera pubblica. Certo, non l’unico necessario: il dibattito femminista è molto acceso a tal proposito sui temi del congedo di paternità obbligatorio, per esempio.
La questione è molto sentita da tempo: sono stati diversi i gruppi e le campagne di sensibilizzazione negli ultimi anni, quella di Equality Italia, per esempio, o quella di Cognomematerno.it promossa da Iole Natoli già dal 1979.
Si tratta di una scelta tecnica e limitata, ma pur sempre importante simbolicamente nel lungo percorso di cambiamento culturale quanto mai urgente nel nostro Paese.
Un cambiamento di cui l’inaspettato stop allunga i tempi, dato che dopo il voto alla Camera e al Senato le nuove norme non saranno immediatamente operative. La loro applicazione dovrà attendere l’entrata in vigore del regolamento che deve adeguare l’ordinamento dello stato civile, per il quale il Ministero dell’Interno ha un anno di tempo.
 

 
Libera scelta a 18 anni. Per i figli maggiorenni basterebbe una semplice dichiarazione autenticata
 
Tra i punti più dibattuti del disegno di legge è il nodo dell’attribuzione del cognome del figlio maggiorenne. L’articolo 4 del testo presentato stabilisce che il figlio o la figlia maggiorenne, al quale sia stato attribuito solo il cognome paterno o materno sulla base della normativa vigente, possa aggiungere il secondo cognome con una semplice dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all’ufficiale dello stato civile. La specifica non comprende i casi di nascita fuori dal matrimonio, in cui il figlio o la figlia non siano stati riconosciuti da un genitore, ovvero in cui non sia stata dichiarata giuridicamente paternità e maternità. Tra le critiche sollevate dal dibattito degli ultimi giorni il limite di poter solo aggiungere, senza poter modificare la sequenza dei cognomi, nè eliminarne uno, come invece la legge prevede possano fare i genitori al momento dell’attribuzione.

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