L’inarrestabile debito per spese clientelari - QdS

L’inarrestabile debito per spese clientelari

Carlo Alberto Tregua

L’inarrestabile debito per spese clientelari

sabato 26 Luglio 2014

25 mld in più di spesa pubblica

Bankitalia ha comunicato che al mese di maggio 2014 il debito pubblico è di 2.166,3 miliardi con un aumento di ben 92 miliardi in dodici mesi.
Unimpresa, analizzando i dati di Bankitalia sul fabbisogno dello Stato per i primi cinque mesi dell’anno, ha rilevato che la spesa pubblica è aumentata di 25 miliardi in un anno (206,7 mld contro 181,9 mld dello stesso periodo dell’anno precedente), mentre le entrate sono rimaste uguali.
Se pensiamo al Fiscal compact, secondo il quale dovremmo ridurre il debito pubblico al parametro del 60 per cento sul Pil, a cominciare dal 2015, ci si accappona la pelle. Infatti, metaforicamente pensiamo a una vasca da bagno senza il tappo di chiusura, per cui l’acqua che arriva (entrate) non riempirà mai la vasca perché perde attraverso lo scarico (uscite).
Nei governi di centro-sinistra e di centro-destra degli ultimi vent’anni, nè Monti nè Letta sono riusciti a imbrigliare la spesa pubblica, che ha avuto una deriva senza freni e si è scaricata anche sul governo Renzi.

Tutto questo è accaduto anche per colpa di Regioni e Comuni che, anziché avere la funzione di istituzioni volte a promuovere lo sviluppo sociale ed economico dei loro territori, sono diventati dissennati centri di spesa.
La corruzione dei Consigli regionali, i comportamenti di Giunte e presidenti di Regione, l’irresponsabilità della moltitudine dei sindaci e dei Consigli comunali hanno fatto moltiplicare le uscite, mentre la tremenda crisi ha fatto contrarre le entrate.
Tutti i responsabili dei tre livelli di istituzioni (Stato, Regione e Comuni) non hanno avuto la capacità di capire lo stato dei fatti ed hanno continuato a spendere e spandere come se nulla fosse successo.
Piero Fassino, presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni) lamenta il taglio dei trasferimenti che mette sul bilico del dissesto migliaia di Comuni italiani. Ma un personaggio della sua statura avrebbe dovuto puntare il dito sul comportamento dei suoi associati che hanno continuato a scialacquare risorse pubbliche, trascurando di mettere i conti in ordine e di destinare la maggior parte delle spese ad investimenti, tagliando quelle correnti.

 
Vi sono bravissimi sindaci che hanno fatto rifiorire le loro amministrazioni, curando la propria città e spendendo tutte le risorse per migliorare l’ambiente e i servizi. Come hanno fatto? La risposta è semplice. Hanno mantenuto all’osso l’apparato, hanno nominato dirigenti capaci e onesti, hanno fatto capire a tutto il personale che corruzione e inefficienza sarebbero state colpite senza riguardo.
Quei sindaci, invece, che non si sono comportati in tal modo hanno peggiorato le loro amministrazioni e la qualità della vita dei loro cittadini. Hanno commesso atti politicamente scorretti: non hanno provveduto a riscuotere i tributi perché non è popolare chiedere il pagamento delle bollette. Hanno chiuso gli occhi sull’abusivismo edilizio per la stessa ragione, hanno continuato a nominare consulenti inutili, hanno acquistato beni e servizi a prezzi nettamente superiori a quelli di mercato e con la differenza hanno alimentato direttamente o indirettamente il mercato delle vacche, alias la corruzione.

Il commissario per la revisione della spesa, Carlo Cottarelli, ha pronto il documento sui fabbisogni standard dei Comuni. Significa che ogni Ente, in relazione al numero di abitanti, non può spendere di più per ogni servizio commisurato al fabbisogno. Dal che ne derivano i costi standard.
Ma tutto ciò non puo essere messo in atto se non vengono determinate le procedure standard. Il tutto nel segno dell’efficienza, della razionalizzazione della spesa e della gestione della finanza pubblica secondo criteri oggettivi di economicità e trasparenza.
La Sicilia è la regione più povera d’Italia, dice l’Istat. Alla Regione  non sanno cosa sia la revisione della spesa, sconoscono organizzazione ed efficienza, tanto i 17.538 dipendenti della Regione (dato Corte dei Conti Sicilia) continuano a percepire regolarmente i loro lauti stipendi, ben più alti di quelli dei dipendenti di altre Regioni e dello Stato.
Crocetta e i 172 parlamentari eletti in Sicilia abbiano un sussulto di moralità. Taglino la spesa dannosa e attivino programmi di sviluppo.

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