Cercare le radici, sradicare la mafia. A Librino un orto contro il degrado - QdS

Cercare le radici, sradicare la mafia. A Librino un orto contro il degrado

Roberto Quartarone

Cercare le radici, sradicare la mafia. A Librino un orto contro il degrado

venerdì 08 Agosto 2014

L’iniziativa dell’Arci di Catania serve a stimolare la cittadinanza attiva e l’antimafia sociale. Oltre 30 volontari di varie nazionalità a lavoro nel campo di San Teodoro

CATANIA – “Lavorando nell’orto, abbiamo scoperto l’inestirpabile pianta di Librino. Così come per sradicarla dobbiamo scavare e cercarne le radici insieme, in gruppo stiamo scoprendo le risposte su mafia e antimafia”. L’intervento di Giulia riassume l’esperienza che 34 ragazzi italiani e spagnoli stanno vivendo dal 1º agosto al campo antimafia dell’Arci, organizzato nelle strutture dell’impianto sportivo di San Teodoro, a Librino.
Di mattina è un vero campo di lavoro volontario: si coltivano gli orti sociali e si sistema l’adiacente terreno da rugby, “liberato” dal comitato locale, per ripristinare la recinzione e sistemare i locali. Di pomeriggio si studia per approfondire i temi legati a mafia e antimafia, anche attraverso un laboratorio di teatro dell’oppresso.
“L’esperienza dei campi antimafia – spiega Rodolfo Ungheri, tra gli organizzatori del progetto inserito nel circuito europeo di Youth in action – nasce dalla legge Pio La Torre, sull’utilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie. È un mezzo per aiutare le cooperative che gestiscono questi terreni e quindi dare sostegno sia fattivo, sia di vicinanza. Il campo di Catania è nato tre anni fa come laboratorio sulla cittadinanza attiva e antimafia sociale, l’anno scorso si è trasferito qui al San Teodoro”.
Non è solo lavoro sotto il sole (non facile in piena estate), ma anche esperienze di web radio, di vita sociale (il gruppo condivide l’intera giornata e dorme nella palestra dell’Istituto Pestalozzi), con interventi di esperti del comitato San Teodoro e della Cgil Spi, che collaborano nell’organizzazione. E sono quattro le lingue usate: italiano, inglese, spagnolo e catalano.
“Tecnicamente – prosegue Ungheri –, il San Teodoro non è confiscato alla mafia, ma abbiamo pensato di fare il campo qui perché si tratta di un luogo abbandonato in un quartiere abbandonato. È un esempio di mala gestione, che non è direttamente mafia, ma ne è vicina. Lo consideriamo un bene confiscato dal basso, un pezzo di città ripreso dai cittadini e tolto alla mafia”.
Il campo serve anche a cambiare alcuni stereotipi. “C’è chi venendo da fuori Sicilia – conclude Ungheri –, aveva l’idea di una mafia onnipotente. Invece, partecipando a queste iniziative, si vede che ci sono cittadini che fanno qualcosa, non parlano semplicemente”.
Dopo gli incontri pubblici di martedì 5 e giovedì 7, si terrà una festa conclusiva aperta a tutti domenica 10 agosto, proprio al campo San Teodoro.

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