Rifiuti, indagine dell’Antitrust sembra diretta proprio nell’Isola - QdS

Rifiuti, indagine dell’Antitrust sembra diretta proprio nell’Isola

Rosario Battiato

Rifiuti, indagine dell’Antitrust sembra diretta proprio nell’Isola

giovedì 21 Agosto 2014

La denuncia dell’Autorità: criticità sono emerse data l’esistenza di monopoli naturali e legali. Sicilia in difficoltà per bassi tassi di differenziata e situazione economica degenerata

ROMA – Anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato indagherà sul settore dei rifiuti. L’Antitrust lo ha certificato nel bollettino dello scorso 18 agosto, rilevando tutte le gravi imperfezioni del sistema che sono state già analizzate, per altre ragioni, anche dalla Corte dei Conti e dalla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Non è un caso che la maggior parte delle criticità riscontrate e che hanno di fatto convinto l’Autorità a intervenire con un’indagine specifica siano particolarmente presenti proprio in Sicilia.
Il servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani si articola in una filiera ramificata e complessa con diverse porzioni oscuri soprattutto nelle regioni italiane ad alta densità criminosa. Ci sono le realtà dell’eccellenza, dove i valori di differenziata e valorizzazione energetica del rifiuto si incasellano perfettamente nel quadro delle migliori tendenze europee, e i sistemi che risultano insostenibili a livello economico e gestionale.
 
La Sicilia ne è un esempio sin troppo evidente.
“Ancorché i rsu (rifiuti solidi urbani, ndr) rappresentino solo una parte minoritaria della produzione totale di rifiuti nel territorio italiano, – si legge nel testo della delibera dell’Autorità – questi sono la componente che presenta maggiori difficoltà gestionali, come dimostrano i bassi tassi di raccolta differenziata che si registrano in Italia, e concorrenziali, in larga misura derivanti dall’esistenza di monopoli naturali (e legali)”. Una contraddizione rispetto a quanto si prevede per il servizio di gestione che è “un servizio pubblico locale a rilevanza economica affidato in esclusiva, tramite concessione, ad un gestore da parte degli Enti locali responsabili della gestione del servizio” ma che salvaguarda le cosiddette dinamiche concorrenziali “secondo la forma della cosiddetta ‘concorrenza per il mercato’, ossia la concorrenza per ottenere il suddetto diritto di privativa”. In linea teorica questo sistema permette di “di ottenere risultati comparabili a quelli della concorrenza nel mercato in termini di efficienza produttiva e allocativa, assicurando che le rendite non necessarie ad incentivare l’efficienza del monopolista siano trasferite ai consumatori”.
Sin qui la teoria. La pratica è ben diversa. “L’analisi preliminare degli assetti istituzionali e di mercato nel settore – si legge – sembra suggerire la presenza di diverse criticità concorrenziali”. In molti casi si è assiste al ricorso “all’affidamento diretto anche in assenza dei requisiti in-house e una durata degli affidamenti nella maggior parte dei casi superiore a quella che sembra necessaria per recuperare gli investimenti, tali da scoraggiare lo sviluppo della concorrenza tra operatori e favorire il consolidamento delle posizioni di mercato dei gestori incumbent (azienda dominante del mercato, ndr)”.
 
Difficoltà che si ripercuotono anche nelle pratiche di gestione del rifiuto perché l’Autorità ha rilevato”un eccessivo ricorso da parte degli Enti locali all’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, con conseguente sottrazione dal gioco concorrenziale di tipologie di rifiuti speciali, le cui attività di raccolta e smaltimento dovrebbero essere lasciate agli operatori privati sulla base di rapporti contrattuali con i produttori di questi, e l’attribuzione ai gestori incumbent di vantaggi concorrenziali ingiustificati”. Un male che abbraccia tutto il percorso di gestione e che soffoca la nascita di un sistema concorrenziale anche negli altri aspetti della filiera e che si riflettono nei bandi di gara per l’assegnazione del servizio e nelle normative frammentarie.

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